Trascrizione

Episodio n. 4 

Agata Matteucci(AM) giornalista dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna intervista la poetessa e scrittrice Beatrice Zerbini (BZ) 

 

AM: 

Ci sono parole che accarezzano, altre che graffiano: quelle di Beatrice Zerbini fanno entrambe le cose. Le spese condominiali, la cassiera del supermercato, i cannelloni surgelati, la vicina sulla terrazza… leggere i versi di Beatrice Zerbini significa viverli. Risuonano dentro con voce sincera, musicale, inevitabile. 

“La mia terra è una matrona che sogna” è un podcast realizzato dall'Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia- Romagna, nell'ambito della Giornata internazionale della donna, perché la poesia di Zerbini è, sempre, una poesia declinata al femminile.  

 

Eccoci. Siamo arrivate alla ultima puntata del nostro ciclo di incontri con Beatrice Zerbini che oggi ci introduce e legge la poesia tributo all'Emilia Romagna, una poesia che parla dell'alluvione, di un periodo molto difficile che ha vissuto la nostra regione. E, come forse alcuni ascoltatori sanno, ha avuto anche un lettore di eccezione. 

BZ: 

Sì, Ciao Agata, grazie. E sono come sai, sono molto legata alla mia regione, quindi. Mi è venuto proprio da scrivere per la mia terra. Come sentirai mi sono profondamente innamorata e l'ospite d'eccezione è il Presidente della Repubblica. Perché questa poesia io l'ho fatta leggere appena scritta a Caterina Caselli. L’ha presa proprio fisicamente e l'ha portata proprio al Presidente della Repubblica che le ha risposto complimentandosi, puoi immaginare la gioia e insomma l'onore. Perché il cuore comunque era sofferente e rimane sofferente. Sono nipote di una romagnola e quindi una parte del mio cuore è romagnolo perché sono stata cresciuta dalle nonne. Quindi c'è questa parte, ho una parte emiliana che è quella che mi ha visto nascere e poi una parte del mio cuore è romagnola, per cui mi sento proprio radicata. 

AM: 

C'è un luogo di questa terra dell'Emilia-Romagna che a te stimola poeticamente più di altri, una sorta di locus amenus. 

BZ: 

Ma tutti, tutti i luoghi, perché come vedi anche al supermercato posso trovare ispirazione, non ci sono dei luoghi particolari, sicuramente mi sento radicata e quindi par. Parlo anche con la mia emiliano romagnolità. Questo forse trasuda dai miei versi, no, no, non c'è un solo luogo. Sicuramente la mia terra parla anche attraverso di me e quindi tutti i luoghi parlano attraverso di me, tutti i luoghi che ho visto e la cucina. Ho parlato diverse volte anche di cucina nelle mie poesie e quindi non c'è un luogo particolare, però io mi faccio forse luogo di tanti scorci del mio territorio, quello sì. 

AM: 

Il primo verso di questa poesia dà anche il titolo al Podcast perché tu umanizzi la nostra regione e la rendi donna. 

BZ: 

Sì, la mia regione è donna, oggettivamente l'Emilia Romagna è donna, è due donne, o forse è una grandissima donna. Sì, io ne parlo con grande affetto filiale e non solo. Ecco vedo della sinuosità nella mia regione, vedo tanta determinazione, vedo tanto slancio femminile, ma non solo, dai, non solo, anche se intitolo questa poesia proprio di nuovo rivolgendomi alla parte femminile di quella che è la mia terra, ma ve la leggo, perchè, insomma, parlo, preferisco parlare con i versi di quanto abbia nel cuore questa terra. 

 La mia terra è una matrona che sogna con i polsi distesi come fiumi a stanchezze lontane da riposare senza mai una vergogna e Appennini al posto dei cuscini, ma le braccia molte braccia contadine, lunghi solchi come rughe coltivati a sudore e sangue. E infatti vecchia la mia terra e sa giocare a carte sul retro del bar, ma anche in prima linea a farsi saggia, sa tremare forte con le ginocchia, sa inciampare, farsi male, sa perdere i pezzi. Sa sempre ricostruire e ha molte maniche da rimboccarsi, maniche che sono piantagioni e campi, maniche botteghe, maniche per le sue più di 1000 braccia e un milione di dita capaci solo di stringere e afferrare. Alla mia terra dicono che ha un brutto mare. Infatti è di terra, la mia terra, ma chi si piega con il cuore sfatto di fatica, ha fiducia che sono vanghe e da sole spaccano sassi, impastano case fino a fare fiorire i pesci e le zanzare. E ha profumo la mia terra di scorribande infantili e di selci, e un sentore di bosso e ha alti pioppi sotto cui piangere. Per poco poi riandare. E’ spaccata in due, la mia terra. Ma non si divide, non si perde, non dimezza. La mia terra raddoppia, moltiplica ciò che ha avuto in dono. La mia terra è tutta colline bassure fino alla piana e se la insegui con gli occhi mentre parti coi treni sembra un niente di distese, ma mai quando torni. Quando torni la mia terra è casa, c'è sempre un piatto per non morire. La mia terra è madre di tutti e non di se stessa e la amo mentre annega e le vedo la punta della fronte, riemergere appena, e mentre arranca e piange, frana, la vedo che ha braccia larghe per nuotare, per scavare, per sollevare e sempre per stringere e abbracciare.  

AM: 

Grazie Beatrice.

BZ: 

Grazie a te. 

AM: 

Io sono Agata Matteucci e questo è “La mia terra è una matrona che sogna”, un podcast dell'Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna