Trascrizione

[Carlo Lucarelli]

Un giorno qualcuno bussa alla porta della signora Raffaella, che abita col marito, in una vecchia grande casa, un casolare imponente vicino a Ferrara. È una bella mattina di luglio, il marito va ad aprire e si trova di fronte un uomo. Lo conosce? Si conoscono bene perché sono in causa. La famiglia dell'uomo possiede la casa in cui vivono la signora Raffaella e il marito. Loro ci stanno in affitto, gli altri la rivorrebbero indietro perché gli serve. Loro non vogliono andarsene, così litigi, avvocati, tribunali. In tasca ha una pistola e infatti appena arrivano nel giardino sul retro, l'uomo tira fuori la pistola, spara due colpi al marito della signora Raffaella e lo uccide. La signora sente gli spari, vede il marito a terra, si china per aiutarlo e l'uomo spara un colpo anche lei nella schiena. La vittima, il marito, il detective, i Carabinieri, l'assassino, l'uomo che ha sparato, caso chiuso, giustizia è fatta. E con questo finiscono anche gran parte dei servizi della stampa e l'attenzione del pubblico.

Per la signora Raffaella, però, non è finito niente, anzi, comincia tutto da quel proiettile che le è entrato nella schiena, le ha attraversato il corpo rimbalzando a zig zag tra le ossa. E ha perforato il fegato e ha rotto una costola. Si è piantato nel polmone destro provocando il collasso ed è uscito dal seno. La signora Raffaella è rimasta quattro giorni tra la vita e la morte, attaccata a un apparecchio. E alla fine, per fortuna, ce l'ha fatta. Ma non è finita. A parte tutte le operazioni che ha dovuto subire, i giorni di ospedale, le condizioni fisiche che non sono più le stesse di una vita, che neanche lei è più la stessa, c'è suo marito. È morto. Stavano insieme da tanto tempo, tutta una vita, e adesso lui non c'è più e lei è da sola. Ma prima lui c'era e c'era così tanto che anche adesso lei se lo sente dietro e si gira a vedere se, se, se c'è davvero, perché la sensazione è così forte che le dà anche qualche speranza. Vuoi vedere che…. invece no, lui non c'è. È morto.

[VOCE NARRANTE]

A raccontare la storia della signora Raffaella è Carlo Lucarelli. Lo scrittore emiliano ha bisogno di pochissime presentazioni. Quello che non tutti sanno, però, è che Carlo Lucarelli, a titolo gratuito, dal 2017 è anche il presidente della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati, che da quasi vent'anni assicura sostegno immediato alle vittime e ai sopravvissuti ai reati gravi. In questa storia la vittima è sicuramente il marito che non c'è più, ma lo è anche la signora Raffaella. L'aiuto economico che le è stato dato dalla Fondazione le ha permesso di affrontare le spese mediche e psicologiche, farla sentire meno sola quando i riflettori del suo caso si erano spenti per passare a quello successivo.

[Carlo Lucarelli]

Con un po’ di soldi che le sono rimasti, la signora Raffaella ci ha fatto anche un'altra cosa, ce l'ha confessato con imbarazzo, quasi con vergogna. Chiedendo scusa. Aveva gli occhiali rotti e se li è ricomprati. Vergogna, imbarazzo. Ma siamo matti? È una cosa importantissima. Per cui grazie signora Raffaella, quegli occhiali nuovi sono la vita che ricomincia.

[VOCE NARRANTE]

Ti racconto l’Emilia-Romagna è il podcast a cura dell'Agenzia d'informazione e comunicazione della Regione. Senza mezze misure è il titolo di questa puntata e anche dello spettacolo andato in scena al teatro Storchi di Modena per raccontare l'impegno della Fondazione Emiliano-Romagnola per le vittime dei reati.

[Carlo Lucarelli]

E senza mezze misure significa tante cose. Intanto è un omaggio ai nostri ospiti no? La cooperativa Bilanciai chi misura le cose. Ma poi soprattutto è, come dire, un invito sia nostro da parte nostra, verso gli altri ma anche verso noi stessi, a non avere mezze misure. Quando si cerca di aiutare qualcuno non bisogna avere mezze misure, non bisogna avere timidezza, non bisogna avere pregiudizi, si individuano i problemi e poi si fa quello che si deve fare, senza mezze misure.

[VOCE NARRANTE]

I soci fondatori della Fondazione sono la Regione Emilia-Romagna, le province e i comuni capoluogo. Due i soci sostenitori, l'Università di Parma e la cooperativa bilanciai di Campogalliano, prima azienda ad aderire alla Fondazione e promotrice di questo spettacolo, con l'obiettivo di far aderire sempre più sostenitori anche tra le imprese del territorio. Sul palco, con Carlo Lucarelli, il Coro Farthan di Marzabotto

Carlo Lucarelli, come lavora la Fondazione? Quando intervenite?

