Testi e drammaturgia - Carlo Lucarelli, Elena ZaccheriniCoro in scena  - Coro FarthanMusicisti in scena: Anna Palumbo  - fisarmonica; Antonio Stragapede  - chitarra e mandolino; Marco Zanotti - percussioniVoci recitanti - Silvia Barbon, Tullia Benati, Paolo Bertani, Sandra Cavallini, Fabio Michelini, Elena Rossi Allestimento scenico, luci, regia voci recitanti – Sandra CavalliniMusiche di scena e di ricerca, arrangiamenti e direzione  - Elide Melchioni

Carlo Lucarelli – giornalista, regista e scrittore - sale sul palco in favore della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato, della quale non è solo un appassionato sostenitore, ma soprattutto prezioso e convinto Presidente.

Lo spettacolo è scritto a due mani con Elena Zaccherini, esperta di diritti umani e politiche di genere, Direttrice della Fondazione da gennaio ‘22. Assieme hanno tradotto in testo teatrale i valori dell’impegno della Fondazione, creando uno spettacolo che procede per cerchi concentrici.

Partendo dai drammi vissuti da alcune delle vittime aiutate dalla Fondazione - purtroppo donne e bambini nella grande maggioranza dei casi - il racconto di Carlo Lucarelli accompagna lo spettatore nella comprensione di come la rinascita del singolo individuo passi anche attraverso l’impegno di una comunità che lo affianca nel momento più urgente e tragico della vita.

Il dolore vissuto, così come l’energia e la forza delle vittime nel ricostruire le proprie vite, saranno tradotte ed espresse con parole e musica dal Coro Farthan diretto da Elide Melchioni. Disposto sul palco con la funzione di vero e proprio coro greco, il Coro metterà in scena ed accompagnerà il racconto di Carlo Lucarelli, fungendo da risonanza emotiva, contrappunto ed eco.

Il Coro Farthan è stato insignito “Coro Ambasciatore di Pace” dal Comune di Marzabotto ed ha vinto numerosi Concorsi Corali a livello nazionale; le donne e gli uomini che lo compongono sono espressione della forza, delle radici e dell’energia che animano questa terra.

La serata permetterà al pubblico di comprendere la necessità di schierarsi sempre dalla parte delle vittime ‘senza mezze misure’, e l'importanza di aderire in modo concreto alla Fondazione emiliano-romagnola vittime dei reati, un organismo – unico in Italia - voluto dalla Regione Emilia-Romagna e sostenuto dai suoi comuni

CANTI

Prologo: Chant pour la Paix (Tony Gatlif, elab. corale E. Melchioni)

Il brano è tratto dall'opera del grande poeta sufi persiano Djalâl ud Dîn Rûmî ed affronta temi cari a questo mistico: l'invito ad abbandonarsi all'Amore assoluto, a condividere questa emozione con gli amici, a inebriarsi del vino della conoscenza. L'originalità di questa versione, ideata da Tony Gatlif per il suo fi lm Swing , sta nell'intreccio di più linguaggi e più stili musicali per trasmettere un messaggio di pace, gioia e amicizia. Il testo è principalmente in arabo, ma ma attraversa anche lo yiddish (la lingua della diaspora ebraica dell'Europa orientale e settentrionale) ed il romanì (la lingua degli zingari).

TRAD: Cari amici, sono ebbro di una tazza eterna piena di amore che non mi abbandonerà mai. Riempi ogni tazza che si svuota, in modo che la forza della fratellanza e dell’unione ci riempia, perché il cuore di chi non è mai stato soggiogato all’amore universale non conoscerà mai i segreti dell'aldilà.

Perché siamo qui? Perché sono qui? Lamento per la morte di Pasolini (testo e musica G. Marini; elab. corale E. Melchioni)

Persi le forze mie, persi l’ingegno, che la morte mi è venuta a visitare, e leva le gambe tue da questo regno, persi le forze mie persi l’ingegno.

Le undici, le volte che l’ho visto gli vidi in faccia la mia gioventù, oh Cristo me l’hai fatto un bel disgusto, le undici le volte che l’ho visto...

Giovanna Marini costruisce il suo Lamento per la morte di Pasolini sul modello della Passione di Cristo, scandendo le strofe ora per ora come a simboleggiare un’ideale “via crucis”. Nello scrivere questo testo la Marini prende ispirazione da un canto liturgico della tradizione orale abruzzese: L’orazione di San Donato, che racconta il martirio del santo ora per ora. La narrazione del martire cristiano, nello sviluppo musicale della cantautrice romana, diventa un canto laico in omaggio ad un intellettuale, un martire del nostro tempo.

Al suo Lamento laico per l’amico poeta tragicamente ucciso, Giovanna Marini unì l’apporto della musica popolare che si coglie soprattutto nell’armonia: utilizza lo “svolo”, un modulo della tradizione funebre dell’area salentina, che trova la sua massima espressione nella vertiginosa chiusa “non può non può, può più parlare”.

