Episodio 2 – Egregio direttore della Coop
Le poesie di Zerbini nascono sempre da un vissuto quotidiano. Egregio direttore della Coop è una di queste. È scritta per ringraziare una dipendente di un supermercato che la poetessa incontra durante la pausa pranzo di un giorno feriale. La gentilezza e l’amore con cui la donna svolge il proprio lavoro generano in Zerbini l’urgenza di dedicarle un reclamo da inviare al suo responsabile, che in realtà è un elogio.
Trascrizione
Episodio n. 2
Agata Matteucci (AM) giornalista dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna intervista la poetessa e scrittrice Beatrice Zerbini (BZ)
AM:
Ci sono parole che accarezzano, altre che graffiano: quelle di Beatrice Zerbini fanno entrambe le cose. Le spese condominiali, la cassiera del supermercato, i cannelloni surgelati, la vicina sulla terrazza… leggere i versi di Beatrice Zerbini significa viverli. Risuonano dentro con voce sincera, musicale, inevitabile.
“La mia terra è una matrona che sogna” è un podcast realizzato dall'Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia- Romagna, nell'ambito della Giornata internazionale della donna, perché la poesia di Zerbini è, sempre, una poesia declinata al femminile.
AM:
Anche oggi siamo con Beatrice Zerbini, che ci introduce e ci legge la poesia “Egregio direttore della Coop”
BZ:
Sì, ciao Agata. Ho scelto questa poesia: “Egregio direttore della Coop”.
Come già ti dicevo nella precedente puntata, le mie poesie nascono da un'esperienza, da un vissuto quotidiano, e questa poesia l'ho scritta durante una mia pausa pranzo. È rivolta a una cassiera della Coop. Te la leggo.
Egregio Direttore della Coop della Piazzetta
qui sotto,
mia ormai decennale
compagna e alleata
di quotidiane e tristi
frugali pause pranzo,
per la prima volta
nell’intera mia vita, senza stizza
sento
il bisogno di scrivere un reclamo
un lamento.
Mi preme tutto l’obbligo,
come socia, cittadina e anche solo
come essere vivente,
di segnalarle la condotta
di una sua dipendente.
Si tratta
di una bella donna, dai capelli
neri neri
e gli occhi chiari, cristallini,
affilati e sinceri
come cocci azzurri
di azzurrissimi bicchieri.
Ebbene lei,
alle tredici e quaranta circa
dei miei giorni feriali,
quando la mia faccia
si trascina già stanca
in mezzo ai vostri infernali
scaffali,
ha sempre una parola,
un sorriso, una fiamma sul viso,
gesti leggeri e segretissime
malinconie, travestite da allegrie,
un po’ come le mie.
Oggi, per esempio,
mentre apriva - atto non dovuto -
i sacchetti
che invece io non so mai aprire,
con un garbo fra le mani leggere,
di magia, di mestiere
che non so neanche dire;
mentre faceva passare i carciofi
lungo il rullo nero, tanto
somigliante al mio nero,
nero pensiero,
mi ha guardata, ha sorriso,
come a darmi un riposo
o così mi è sembrato
e allora
gliel’ho detto che non c’era
una persona
in tutte le Coop di questo mondo
come lei
e lei mi ha detto
che si commuoveva
a dirle così e così ha fatto, Direttore,
perché una lacrima
le è scesa dalle ciglia,
le ha tagliato la guancia
e poi tutto il sorriso;
ha provato
a fermarla con la mano,
ma ancora è scivolata, lunga
dal suo al mio pianto
e ancora è precipitata lungo
questo lungo reclamo, come
se non glielo avesse
mai detto nessuno.
AM:
Grazie, Beatrice. Ecco, questa poesia ha avuto un successo incredibile anche sui social: è stata condivisa centinaia e centinaia di volte, e ne hanno scritto degli articoli sul giornale. Secondo te, come mai?
BZ:
Perché?
Perché siamo in un'epoca di persone che non guardano e non sono guardate. Si fa fatica a vedere le altre persone, a riconoscerne il valore, anche a comunicarlo. Ci sentiamo bisognose, bisognosi, di uno sguardo – e - a volte vorremmo sentirci dire “Vai bene così” - ma è molto difficile trovare altre persone disposte ad incoraggiarti, perché siamo sempre più diffidenti, e quindi ci chiudiamo.
Per cui, questa poesia è un po’ un riscatto, per i non visti.
Per la gentilezza - no? - per come può essere innalzata la gentilezza, che è qualcosa di raro, di questi tempi.
AM:
Che cosa ha detto la donna a cui ti rivolgi nella poesia?
BZ:
È rimasta esterrefatta. Tra l'altro, ho fatto avere la poesia proprio al suo direttore, al suo capo, quindi, lei si è sentita ovviamente molto felice. E poi è stata intervistata, è finita su diversi quotidiani nazionali, e so che ha incorniciato la pagina. Mi ha detto di non aver mai provato una gioia così, in tutta la sua vita. Ha esagerato, ovviamente, però…
Sicuramente il fatto di essere finita così sotto i riflettori, per un qualcosa che lei fa quotidianamente con amore, in modo molto semplice e puro, l’ha toccata.
Perché non c'è nulla dietro a quel suo sorriso, se non la gratitudine per quello che la vita le ha offerto, e la e l'amore verso le persone, verso quello che la circonda.
AM:
Io sono Agata Matteucci e questo è “La mia terra è una matrona che sogna”, un podcast dell'Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia - Romagna