Queste sono state le parole di Fiorenzo Rossetti, funzionario di Protezione civile della provincia di Forlì-Cesena, quando gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza durante i primi giorni dell’emergenza. È così che è iniziato il nostro viaggio nella Romagna alluvionata.
Nel mese di maggio 2023 l’Emilia-Romagna viene colpita da una serie di eventi meteorologici di eccezionale intensità.
Il primo avviene tra l’1 e il 4 maggio: dalle prime ore del mattino e per 48 ore ininterrotte piovono precipitazioni che toccano in varie città gli oltre 200 millimetri, superando i livelli di allarme. Acqua torrenziale che si riversa con violenza su vaste aree del territorio regionale, con rovesci che portano straripamenti, allagamenti, frane e l’inondazione delle aree costiere. A causa della prolungata siccità dei mesi precedenti la terra è secca, incapace di assorbire così tanta pioggia in così poco tempo. Faenza, Cesena, Forlì, alcune zone del ravennate e del bolognese si ricoprono d’acqua e molte terre riportano gravi allagamenti. Ci sono anche due morti: un uomo di 80 anni di Castel Bolognese, travolto dall’acqua mentre andava in bici in una zona interdetta alla circolazione, e una seconda persona a Fontanelice, sepolta dal crollo di una abitazione, a seguito di una frana.
Nella mattina del 16 maggio, di nuovo la pioggia. Le stesse strade delle stesse città, appena ripulite dal fango, tornano sott’acqua.
Questa volta, però, l’evento è ancora più violento e interessa un’area più vasta. Le precipitazioni più intense coprono circa 800 chilometri quadrati: in poche ore, a seconda delle zone, sono cadute cumulate complessive superiori a 400 millimetri. Dal 1^ al 17 maggio cadono complessivamente 4,5 miliardi di metri cubi d’acqua. Per dare un’idea: 128 volte il volume della diga di Ridracoli (che è di 35 milioni di metri cubi d’acqua). Vengono superati i massimi storici degli ultimi 200 anni.
23 fiumi esondano contemporaneamente, coinvolgendo più di 100 comuni. Le vittime sono 15.
A Forlì, l’hub centrale della Protezione civile - il posto che tutta la cittadinanza prende come punto di riferimento in caso di emergenza - si allaga. E' da qui che inizia questo racconto.
“Erano già due settimane di operatività intensa dovuta al primo evento meteorologico. La sera del 16 ci trovavamo tutti nella nostra sala operativa al Centro unificato provinciale di Protezione Civile qui, a Forlì, e verso le 09:30 ci siamo resi conto di cosa stava accadendo. Sapevamo che il fiume Montone era in condizioni severe, ma a quell’ora l'acqua che aveva sormontato l'argine stava invadendo una parte della città e aveva raggiunto anche il nostro Centro, che si trova tutto sommato abbastanza distante."
In un’area di circa 300 km quadrati nell’Appennino cesenate e ravennate diversi paesi – Casola Valsenio, Brisighella, Dovadola - soccombono alle intemperie, ma quello di Modigliana è forse il comune più colpito. I fiumi che lo attraversano (Ibola, Marzeno, Acerreta) sono esondati tutti e tre, provocando danni a case, capannoni e strade. A seguito di oltre 70 frane, per tre giorni molte case sono state prive di acqua corrente e di linea telefonica. I poco più di 4mila abitanti del paese, soprattutto anziani, sono rimasti per quattro giorni completamente isolati.
Lo stato di allerta legato al maltempo fa scattare l’attivazione del Coc (acronimo per Centro operativo comunale, chiamato a gestire l’emergenza su più fronti in caso di bisogno). Nella sera del 16 maggio, il sindaco, Jader Dardi, e i responsabili della Protezione civile e Croce Rossa stanno valutando se spostare la sede del Coc nel centro operativo sovracomunale, la cui struttura sorge su un monte, collegato alla via Carlo Alberto Dalla Chiesa da un ponte che scavalca il fiume Marzeno. Lì per lì sembra la soluzione più pratica: gli spazi son più ampi e i mezzi di soccorso avrebbero più facilità d'accesso, data la prossimità della sede alla via Emilia.
