Episodio 3 | Francesca Bonifazi - Terapie cellulari avanzate
Due fratelli, una frattura profonda, al centro un fiume che scorre troppo rapidamente. È la vita che va avanti, anche senza parole, per oltre vent'anni. Tocca alla malattia sparigliare le carte: una malattia gravissima con una sola speranza appesa alla possibilità di un trapianto del midollo. Basta una telefonata per spezzare quel silenzio e azzerare due decenni inutili. Ce lo racconta Francesca Bonifazi, ematologa a capo del programma di terapie cellulari avanzate del Polo Ematologico Seragnoli del Policlinico di Sant'Orsola, un centro di alta eccellenza attivo sia sui trapianti tradizionali che sulla ricerca e lo sviluppo di terapie cellulari moderne con CAR T.
Trascrizione
Specialmente Pubblici
Episodio 3 | Francesca Bonifazi - Terapie cellulari avanzate
Ci sono rapporti speciali che nascono all'improvviso, rapporti di altruismo e amore tra sconosciuti. Questa lettera, che sto per leggervi, è stata scritta da un uomo sottoposto a trapianto di midollo osseo alla donna che gli ha donato una seconda possibilità di vita. Lui non sa chi sia, ma sa che dal giorno del trapianto le loro le vite saranno connesse per sempre.
“Ho pensato tanto a cosa scriverti, immaginandomi 1000 discorsi sul mio percorso di malattia e su di te, come se le nostre vite fossero su due binari paralleli. Quello che hai fatto per me è un qualcosa che difficilmente può essere spiegato a parole, un qualcosa che trascende il tempo, lo spazio e qualsiasi logica di pensiero e che ci lega per il resto delle nostre vite come se un filo invisibile ci unisse, percorrendo la distanza che ci separa.”
Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.
Il trapianto di midollo osseo offre una concreta possibilità di guarigione e per alcune patologie è l'unica cura possibile. È un tipo di trapianto che può essere effettuato solo se si trova una persona compatibile con il paziente e disponibile alla donazione di cellule staminali emopoietiche. Il donatore può essere reperito in famiglia nel 50% dei casi o presso il registro internazionale dei donatori. Solo uno su 100.000 però ha il tipo giusto di midollo osseo. Il Polo Ematologico Seragnoli del Policlinico di Sant'Orsola è attivo sia sui trapianti tradizionali che sulla ricerca e lo sviluppo di terapie cellulari moderne con CAR T. Ne parliamo con la professoressa Francesca Bonifazi, ematologa a capo del programma di terapie cellulari.
Francesca Bonifazi, CAR T e terapie cellulari avanzate Sant’Orsola - Io ho sempre fatto trapianti di midollo osseo, ho fatto il presidente della Società Italiana dei Trapianti e ho scritto alcune pagine importanti nel trapianto, come la profilassi delle complicanze immunologiche, oppure mi sono occupata di trapianto nelle malattie tipo leucemia acuta refrattaria, oppure di complicanze importanti. Per quanto riguarda invece le terapie cellulari avanzate, sono al, io lavoro presso il Sant'Orsola, che è stato in Emilia-Romagna il primo centro a infondere terapie cellulari avanzate, quindi abbiamo una rete regionale che in qualche maniera coordino e quindi ad oggi ho eseguito circa 150 infusioni di cellule CAR T.
Professoressa, ci descrive la sua specializzazione?
Bonifazi - Io sono un’ematologa che fa trapianti, trapianti di midollo osseo allogenico, cioè da donatore. Molte malattie del midollo osseo, neoplastiche, non neoplastiche, ma anche malattie congenite tipo immunodeficienze, possono essere ancora oggi curate con questa terapia che è una terapia salvavita, che si chiama trapianto di midollo osseo. In realtà non si fa solo dal midollo, le cellule staminali del donatore si possono prendere anche dal sangue periferico, dal cordone, e così via.
L'infusione delle cellule CAR T: è possibile spiegare con parole più semplici?
Bonifazi - In altre parole si prendono le cellule del paziente, in genere sono linfociti che sono cellule del sistema immunitario, si modificano geneticamente, si armano contro il tumore e poi si reiniettano nel paziente e lì, nell'organismo del paziente, queste cellule così armate, arrabbiate contro la neoplasia, che combattono il tumore.
Questa è la nuova frontiera dell'ematologia, e non solo dell'ematologia.
Bonifazi - La rivoluzione delle terapie cellulari avanzate è così importante che in realtà questo tipo di terapia sta uscendo dall'ematologia e sta conquistando anche altri ambiti, tipo quello delle malattie autoimmuni, l'oncologia e così via.
