Episodio 18 | Alessia Ciarrocchi – Ricerca traslazionale
Restiamo al Santa Maria Nuova, dove tocchiamo con mano il fatto che i reggiani amino davvero il proprio ospedale e ne vadano orgogliosi. Un legame importante, costruito nel tempo, fatto di fiducia e reciprocità. Qualcosa di molto speciale che sembra attraversare l’intera organizzazione, comprese le professioni meno esposte alla relazione con il paziente. Come quella in cui opera la dottoressa Alessia Ciarrocchi, responsabile della Struttura completa di ricerca traslazionale dell’Irccs di Reggio Emilia. Una donna di scienza, ma anche un’ottima comunicatrice, che non esita a scegliere la parola “magia” per raccontare il proprio lavoro e restituire in parole semplici l’oggetto della sua ricerca. “Il nostro istituto fa ricerca sui tumori in maniera diversa”, ci spiega. Oltre alla ricerca clinica che i medici portano avanti quotidianamente con i loro pazienti, qui si fa ricerca molecolare con l'obiettivo di scoprire nuove evidenze, così da arrivare a nuovi farmaci e a nuovi test diagnostici, ma si fa anche ricerca assistenziale, finalizzata a ottimizzare il modo in cui il sistema sanitario si relaziona al paziente, mettendolo al centro. Qui si fa così, racconta, ed è bellissimo. Nella classifica di Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, l’Asl di Reggio Emilia si posiziona al top per le migliori performance manageriali sul fronte della prevenzione, ed è solo l’ultimo dei tanti riconoscimenti ricevuti dalla sanità pubblica di questo territorio. Cosa fa di una struttura sanitaria pubblica un’eccellenza anche sul piano dell’organizzazione? Qualità dei professionisti, capacità di lavorare assieme, umanità, rispetto, ascolto e multidisciplinarietà sono le parole chiave, unite a una grande passione per la ricerca.
Trascrizione
Specialmente Pubblici
Episodio 18 | Alessia Ciarrocchi – Ricerca traslazionale
È raro che un professionista della medicina di alta specializzazione scelga la parola “magia” per raccontare il proprio lavoro. Eppure, la dottoressa Alessia Ciarrocchi, responsabile della Struttura completa di ricerca traslazionale dell'Ausl Irccs di Reggio Emilia, non ha alcuna esitazione quando si tratta di restituire l'oggetto del suo lavoro e la relazione tra la città e l'Arcispedale di Santa Maria Nuova.
Alessia Ciarrocchi, responsabile della Struttura completa di ricerca traslazionale dell'Ausl Irssc di Reggio Emilia – Ci sono stati diversi momenti magici in questi anni che io ho avuto la possibilità di lavorare a Reggio Emilia e due son stati particolarmente importanti. Uno è stato l'abbraccio che ha stretto il cuore quando abbiamo inaugurato il Centro onco-ematologico reggiano, che ha visto veramente la partecipazione di tutta la comunità, ma proprio questo girotondo fisico che ha abbracciato il nuovo edificio, come a rinsaldare proprio il legame fra la comunità e le persone. L'altra è stata questa esperienza incredibile che abbiamo fatto in collaborazione con un'associazione di pazienti che si chiama “Se non altro”, che ha sostanzialmente coperto la piazza centrale di Reggio Emilia con delle coperte cucite dai volontari, che sono state vendute per sostenere un progetto di ricerca di base. Quindi al mattino alle 5:00 ci siamo trovati non so quante centinaia di persone a coprire il cuore della città con queste coperte che avrebbero poi sostenuto una scommessa, come tutti i progetti di ricerca – ovviamente, di base traslazionale – spesso sono.
Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo in avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.
I reggiani amano il proprio ospedale, non ne sono solo orgogliosi. È un legame importante, costruito nel tempo, fatto di fiducia e reciprocità, qualcosa di molto speciale che sembra attraversare l'intera organizzazione, comprese le strutture meno esposte alla relazione con il paziente, come quella in cui opera la dottoressa Ciarrocchi.
Ciarrocchi – Io sono un biologo molecolare e non… sono nata per fare il ricercatore, ma ad un certo punto è successo. È successo durante il mio percorso scolastico quando ho cominciato, diciamo, a studiare quelli che erano i meccanismi che caratterizzavano la vita delle cellule e quindi la vita degli esseri umani. E ho trovato che dietro quei meccanismi lì, dietro la precisione con cui quelle cose succedevano c'era una grandissima magia che mi sarebbe molto piaciuto andare a scoprire.
