Episodio 10 | Gianni Casella – Cardiologia
Viviamo compressi tra esigenze che alimentano l'ansia e l'aggressività, ci impediscono di stare all'aria aperta, di mangiare bene e di avere cura del nostro corpo. Tutto questo fa male al cuore, lo sappiamo: non a caso le cardiopatie sono la prima causa di morte nel mondo e i pazienti continuano ad essere in crescita. Si dice che per curare il cuore bisognerebbe prima di tutto riparare le nostre società e le nostre menti. Un compito non facile da realizzare, tantomeno in tempi brevi. Nel frattempo, contiamo su chi ripara i cuori negli ospedali e ce la fa, anche quando tutto sembra ormai perduto. Come il professor Gianni Casella, alla guida dell'Unità operativa complessa di Cardiologia dell'Ospedale Maggiore. Un'eccellenza al servizio non solo dei bolognesi, ma di tutti i cittadini con problematiche cardiache, dalle comuni alle più complesse, con all'attivo un'intensa attività di interventistica in emergenza e un costante impegno per la prevenzione.
Trascrizione
Specialmente Pubblici Episodio 10 | Gianni Casella – Cardiologia
Ci ammaliamo di cuore perché viviamo compressi tra esigenze che restringono i nostri tempi, alimentano l'ansia e l'aggressività, ci impediscono di mangiare bene, di avere cura del nostro corpo, di stare all'aria aperta. È la tesi del cardiologo di origine indiana autore del best seller “Il cuore, una storia” Sandeep Jauhar, che affianca l'attività medica a quella di editorialista. Da cardiologo umanista afferma che non è possibile isolare il cuore dal resto del corpo, e soprattutto dal cervello e dalla mente. Per curare il cuore, dice, dobbiamo riparare le nostre società e le nostre menti. I numeri sono dalla sua parte: i pazienti continuano ad essere in crescita, e le cardiopatie sono ancora la prima causa di morte nel mondo. Tuttavia, in attesa che si trovi un rimedio per le nostre società, contiamo su chi ripara i cuori negli ospedali. E ce la fa, anche quando tutto sembra ormai perduto.
Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo in avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.
Gianni Casella, direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna – Abbiamo molta esperienza anche nel trattamento delle aritmie più complesse, ci sono delle persone che arrivano in ospedale con una tempesta di aritmie potenzialmente mortali che riusciamo in qualche modo a frenare e a controllare sottoponendoli ad ablazione, per questo siamo un centro di riferimento non solo per la città di Bologna, ma anche per le zone circostanti.
Oggi incontriamo il professor Gianni Casella. dal 2019 alla guida dell'Unità operativa complessa di Cardiologia dell'Ospedale Maggiore. Un'eccellenza al servizio non solo dei bolognesi, ma di tutti i cittadini con problematiche cardiache, dalle comuni alle più complesse, con all'attivo un'intensa attività di interventistica in emergenza, e un costante impegno per la prevenzione.
Casella – Perché la nostra cardiologia del Maggiore è un centro di eccellenza a Bologna? Beh, sicuramente è una cardiologia che è ben integrata nella rete delle patologie cardiologiche acute e tempo-dipendenti per i quali noi siamo riferimento di tutta l'area metropolitana, e anche in altre patologie molto importanti cardiache che un tempo ci facevano veramente paura, come le aritmie gravi, lo shock cardiogeno e anche gli esiti dell'arresto cardiaco. Sono patologie per le quali noi abbiamo una forte attitudine, che nasce poi dall'attitudine dell'Ospedale Maggiore stesso, un ospedale che è l'hub dell'emergenza di tutta l'area metropolitana di Bologna, e che è abituato a lavorare con colleghi diversi, con una forte multidisciplinarietà e uno spirito di corpo.
Facciamo un passo indietro. Raccontiamo la sua storia professionale, partendo dall'inizio del percorso di carriera. Cosa ha fatto la differenza, e come si arriva a dirigere un reparto così importante?