Lei si è dedicata fin dal principio della sua attività a questo ambito?
Bonifazi - Io fino al 2018 ho fatto solo trapianti e dalla fine del 2018 abbiamo iniziato all'Istituto Seragnoli, che è quello per adesso cui lavora presso il Sant'Orsola, a infondere cellule CAR. Poi nel 2019 il direttore generale, la dottoressa Gibertoni del Sant'Orsola, mi ha lanciato questa sfida nello sviluppo della produzione delle cellule CAR e quindi diciamo che è dal 2019 che abbiamo condiviso questo progetto molto sfidante e quindi penso che nei prossimi tre, cinque anni potremo avere i primi risultati significativi sul tentativo di produrle in loco.
Dunque, la produzione in loco di cellule prelevate dal paziente e modificate geneticamente presso laboratori che si chiamano officine. Officine di produzione di terapie cellulari avanzate. Laboratori molto particolari.
Bonifazi - Noi siamo tra i primi tre centri come infusione di cellule, ma l'ambizione del Sant'Orsola, da quando è diventato istituto di ricerca, quindi IRCCS, è quello anche di investire sulla produzione locale di cellule CAR. Ed è per questo che vorremmo diventare non solo, come già siamo, centro che infonde con un'attività di infusione che a oggi è tra le prime tre in Italia, direi, ma anche centro di produzione in loco di queste terapie. Quindi non faremo più andare via le cellule del paziente, ma potremo anche produrle localmente.
Una linea di ricerca che si traduce in quale nuova azione?
Bonifazi - Generare una nuova expertise che oggi è scarsamente presente, proprio sulle terapie cellulari avanzate. Perché se si producono in loco queste terapie, ci deve essere tutta una parte di ricerca e sviluppo, appunto, che trova nuovi target di malattia, li, insomma, massimizza tutti gli effetti e migliora quindi l'efficacia di queste terapie.
Sarete autosufficienti?
Bonifazi - Purtroppo non si può parlare di autosufficienza. Le terapie cellulari avanzate sono considerate farmaci. Questi farmaci sono regolarmente autorizzati e quindi hanno un'indicazione in particolari condizioni. Noi, quello che vorremmo fare è dedicarci anche a malattie rare, quindi che non sono oggetto dell'interesse delle aziende farmaceutiche, e quindi sviluppare terapie cellulari per malattie rare, oppure sviluppare nuovi costrutti che siano, come dire, più intelligenti, fatti meglio e così via.
La ricerca quindi è sempre più cruciale?
Bonifazi - Senza progresso, senza ricerca, siamo abbastanza in crisi. Questa è una terapia che ha sconvolto veramente il nostro modo di vedere e di pensare. Però ricordiamo ancora che ci sono tanti pazienti che anche nonostante queste terapie falliscono, appunto, le terapie non sono terapie infallibili, c'è margine di miglioramento. E quindi il senso della ricerca è, a mio modestissimo avviso, l'unica maniera con cui possiamo reagire alla frustrazione del fallimento.
Ma le risorse sono adeguate ad un futuro così impegnativo?
Bonifazi - Avremmo bisogno di più risorse, non c'è dubbio. E volendo essere molto molto sintetica: avremmo bisogno di nuovi spazi, spazi più ampi, avremmo bisogno di poter assumere - voi sapete che c'è un blocco all'assunzione del personale in sanità, ed è difficile. Noi ci mettiamo tanto ad appassionare e a formare le nuove generazioni. E poi li manteniamo con un precariato che tende a essere molto, molto lungo. Ultimo, ma non ultimo, e penso che questa è una cosa che condividono tutti i miei colleghi in qualunque reparto di qualunque ospedale, la complessità della parte burocratica amministrativa che ci complica la vita e ci rovina un po' la vita e sottrae tempo per parlare con i pazienti, per pensare, per studiare.
Quindi la burocrazia, le risorse non adeguate vi impediscono di correre come vorreste e come potreste.