C'è una cosa bellissima nel mio lavoro... io mi occupo di biologia molecolare, di genomica funzionale, quindi sostanzialmente copro quel settore della ricerca che si chiama ricerca di base. Ecco, chi fa il mio mestiere ha la fortuna e il privilegio di andare a scoprire cose che ancora non si conoscono, e quindi come tali nel momento in cui la scoperta accade, in un certo senso in quel momento noi siamo gli unici detentori al mondo di una cosa che ancora nessuno sa. E quindi spetta a noi poi veicolarla e raccontarla a tutte le persone.
Altro elemento irrituale è che la dottoressa ci parla di comunicazione, di quanto sia importante abbattere il muro che separa la scienza dalle persone.
Ciarrocchi – Chi come noi abita il laboratorio – e quindi abita un mondo fatto di tecnicismi, un po' perso nei meandri dei meccanismi molecolari – ha la necessità di uscire dal laboratorio e raccontare in maniera efficace qual è la potenza del lavoro che noi svolgiamo. Nel farlo, chiaramente, dobbiamo trovare dei canali di comunicazione alternativi a quelli che fino ad oggi ci sono stati, che hanno invece prodotto, diciamo, la creazione di un muro fra gli scienziati e la comunità. Questo muro va abbattuto perché sostanzialmente dobbiamo essere tutti sulla stessa pagina. Dall'altra, sempre di più questa… questa, diciamo, nostra capacità di raccontarci meglio deve servire ad avvicinare la comunità. E, quindi, comunicando l'importanza del nostro lavoro dobbiamo fare in modo che le persone si assumano la responsabilità di tutelare questo patrimonio, che è un patrimonio che assicura sviluppo ma garantisce anche uno sviluppo che sia equo e sostenibile per tutti. E devo dire che da questo punto di vista Reggio Emilia è una realtà incredibile. È una realtà incredibile perché l'ospedale, tutta l'azienda sanitaria, e quindi anche il nostro istituto di ricerca, è un patrimonio della gente. E questo lo si vede tutti i giorni, lo si vede sicuramente rispetto all'attenzione che la comunità ha sui servizi che l'ospedale e l'istituto eroga e quindi insomma, sull'attenzione che la gente riversa sull'istituto, ma lo si vede anche dalla grandissima partecipazione che i pazienti, le associazioni dei pazienti hanno alla vita dell'ospedale.
È una sorta di trasfusione di entusiasmo quella praticata dalla dottoressa Ciarrocchi all'interlocutore quando lei parla di ciò che le accade nel lavoro.
Ciarrocchi – Rispetto alla meraviglia di questo lavoro, succede – è successo spesso – di rimanere molto emozionati di fronte a una scoperta. E non perché la scoperta fosse particolarmente eclatante, ma semplicemente perché accade che a un certo punto tutti i pezzi del puzzle, che all'inizio ti sembravano completamente sparpagliati, finiscono dentro una stessa figura. E in quel momento lì è come quando si risolve un rebus particolarmente complesso, in cui magari passi delle settimane a cercare di capire come possa essere la soluzione, e poi all'improvviso ti si manifesta non necessariamente nel momento in cui sei più concentrato. Ecco, quando tutte le tesserine del puzzle vanno a posto e soprattutto… queste tesserine si inseriscono nel quadro più grande, che è quello che tutti gli scienziati insieme cooperano a definire, ecco, in quel momento lì c'è una grossa soddisfazione che nasce, secondo me, proprio dall'aver capito qualcosa che non era così ovvio o così scontato.
Alessia Ciarrocchi dirige il Laboratorio di ricerca traslazionale, un campo piuttosto complesso della scienza medica, che lei sa raccontare con parole molto semplici. Sentiamo di cosa si occupa in questo momento.
Ciarrocchi – Soprattutto negli ultimi anni, di quella che io chiamo la dipendenza trascrizionale dei tumori, ovvero il fatto che i tumori hanno bisogno di essere molto veloci nel riorganizzarsi e per farlo si appoggiano a delle proteine che si chiamano fattori di trascrizione. Ecco, proprio ultimamente nel studiare un fattore di trascrizione che studiamo da anni e che è stato caratterizzato per alcune sue funzioni, ci siamo resi conto che in realtà c'era una parte della sua attività che non avevamo capito e che era quella che riguardava in realtà l'aspetto metabolico. E quindi abbiamo dimostrato in quel momento che quando una cellula cambia faccia, lo fa non soltanto proprio strutturalmente, cambiando proprio la sua organizzazione composizione architetturale, la sua composizione molecolare, ma lo fa anche cambiando il modo in cui usa il proprio metabolismo. E… questa è una cosa che ci ha entusiasmato molto.