[Carlo Lucarelli]

La Fondazione interviene su richieste dei sindaci. Succede un fattaccio che ha a che fare con emiliano-romagnoli, anche all’estero. I sindaci scrivono un’istanza alla Fondazione, una sorta di istruttoria e come possiamo aiutare le vittime di quel reato. Noi ci riuniamo con il comitato dei garanti una volta ogni tre mesi e prendiamo in esame le richieste e poi molto concretamente stanziamo fondi per aiutare le vittime.

[VOCI CORO FARTHAN]

Inoltro di richiesta di sostegno riguardante un caso di rapina ad opera di sconosciuto a danno della vittima in oggetto. La richiesta riguarda il signor LB che nel marzo di quest'anno è stato aggredito nel garage di casa. Non ricordo bene quello che è accaduto e non vorrei pensarci. Gentile Presidente, siamo ad inoltrare richiesta di intervento a favore della signora in oggetto, vittima di maltrattamenti reiterati e violenza familiare. Vorrei smettere di pensarci, di fargli domande. Richiesta di intervento a favore dei minori in oggetto, orfani per femminicidio, e dei nonni materni, che dal drammatico giorno dei fatti si prendono cura dei bambini, certi della vostra attenzione e collaborazione.Cordiali saluti il sindaco.

[VOCE NARRANTE]

Omicidi consumati e tentati gravi, maltrattamenti in famiglia, violenza di genere anche in ambito extra familiare, stalking, violenza e abusi su minori, reati a sfondo sessuale, rapine, aggressioni, danneggiamenti gravissimi.

Dal 2004 la Fondazione con 3,5 milioni di euro ha aiutato oltre 1000 persone, nel 2022 sono più di 40 casi accolti.

[Carlo Lucarelli]

Le istanze che arrivano sono varie. Io ho imparato questo, non ci dobbiamo fermare esclusivamente a quello che di solito immaginiamo rispetto a un crimine, a quella che è la logica del romanzo giallo, cioè il morto. C'è l'assassino, c'è il detective, finisce tutto lì. In realtà ci sono tutte le altre persone che hanno delle necessità concrete. Io faccio sempre questo esempio, una volta abbiamo aiutato dei bambini che andavano male a scuola, che uno dice ‘che c'entra i bambini che vanno male a scuola, che c'entrate voi?’. Vittime di un omicidio suicidio del padre che ha ammazzato la mamma e si è ammazzato anche lui. E quindi a cascata, a cerchi concentrici che si allargano, alla fine hai due bambini che sono un problema per loro e anche per la Comunità, perché vanno male a scuola, perché sono traumatizzati. Allora ecco che i nostri aiuti sono, per esempio, terapie di sostegno e tante cose per fare in modo che riescano a superare quello che è successo. Ma abbiamo fatto altre cose, abbiamo pagato rate d'affitto, per esempio, per donne che volevano rendersi indipendenti scappando dalla casa in cui l'uomo magari le picchia. Interveniamo stanziando dei fondi. Per esempio una volta l'abbiamo fatto perché una donna che voleva raggiungere una certa indipendenza potesse prendere la patente e quindi stanziamo soldi per progetti di vita nuovi. E più dell'ottanta percento delle persone aiutate dalla Fondazione sono bambini e donne.

[Antonella Bravi]

Mia figlia? È stata uccisa nella sua casa. Tanto desiderata. In presenza delle sue due bimbe. Era un periodo un po’ particolare perché lui era un po’ andato in crisi, un po’ per il lavoro, un po’ per tante altre cose, erano seguiti da una psicoterapeuta. E Elisa ogni tanto veniva qui a casa da noi, cioè era sempre qui a casa da noi, praticamente. E si sfogava con noi. Lei diceva sempre che era un periodo un po’ particolare, che sperava che tutto tornasse alla normalità.

[VOCE NARRANTE]

Ma la normalità non è tornata. Elisa Bravi, e stata strangolata dal marito nella notte tra il 18 e il 19 dicembre del 2019 nella camera da letto della loro villetta a Glorie di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna. Le vittime in vita, quelle sopravvissute alla tragedia, sono i figli, un padre e una madre. La famiglia di Elisa è stata aiutata dalla Fondazione per le vittime dei reati.