Reati gravi e gravissimi: Si lui la vole (trad. Puglia, elab. corale E. Melchioni)

Ballata strofi ca salentina che narra il femminicidio di una donna da parte del marito. La melodia è in totale contrasto emotivo, ovvero ridanciana e carnascialesca. L’uomo, nella strofa fi nale dichiara paradossalmente che si sente

da lei “amante e amato” e la idealizza rimpiangendola (come fa Otello con Desdemona): nel mondo arcaico - e purtroppo ancora oggi - si tenta di normalizzare il femminicidio come “delitto passionale” e quindi in qualche maniera di giustificarlo.

Violenza di genere e femminicidio-essere attoniti dal dolore:Pianto della Vergine o Passione di Diamante (trad Calabria, elab. corale E. Melchioni)

Il Lamento della Vergine o Passione cantato a Diamante (CS) è un brano dalla struttura musicale tardomedievale rimasto in uso nella tradizione orale del Venerdì Santo dalle famiglie dei pescatori del piccolo paese sulla costa Tirrenica cosentina. I cantori, raccolti in circolo fra loro, la intonano nelle vie del paese lungo il percorso della processione: la voce portante dà l’attacco ed a lei si uniscono e si armonizzano spontaneamente altre voci in un canto di grande impatto emotivo. La Passione di Diamante rappresenta la sofferenza struggente della Madonna Addolorata e delle pie donne che piangono il fi glio ucciso, e - di conseguenza - tocca l’archetipo dell’immenso dolore di chi perde per mano violenta una persona cara.

I fi gli, le fi glie: Fa la nana (trad. Monghidoro - appennino emiliano, elab. corale G. Vacchi)

Si tratta di una ninna nanna popolare ritrovata nel 1979 dal ricercatore, etnomusicologo e direttore di coro Giorgio Vacchi (1932-2008) che la ascoltò e registrò per la prima volta dalla voce di Maria Grillini, classe 1925.

Il testo, di cui si conoscono versioni simili in raccolte piemontesi ottocentesche, ci racconta tra le righe di una protesta femminile contro la società rurale maschilista che relegava la donna in ruoli precisi, subordinati, senza alcuna possibilità di promozione e riscatto. Nel cantare ad un infante che non capisce era offerta alla donna un'occasione di sfogo non altrimenti possibile all'interno della società contadina tradizionale. Ciò spiega perché spesso le ninne nanne tradizionali non abbiano testi lieti e sereni, e musicalmente si connotino come veri e propri lamenti, anche disperati.

È in questa ottica che si colloca questa ninna nanna di Monghidoro, che pare addirittura concentri in sé tutto quanto si è detto al riguardo e lo sprigioni di strofa in strofa in una crescente tensione che sfocia nell’implorazione fi nale ‹Figlia mia, non ti maritare›.

La forza delle vittime - decidere il cambiamento:Fimmene fi mmene (trad. Salento)

In questo brano della tradizione contadina del Salento si racconta la dura condizione lavorativa contadina femminile nelle coltivazioni di tabacco, ulivo, vite, dove lo sfruttamento stagionale del caporalato le faceva tornare a casa stremate, con una paga da fame e non di rado incinte. Inevitabile l’invocazione rituale a San Paolo, protettore delle Tarantate, e per estensione, delle donne soggette a stati di coscienza alterati.

Le richieste alla Fondazione: Cu ti lu dissi (trad. Sicilia, elab. corale E. Melchioni)

Canto d'amore e passione disperata, divenuto noto nella versione della straordinaria Rosa Balistreri (1925 - 1990) che nei suoi canti tratta il tema degli ultimi e dello sfruttamento delle classi sociali. Fuggita dalla Sicilia a Firenze, dopo aver conosciuto povertà, violenze e costrizioni familiari, abusi, gravidanze subite e addirittura il carcere, incontra fortuitamente il poeta Ignazio Buttitta ed altri intellettuali che sono rapiti dalla statura morale di questa donna e le insegnano a leggere e a scrivere. Le insegnano pure racconti popolari della sua terra d’origine e antichi canti siciliani: tutto ha un sapore unico e travolgente, cantato da lei.

Resilienza e rinascita: Kalinifta (trad. Salento elab. corale E. Melchioni)

Serenata d’amore in Griko antico scritta da Vito Domenico Palumbo (1856-1918). Questo canto è ormai ritenuto patrimonio della tradizione orale. … Com'è dolce questa notte, com'è bella, e io non dormo pensando a te e qui dietro alla tua fi nestra, amore mio, del mio cuore ti apro le pene.

Buonanotte! Ti lascio e fuggo via, dormi tu che io sono partito triste ma ovunque io andrò, vagherò, starò, nel cuore sempre te io porterò…

Epilogo: Schoscholoza (trad. Sudafrica, elab. corale E. Melchioni)

Canzone in origine dei lavoratori nelle miniere di oro e diamanti tra Zimbawe e Sudafrica. Nelson Mandela, ispirandosi al testo che dice “andiamo avanti tutti assieme, facciamo spazio al compagno” l’ha fatta diventare un inno a sostegno della solidarietà tra i popoli.

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