Bonifazi - In generale oggi noi assistiamo a un depauperamento della sanità pubblica semplicemente perché non c'è il carburante: c'è poco carburante, quindi dobbiamo andare piano. È ovvio che più cose si imparano, si fanno, si possono fare, quindi più aumenta la domanda, noi cerchiamo di andare dietro con l'offerta. Ma vorrei anche scalzare questo paragone dell'offerta e della domanda, perché la sanità non è mercato. Non dobbiamo, secondo me, lavorare in funzione della domanda e dell'offerta, ma dell'appropriatezza. Io cambierei domanda e offerta con ricerca e appropriatezza, secondo me questi devono essere i pilastri per la sanità del futuro. Una sanità che pensa troppo alla collettività tende a trascurare il bisogno del singolo. E l'esempio è facile, quello della malattia rara. Allora, se siamo tutti spostati sulla comunità, la malattia rara scompare perché è rara, è costosa e quindi, diciamo perde di importanza. Dall'altra, se prevale l'individuo, muore la collettività, quindi non ce ne facciamo niente. Penso ad una società dove solo in pochi si possono curare, oppure dove solo a pochi è data la possibilità di accesso a terapie innovative salvavita. Perché poi queste persone sono persone che sono in una società, in una società civile, e quindi potremmo fare delle società un po' zoppe.
A proposito delle nuove generazioni di medici, che percezione ha del futuro che ci attende?
Bonifazi - Ci dobbiamo ricordare che questa professione è fatta non solo di condivisione di tanto dolore, ma anche di tante gioie, sia per i pazienti, dei familiari, ma anche dei colleghi più giovani. Al di là dello status di medico universitario che ha, diciamo, come mission quella che è la formazione, ricordiamoci che per deontologia con il giuramento di Ippocrate, abbiamo il dovere di insegnare ai giovani. Allora alle nuove generazioni dobbiamo insegnare non solo delle nozioni, dobbiamo insegnare e trasmettere la nostra passione e la nostra considerazione. Io quello che cerco di trasmettere è che non curiamo malattie, ma curiamo dei malati. E allora penso che se riusciamo a fare questo shift, questo mestiere possa riservarci ancora a qualcosa di molto bello.
Ci sono specializzazioni più apprezzate dai nuovi giovani medici?
Bonifazi - Alcune specializzazioni vivono momenti di grande difficoltà, lo sapete tutti, quelle dell'emergenza, della rianimazione. L'ematologia è una specializzazione di nicchia e quindi noi abbiamo il privilegio di avere dei giovani molto molto motivati, perché tutte le volte che è una cosa di nicchia… Ci sono dei pro e dei contro, perché in ematologia si fa poca libera professione innovazione. In ematologia si vedono tante persone morire. In ematologia si assiste, tuttavia, forse, a una delle discipline che ha la maggior possibilità di innovazione. Vorrei ricordare che l'ematologia, quindi sì, tutta l'ematologia, ha fatto un po' da apripista anche per altre branche della medicina. E in ematologia la biologia e l'immunologia, quindi la parte cellulare dei meccanismi, quindi capire come funzionano le cose, è molto, molto sviluppata e quindi può trovare, certamente, in tante persone, in tanti giovani medici, un ambito molto interessante.
Mi racconta qualcosa del suo percorso professionale che le ha lasciato un ricordo pieno di gioia?
Bonifazi - Noi medici abbiamo questo grandissimo privilegio che è quello di incontrare persone meravigliose e le incontriamo nei momenti più drammatici. Allora io ricordo due cose che vorrei dire: uno riguarda i pazienti, un altro riguarda i medici. Uno, il paziente, mi ricordo, è di due fratelli che non si parlavano da vent'anni e quando uno dei due ha avuto bisogno del midollo del fratello, diciamo che tanti problemi si sono risolti. Questo mentre lo dico ancora mi vengono i brividi.
Ci racconti l'altra storia.
Bonifazi - La seconda è perché in questo incontro, che è incontro un po' con l'essenza della vita, la soddisfazione più grande, forse, che ho avuto è vedere una giovane dottoressa molto insicura riuscire a fare una biopsia senza che il paziente... col paziente che diceva “non mi hai fatto male, è stata brava”, eccetera, così. Questo gesto di fiducia, di successo, le ha dato una grande spinta e oggi questa è una professionista conosciuta e per me è un privilegio averla potuta aiutare in questa fase.
C'è un'umanità straordinaria dietro questa professione, soprattutto nella sanità pubblica.
Bonifazi - La sanità pubblica è, che io sappia, l'unica maniera che possa conciliare quello che è scritto nell'articolo 32, cioè mette insieme l'esigenza dell'individuo e il bene della collettività.
Fino a dove può arrivare un gesto di generosità? Non troviamo le parole per dirlo. Ci appoggiamo allora a quelle di Erri De Luca, scrittore e poeta: “c'è un'economia sovversiva del dono, del gratis, dello spariglio, che riceve in cambio una restituzione gigantesca. Si tratta del dono da vita a vita.”
Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.