Il Laboratorio di ricerca traslazionale dell'Irccs di Reggio Emilia è un'unità multifunzionale, leggiamo nella scheda, che si propone di approfondire la conoscenza dei meccanismi molecolari coinvolti nelle patologie oncologiche, a partire dalle informazioni contenute nel genoma delle cellule tumorali. Ma perché è considerato un centro di eccellenza?
Ciarrocchi – L'Istituto di ricerca di Reggio Emilia è un istituto che fa parte della rete d'eccellenza del Ministero della Salute ed è un istituto riconosciuto sullo studio delle patologie oncologiche, in maniera particolare su due aspetti importanti che sono le tecnologie innovative e i percorsi assistenziali. Quindi come tale il nostro istituto in realtà fa ricerca sui tumori in maniera molto diversa. C'è una parte di attività di ricerca che si occupa della ricerca clinica, e quindi è la ricerca che i medici fanno tutti i giorni con i loro pazienti. C'è una ricerca che è quella in cui noi siamo inseriti, che è quella molecolare, che, come dicevo prima, ha l'obiettivo di fare le scoperte nuove, quindi portare nuove evidenze, arrivare a nuovi farmaci, nuovi test diagnostici... e poi c'è una ricerca che è una ricerca definita assistenziale, che è quella che in realtà si occupa di ottimizzare il modo in cui il sistema della sanità pubblica gira intorno al paziente, mettendo il paziente al centro. Perché anche rendere al paziente più semplice accedere alle strutture e fare in modo che sia… che siano i professionisti, diciamo, a girare intorno al paziente, soprattutto per patologie complesse come quella oncologica, è sicuramente un'innovazione di cui i nostri servizi hanno bisogno.
Ottimizzare il modo in cui le strutture sanitarie accompagnano i pazienti più che un tema sembra una vision, un modo di concepire il servizio pubblico, anche quando si fa ricerca di alta complessità.
Ciarrocchi – Io dico sempre che per chi fa il mio mestiere, ovvero quello del ricercatore di base o traslazionale dentro la sanità pubblica, è un momento particolarmente entusiasmante, perché ci stiamo rendendo conto proprio grazie all'avvento delle nuove terapie, ma anche al miglioramento delle conoscenze che abbiamo sulla patologia, di quanto è importante il lavoro che facciamo noi ricercatori di base o traslazionali, nel contribuire, diciamo, al modo in cui le terapie migliorano. Quindi stanno arrivando adesso tantissimi farmaci nuovi – penso a tutta l'innovazione che riguarda i farmaci che colpiscono la relazione fra il tumore e il sistema immunitario – che stanno veramente cambiando i percorsi di tantissimi, tantissimi pazienti. Queste innovazioni qua non ci sarebbero state se non grazie al lavoro che negli anni precedenti i miei colleghi hanno fatto e quindi questo ci, ovviamente, motiva tantissimo nel continuare a… diciamo ad insistere su questo tema. Chiaro che più studiamo, più ci rendiamo conto di come il tumore in realtà sia una malattia molto complessa, che quindi ci richiede un pochino di cambiare i paradigmi con cui fino a oggi l'abbiamo affrontata.
Le problematiche oncologiche appartengono all'esperienza familiare o individuale di ciascuno di noi. Cosa è cambiato rispetto al passato?
Ciarrocchi – Oggi non guardiamo più al tumore come ad una malattia omogenea, ovvero come a un'entità monolitica fatta soltanto da un tipo cellulare o statica nel tempo. In realtà sappiamo oggi che il tumore è un ecosistema complesso che evolve nel tempo, e quindi sostanzialmente le sfide che siamo chiamati ad affrontare in termini di innovazione per i prossimi anni sono proprio lì: nell'essere, nel diventare più furbi del tumore, quindi nell'avere da un lato più opportunità terapeutiche per continuare a seguire questa sua evoluzione, ma dall'altra anche tecnologie – e parlo soprattutto per ciò che mi riguarda ovviamente di tecnologie diagnostiche – che ci permettano di seguire questa evoluzione e di anticiparla.
Quali sono quindi le nuove frontiere?
Ciarrocchi – Sicuramente una delle frontiere su cui stiamo lavorando in maniera più strutturata oggi è tutta l'implementazione della biopsia liquida, che ci permetterà nei prossimi anni di poter appunto avere un monitoraggio molto più efficace della malattia, soprattutto meno invasivo e quindi meno stressante per il paziente.
Che cos'è la sanità pubblica?
Ciarrocchi – La sanità pubblica, a mio avviso, è un bene della comunità e quindi come tale è una responsabilità della comunità. Ma non solo la sanità pubblica è un bene della comunità, è una responsabilità della comunità, ma anche la ricerca pubblica. È un bene della comunità, e come tale la comunità deve farsene carico.
Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.