Alberto Pellai
Allenare la vita. Sostenere la crescita e i compiti evolutivi in un tempo di straordinaria fragilità
Lo smartphone non è uno strumento, è un ambiente.
Alberto Pellai ha voluto chiarire che prima di focalizzarsi sulla psicoterapia dell’età evolutiva è stato un medico specializzato in sanità pubblica e prevenzione, ed è con questo punto di vista che affronta il tema. Noi siamo i protagonisti del nostro benessere, la salute nasce dall’equilibrio tra corpo, mente e socialità. Il digitale ha avuto un impatto su queste tre dimensioni che già normalmente non sono equidistanti.
La cosiddetta generazione Z è stata cavia di un laboratorio sperimentale: i dispositivi sono entrati nella nostra vita senza che prima facessimo una riflessione. Abbiamo rinunciato per esempio alla rubrica telefonica e alla necessità di ricordare i numeri di telefono, senza preoccuparci degli effetti per la memoria, che va allenata. Siamo entrati nella trasformazione digitale con i vantaggi in mano, gli svantaggi li abbiamo riscontrati dopo parecchio tempo, visto che i primi dati epidemiologici sono arrivati solo nel 2020-2021. E questi dati hanno evidenziato come il nostro mondo è cambiato più o meno nel 2012, quando abbiamo cominciato a connetterci da qualunque posizione. Prima la vita digitale era chiusa in una stanza, quella del computer. Con l’avvento dello smartphone la vita normale si è ibridata con quella digitale, portando alla cosiddetta l’on life e alle evidenti conseguenze: l’iperconnessione e l’ansia che ne scaturisce.
Lo smartphone non è uno strumento, ma un ambiente. Di uno strumento si può pensare di fare buon uso: per le forbici, per esempio, ci può essere un’educazione positiva all’uso corretto, perché sono uno strumento. Ma nessun bambino si porta le forbici sotto il cuscino e si sveglia con la voglia di tagliare la carta. Lo smartphone, al contrario, non è uno strumento ma un ambiente di vita che simula un parco giochi, con stimoli continui che attirano la nostra attenzione.
L’adolescenza, ha spiegato Pellai, è quella fase in cui nasce il pensiero su di sé, che porta all’identità, e sul mondo, che porta a leggere la vita. Si passa dall’obbedienza all’autonomia, dal pensiero pensato al pensiero pensante.
Per questo, tra i 10 e i 14 anni, che sono la fase più critica, bisogna proteggere maggiormente i ragazzi da un sistema che produce dipendenza, perché lo smartphone è uno stimolo all’ingaggio dopaminergico, cioè il nostro cervello non riesce a staccarsi da quell’aggancio che provoca dopamina, cioè ci offre ricompense piacevoli continue.
Le soluzioni a cui arriva lo psicoterapeuta sono evidenti: non bisogna dotare di uno smartphone i ragazzi prima dei 14 anni, non fare accedere ai social prima dei 16, rendere le scuole davvero smartphone free. In altre parole, sequestrare i dispositivi all’ingresso.
Biografia
Medico, Psicoterapeuta, Specialista Medicina Preventiva, PhD in Sanità Pubblica. È ricercatore all'Univ. degli Studi di Milano, dip. di Scienze Biomediche. Nel 2004 il Ministero della Salute gli ha conferito la Medaglia d'argento al merito in Sanità Pubblica.
Ha pubblicato molti libri per docenti e genitori, molti dei quali diventati best seller e tradotti in più di quindici nazioni.
Collabora stabilmente come divulgatore scientifico con molte testate nazionali. È uno dei consulenti fissi della trasmissione Geo di Rai 3 e Formato Famiglia di Rai Radio 1.
Sui social ogni giorno viene letto da più di 260.000 persone.