[GIANLUCA BRAVI]

A livello economico non è facile la situazione, di non toccare i soldi per le bambine perchè abbiano due soldi quanto son grandi… E allora cerchiamo di farcela con le nostre forze. Siamo due operai, perché vabbè, lei è maestra d'asilo, io sono operaio, la nostra, finanziariamente non è che sia una gran situazione, abbiamo qualche soldo da parte, siamo riusciti a tenerli in questi anni. Però le spese in questi tre anni sono state pazzesche. Gli avvocati da pagare, poi la prima sentenza da pagare, la seconda sentenza da pagare. Io in quel periodo ero a part time, poi Covid e poi cassa integrazione. Eravamo in casa integrazione tutti e due. Quindi in quel momento il contributo della Fondazione è stato una manna dal cielo.

[VOCE NARRANTE]

Anastasia, Gabriela, Renata, Angela, Ilenia, Elisa. Purtroppo l'elenco può andare avanti ancora molto. Donne, tutte morte uccise dal proprio compagno in modo brutale e senza alcuna giustificazione.

[Antonella Bravi]

Ecco una cosa che mi manca tanto che quella sera non l'ho abbracciata.

[Carlo Lucarelli]

Una volta ho letto una frase di una signora che era stata minacciata, picchiata e finalmente aiutata. Aveva detto: ‘Di solito le donne è meglio aiutarle quando sono ancora vive, piuttosto che dopo, no?’. E quindi la prevenzione è importantissima. Noi riusciamo a fare prevenzione in un modo, come dire indiretto, nel senso che facciamo sentire la comunità più sicura e una comunità che si sente non da sola, ma più sicura, diventa una comunità. Però poi tutto il resto no, le istituzioni, chiunque, anche la società civile, dovrebbero fare altre cose, impedirci di arrivare a dover aiutare qualcuno perché già prima c’è il problema.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è un giorno che non serve solo a inaugurare panchine rosse, a lanciare slogan e a fare il punto su i numeri. Serve a informare, a ribadire che c'è una rete che può aiutare in tempo le donne Dal numero unico nazionale, il 1522, ai servizi sociali dell'Emilia Romagna, i centri antiviolenza per le donne, ma anche quelli dedicati agli uomini maltrattanti, le case rifugio, le forze dell'ordine e, ovviamente, la Fondazione.

[Gessica Notaro]

Il 25 novembre dovrebbe essere un po’ tutto l'anno, tutti mi cercano per queste iniziative, per parlare della lotta contro la violenza sulle donne, ma in realtà ognuno di noi dovrebbe dare il proprio impegno ogni giorno dell'anno e mettersi a disposizione di quelle persone che chiedono aiuto a volte non esplicitamente. Se ognuno di noi facesse la sua parte, probabilmente riusciremmo piano piano a risolvere quantomeno in parte questo problema perché tante volte si sviluppa maggiormente quando c'è scetticismo da parte delle persone che dovrebbero aiutare queste donne e queste donne a loro volta si sentono giudicate e quindi scelgono di non denunciare. Scelgono di provare a così a far sì che il problema passi da sé e invece non fa altro che peggiorare.

[VOCE NARRANTE]

La voce che avete ascoltato è quella di Gessica Notaro. Aveva 28 anni, Jessica, quando la sera del 10 gennaio del 2017 il suo ex fidanzato l'ha aspettata sotto casa, a Rimini, per gettarle in faccia l'acido. Ha perso la vista un occhio e subìto diversi interventi. Anche Gessica è stata aiutata dalla Fondazione emiliano-Romagnola per le vittime dei reati.

[Gessica Noraro]

La Fondazione vittime di reati per me ha significato davvero tanto perché sono stati coloro che per primi in assoluto, quando io sono uscita dall'ospedale, hanno fatto per me qualcosa di veramente concreto, donandomi 10.000 € per affrontare le spese per curarmi da ciò che mi era stato fatto. Ed è ciò che insomma ogni vittima, a cui ogni vittima di reato avrebbe diritto, no? Purtroppo non è sempre così, io sono stata molto fortunata.

[VOCE NARRANTE]

Gessica Notaro oggi ha un nuovo compagno che le ha chiesto di sposarla, è un'imprenditrice e soprattutto lavora attivamente per la sensibilizzazione e il contrasto alla violenza di genere, per aiutare altre donne a riconoscere di essere vittime, perché è proprio il riconoscimento del problema il primo passo per reagire.

