La start-up che reinventa il modo in cui i robot prendono gli oggetti (anche nello spazio)

Dall’Emilia-Romagna, che hanno scelto per fare impresa, fino alla Silicon Valley, grazie al sostegno della Regione e di Art-ER: la storia di Adaptronics

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ultima modifica 2023-03-09T14:08:18+02:00
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Si chiamerebbero startupper, ma sono di fatto visionari. Semplicemente, visionari di ciò che esiste.
Del resto, come diceva un emiliano-romagnolo molto famoso, "l'unico vero realista è il visionario".

Loro poi non si limitano a immaginare il futuro. Lo costruiscono.

E "nERd - Curiosi di professione" è la rubrica della Regione che vuole raccontare le loro storie.

Avete presente quando strofinando un palloncino sui capelli rimane attaccato?

C’è ancora chi si chiede, quando si parla di robotica, se si intendono i giganti di acciaio che vediamo nei film di fantascienza o nei cartoni animati. Qualcuno magari si domanda se e come questi robot, più che salvare il mondo, potranno svolgere al meglio compiti e lavori che ancora sembrano toccare agli esseri umani.

E poi c’è chi invece ha già pensato a come “reinventare il modo in cui i robot prendono gli oggetti”. E alla base di questa tecnologia che potrebbe rivoluzionare la logistica c’è un gioco che tutti abbiamo provato almeno una volta da bambini.

“Avete presente quando strofinando un palloncino sui capelli, questo rimane attaccato?”: ecco come, in una intervista ad Art-ER, Lorenzo Agostini spiega l’elettroadesione, il principio fisico su cui poggia Adaptronics, la start-up di cui è cofondatore insieme a Camilla Conti, Rocco Vertechy e Gavino Boringhieri. Una start-up nata in Emilia-Romagna che ora punta agli Stati Uniti e poi allo spazio.

Come un polpastrello sulle mani dei robot

Ma come si passa dai palloncini ai robot? Adaptronics ha creato “un film sottile che quando è attivato elettricamente si ‘appiccica’ agli oggetti”, cerca di semplificare Agostini, laurea triennale e specialistica in ingegneria meccanica e un dottorato di ricerca in Emerging Digital Technologies. “La nostra tecnologia si può applicare come un polpastrello sulle mani dei robot in modo tale da semplificare la presa e lo spostamento di un oggetto”.

La loro invenzione è in grado di sollevare fino a 50 chilogrammi con due patch piccole come carte di credito e una forza di presa totale che può essere scalata semplicemente aumentando la superficie totale, e può essere utilizzata nella movimentazione in processi di logistica industriale, nei magazzini di smistamento merci e anche nelle consegne dell’ultimo miglio. “Impieghiamo una forza elettrostatica che riesce ad agevolare le operazioni di presa di oggetti di qualunque forma, dimensione e materiale, senza schiacciarli per evitare danneggiamenti, e con un occhio rivolto alla sostenibilità dal momento che sfruttiamo un principio elettrostatico altamente efficiente energeticamente- specifica Agostini-. Tale principio, inoltre, funziona anche nello spazio e questo ci dà un vantaggio in termini di competitività in questo settore”.

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Sistema, strategia, progetto, rete

Quella di Adaptronics, di Agostini, di Conti (nel suo curriculum accademico una laurea triennale e specialistica in ingegneria energetica al Politecnico di Milano, a cui ha fatto seguire un dottorato di ricerca interdisciplinare in  ingegneria aerospaziale ed energetica) e del loro team non è una storia di impresa all’americana, fatta di “Eureka!” camminando per strada (anche se questa parte effettivamente non manca del tutto, dal momento che ad ispirarli c’è stata anche la grande quantità di imballaggi delle spedizioni che ogni giorno arrivavano nelle nostre case durante la pandemia), garage, passaparola, studi abbandonati e magnati incontrati nella maniera più improbabile.

Quella di Adaptronics è una storia di sistema, di strategia, di progetto, di rete. Perché Adaptronics non è nata per caso in Emilia-Romagna: Agostini e Conti la nostra regione l’hanno scelta, consapevoli delle opportunità che offre.