“Io avevo tutte le forze a disposizione del Comune di Modigliana concentrate nel Centro operativo sovracomunale. La nostra principale via d'accesso è l’SP20, la faentina, perché è l'accesso dalla via Emilia. Per questo motivo stavamo valutando di fare arrivare le principali risorse di soccorso proprio qui, dove avevamo anche il nostro centro radio e un po’ tutto, anche degli spazi molto più ampi rispetto a quelli che sono i nostri uffici comunali."
"Ci siamo trovati in condizioni emotive e climatiche non facilissime, perché eravamo dalla mattina alla sera bagnati fradici come pulcini. Avevamo l'acqua anche dentro gli stivali. Continuava a piovere. Andavamo di casa in casa, con l’apprensione di non riuscire ad avvisare tutti. Abbiamo vissuto momenti veramente drammatici."
Immagini via via sempre più numerose e angoscianti, realizzate dagli stessi cittadini che stavano vivendo l’alluvione, che registravano con l’obiettivo di informare quante più persone possibile su quello che stava accadendo e diffondere informazioni potenzialmente utili a salvare vite. Messaggi di allerta, zone coinvolte, azioni da compiere o non compiere, numeri utili da contattare.
Uno dei video più impressionanti, diventato subito virale, mostra una strada nella zona di Sarsina, sulle montagne sopra Cesena: davanti agli occhi di chi sta riprendendo, un pezzo di collina si stacca, inghiottendo la strada.
“Ero in comune. Stavo facendo una call con la Prefettura.
Vengo chiamato a Ranchio dai cittadini, perché la strada stava franando. Mi sono precipitato e in pratica, appena ho parcheggiato la macchina stavo camminando verso i cittadini per capire cosa succedesse e dopo 10 secondi è partita la strada. Sono stato proprio l'ultimo a passarci sopra".
“I primi momenti sono stati davvero drammatici. Eravamo in una sorta di situazione di guerra, con 600 persone isolate. Non sapevamo neppure se esistessero ancora.
Nei momenti di emergenza, poter avere informazioni e notizie immediate è fondamentale. Ma in quegli istanti non c’erano linee telefoniche, né internet, non sapevamo nulla. C'era davvero una grande preoccupazione".
un ruolo importante in questo ambito è svolto dai tecnici del soccorso alpino, che da diverse Regioni sono intervenuti in Emilia-Romagna per fronteggiare la grave crisi e occupandosi, in particolare, delle operazioni di ricerca, soccorso e evacuazione degli abitanti delle aree colpite.
“Durante l’alluvione in Regione e non appena attivati dal servizio 118-Romagna, siamo stati ingaggiati per le più diverse situazioni, purtroppo tutte critiche. Si andava da eventi alluvionali, nella bassa Romagna (Forlì-Cesena, Faenza - luoghi in cui c'era acqua veramente alta), fino alle criticità in un ambiente invece impervio (cioè collinare-montano), dovute alle numerosissime frane e smottamenti."
Una grande massa di fango riempie le strade della zona Ponte Vecchio, dividendola di fatto in due: chi sta a sinistra del ponte e chi a destra. I primi si salvano, i secondi si allagano.
Non lontano una scuola, la Don Milani, diventa spontaneamente il primo punto di smistamento per gli alluvionati.
“Fin dalla sera di martedì 16 sono andata alla Don Milani vedere di cosa avessero bisogno. Ho cominciato a fare la spola da casa mia alla scuola, dove arrivavano i primi alluvionati, a portare le cose di prima necessità: c’era bisogno di scarpe, di vestiti, di giochi per bambini che erano lì, spaventati. C'era ancora molta confusione. C'era anche tanta paura."
A cura di Agata Matteucci
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