[Gessica Notaro]

Le donne incastrate in queste relazioni tossiche non riescono a reagire, nonostante sappiano che la relazione lo è. Perché sono vittime di una dipendenza affettiva che è paragonata alla dipendenza dalle sostanze stupefacenti. Quindi esattamente come la droga, tu ti rendi conto che ti fa tanto male, che ti porterà ad ammalarti, ti porterà a morire. Ma quando provi a staccarti da quella situazione ti manca come l'aria e quindi senti che non ce la fai neanche a prendere il respiro. Come si fa ad uscirne? Bisogna purtroppo farsi aiutare perché noi siamo convinte di farcela da sole. Invece non è possibile, bisogna farsi aiutare da persone esperte, insomma, rivolgersi magari a uno sportello antiviolenza piuttosto che ad un'associazione. Io presto il mio aiuto alle vittime di violenza in via assolutamente personale. Ho una mail che si chiama la bendabrillante@gmail.com dove raccolgo le richieste di aiuto e le smisto a seconda delle esigenze alle associazioni piuttosto che agli avvocati, piuttosto che agli investigatori privati eccetera eccetera eccetera a seconda della situazione. Però il primo passo sicuramente per uscirne è confrontarsi con delle persone più esperte che ci possano dire effettivamente si sta vivendo una relazione tossica. Una volta che noi abbiamo conferma, allora lasciarci guidare e lasciare che qualcuno ci prenda per mano per uscirne.

[VOCE NARRANTE]

Carlo Lucarelli, come possono le persone che stanno intorno accorgersi di casi di violenza quando le stesse vittime non se ne rendono conto? Tu hai detto, guardate nelle finestre degli altri, farsi gli affari propri non è più buona cosa…

[Carlo Lucarelli]

Le persone che stanno attorno a una persona che sia oggetto di violenza, per esempio, soprattutto violenza di genere, violenza sui minori, quelli che poi diventano femminicidio se vuoi… le persone che stanno attorno se ne accorgono mentre magari non se ne accorge la persona che ci sta dentro, perché è complessa la situazione. Non si può dare la colpa a nessuno da questo punto di vista … esiste una dipendenza psicologica, l'insicurezza, tutta una serie di cose che fanno in modo, per esempio, che una donna non capisca quello che gli sta succedendo, non capisca cosa deve fare. E questo è comprensibile, no? Ma quelli che stanno attorno sì. Quando vedi che la tua vicina di casa ha un occhio nero. Un giorno ti dice che è caduta dalle scale e il giorno dopo ti dice che ha sbattuto contro una porta. Senti urlare, la notte. Senti il marito che dice ‘ti ammazzo, ti ammazzo’. Insomma, un pochino qualche dubbio ti potrebbe. Che cosa puoi fare? Ragioniamo, discutiamo la prevenzione, facciamo qualcosa. La mia idea che noi dobbiamo prenderci cura degli altri, farsi gli affari propri, - certo, la privacy è importante, è chiaro, ovvio - però farsi gli affari propri, cioè infischiarsene degli altri, non è una bella cosa.

[VOCE NARRANTE]

Gessica, prima del 2017, quando leggevi sui giornali di donne uccise dai propri compagni, non ti riconoscevi in queste storie.

[Gessica Notaro]

Ero abbastanza incredula che tutto ciò potesse succedere a persone forti e dentro di me - insomma, io ho sempre avuto un carattere molto forte - pensavo, ‘ma che problemi hanno queste donne che si lasciano mettere i piedi in testa e trattar male da questi individui’. E invece purtroppo poi ho imparato a mie spese che anzi quanto più una donna ha personalità, quanto più diventa una grandissima fonte di approvvigionamento narcisistico per questi soggetti che si divertono a dimostrare che la donna forte diventano loro preda e loro le succhiano delle energie.

[VOCE NARRANTE]

Carlo, quando la mattina apri il giornale e leggi di vittime di violenza, qual e la prima cosa che pensi?

[Carlo Lucarelli]

Quando apro il giornale, e leggo di un qualcosa di tremendo che è avvenuto, la prima cosa che guardo è dove è avvenuto. È brutto dirlo, è quasi egoista. Però quando è avvenuto dalle nostre parti, dico ‘ecco questa è una cosa di cui ci occuperemo fra poco con un altro delle riunioni del comitato dei garanti. Subito dopo poi mi accorgo che non importa che sia successo qui, da un'altra parte, il problema è quello, dovunque accada. Però adesso guardo le notizie pensando. La ritengo una cosa positiva, pensando o guarda è venuto dalle mie parti, posso fare qualcosa.

Lo facciamo concretamente e velocemente, con lo sguardo rivolto unicamente alle vittime, senza pregiudizi, senza compromessi, senza esitazioni, senza mezze misure. Insomma, lo facciamo perché è giusto e perché funziona. E anche questa, lasciatemelo dire, è una cosa molto emiliano-romagnola.

[VOCE NARRANTE]

Avete ascoltato Ti racconto l’Emilia-Romagna, il podcast a cura dell'Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna. In redazione Elisa Ravaglia e Agata Matteucci.