“Camilla ed io siamo amici dai tempi dell’università al Politecnico di Milano- racconta Agostini-. Da sempre ci siamo sempre ispirati a tirare fuori tante idee, e nel periodo del lockdown ci siamo messi a fare brainstorming per fare qualcosa di concreto. Abbiamo saputo che era aperto il bando della Start Cup Emilia-Romagna e abbiamo deciso di candidarci perfezionando il progetto di un dispositivo di presa degli oggettie di sensoristica del packaging”.

Validare l’idea di impresa

Ormai si può dire con cognizione di causa che nell’ecosistema dell’innovazione dell’Emilia-Romagna i fondatori di Adaptronics (una crasi per “Adaptive Mechatronics”) hanno trovato – meritatamente – quello che cercavano.

E non solo perchè Adaptronics si è classificata prima all’Emilia-Romagna Start Cup 2021, aprendosi anche le porte per il Premio Nazionale per l’Innovazione dove ha poi trionfato nella categoria di riferimento Industrial.

L’esperienza nella nostra gara di business ha infatti permesso ad Agostini e Conti di “validare l’idea di impresa”. In gergo si dice pivotare, un termine preso in prestito dal basket per indicare un cambio di strategia in corsa per una startup, che sia per posizionarsi meglio sul mercato o per rendersi più interessanti agli acquirenti.

Non abbiamo cambiato la nostra mission- assicurano- ma abbiamo deciso di ‘congelare’ la parte di sensoristica per il packaging per non disperdere le energie, puntando il focus sugli strumenti di presa quando abbiamo scoperto che i mercati di riferimento erano completamente diversi. Una volta chiarito questo, ci siamo costituiti a maggio 2022 come azienda e ci siamo accreditati come spin off dell’Università di Bologna.

Ed è in questo percorso che il nucleo dei fondatori di Adaptronics si allarga: ad Agostini e Conti si sono aggiunti anche Rocco Vertechy, professore di Meccanica delle macchine al Dipartimento di Ingegneria dell’Alma Mater ed esperto di primo livello della tecnologia, e Gavino Boringhieri, manager di lungo corso e angel investor che ha conosciuto il progetto durante l’Emilia-Romagna Start Cup, dove faceva da mentor, e ha poi deciso di diventarne socio.

E sempre nel sistema dell’innovazione, della tecnologia e della ricerca dell’Emilia-Romagna Adaptronics ha trovato un’altra importante collaborazione: il laboratorio dell’Università di Bologna SAIMA (che sta per Sensori e Attuatori Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato), diretto dal professor Vertechy. Lì Adaptronics può contare su un team operativo di cinque dottorandi, di cui uno pagato direttamente dalla start-up grazie ai fondi del PNRR.

Bologna, Stati Uniti, Spazio

Nel suo percorso di crescita Adaptronics incontra ancora un’altra volta la Regione Emilia-Romagna grazie alla vittoria del Premio Pedriali e anche perché, sottolinea Agostini, “essendo rimasti in contatto con Art-ER siamo sempre aggiornati sulle opportunità”. Quando esce il bando per il Mindset Program, l’iniziativa di viale Aldo Moro e Art-ER che porta le start-up dell’Emilia-Romagna in Silicon Valley, cioè l’Eldorado della tecnologia e dell’innovazione, Agostini e Conti non ci pensano un attimo: partecipano, vincono e partono.

Il Mindset Program fa il suo dovere, e per Adaptronics, pur non essendo la prima esperienza negli States, si apre un nuovo mondo: “Il mindset che abbiamo appreso in Silicon Valley ci permette di essere più veloci nel processo di validazione e di accelerazione: noi abbiamo un valore  da immettere sul mercato, non vediamo l’ora di poterlo fare”, raccontava Agostini a inizio anno. E l’ora sembra molto vicina: “Stiamo lavorando per raccogliere il nostro primo round di investimento che ci servirà per avere una squadra operativa al 100% con personale assunto per potere far fronte a tutte le richieste che riceviamo dalle aziende per prototipi e proof of concept”.

Luogo di partenza Bologna, ma il navigatore è impostato sugli Stati Uniti: “Per noi quello è un mercato importantissimo- chiarisce Agostini- dal momento che siamo impegnati anche nel settore aerospaziale che attualmente ha enormi potenzialità di crescita e un grande interesse da parte degli investitori

Roccia

A cura di

A cura di: Jacopo Frenquellucci

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