Casella – Chi lavora in questi posti deve aver fatto un percorso di formazione veramente molto importante. Se penso al mio, il mio ormai che sono vecchio della materia, nasce dagli anni '80 con il professor Magnani qui alla Scuola di specialità di Bologna. Poi l'abbiamo approfondito con dei periodi di addestramento, sia a Chicago che a Indianapolis, e poi in modo più importante, soprattutto per la cardiologia interventistica, a Monaco di Baviera, in Germania, dove ho avuto una possibilità di perfezionarmi. Però quella che è la caratteristica della nostra specializzazione è che non c'è un giorno buono se tu quel giorno lì non hai imparato qualche cosa di nuovo. I miei mentori reali nella mia storia sono stati sicuramente il professor Bracchetti, che negli anni '70 ha gestito la cardiologia e che mi ha permesso poi di diventare prima un cardiologo interventista, poi un cardiologo intensivista, poi soprattutto il dottor Di Pasquale, che ci ha dato un'enorme visibilità e ha fatto crescere in modo consistente la nostra cardiologia; però non posso dimenticare due figure, una alla quale sono legato con grande affetto perché è stato un cardiologo senior, che io ho seguito fino dal mio primo momento di lavoro negli anni '90, che è il dottor Pavesi, che mi ha insegnato un approccio alla medicina molto importante, e poi sicuramente il mio mentore in Germania, il professor Mudra, che 30 anni fa mi ha dato dei consigli che tutt'oggi mi rimangono in mente.
Le malattie cardiovascolari comprendono sia quelle ischemiche del cuore – come l'infarto del miocardio e l'angina pectoris – sia quelle cerebrovascolari come l'ictus. Anche in Italia rappresentano le principali cause di invalidità e mortalità.
Casella – Per una persona come me, che ormai è dentro questo lavoro da più di 35 anni, è stato veramente una rivoluzione vedere l'evoluzione che ha fatto la cardiologia in questi tempi. Io sono partito in tempi in cui il trattamento della cardiopatia era quasi compassionevoli, oppure era semplicemente limitato alla diagnosi delle valvulopatie. Eravamo disarmati di fronte all'infarto, che creava veramente una ampia serie di lutti e anche di debilitazione del paziente. Oggi la mortalità dell'infarto è solamente il 4%. A un paziente che ha un dolore toracico basta veramente chiamare il 118, da qualsiasi parte si trovi, e qualcuno arriverà, potrà fare la diagnosi sul campo con l’elettrocardiogramma e salvarlo dalle aritmie che portano spesso morte nei primi momenti.
Per farci capire come si lavora oggi in cardiologia al Maggiore, ci spieghi una cosa che ho letto: è vero che impiantate le valvole aortiche in anestesia locale?
Casella – Vedere queste persone anziane che magari arrivano in uno stato di forte malessere, fanno fatica a respirare, hanno scompenso; gli si impianta questa valvola con un intervento che a volte è di meno di un'ora di tempo, vedere che poi il giorno successivo sono in piedi, possono andare a casa, riprendono una vita normale, questa è una cosa che mi ha dato veramente entusiasmo e mi dà stimolo anche pensare che in futuro ci possono essere delle cose nuove per la nostra cardiologia, che ci fanno crescere.
Parliamo subito di futuro: un'amica cardiologa mi dice di non avere nessun desiderio di ritirarsi e di lasciare l'ospedale perché teme di perdersi qualcosa, dice. Tante sono le novità che attraversano i reparti di cardiologia quasi ogni giorno.
Casella – Beh, il futuro della cardiologia è già scritto, è un futuro dietro l'angolo molto roseo perché abbiamo da affrontare temi legati alla genetica. Probabilmente riusciremo ad avere dei trattamenti ancora più individualizzati che riescono proprio ad entrare nel meccanismo della malattia. Pensiamo anche ai nuovi farmaci per il colesterolo che si danno per via iniettiva, probabilmente saranno dei farmaci che riescono ad interferire realmente con il processo dell'aterosclerosi, delle incrostazioni che si formano nei vasi del sangue. Per quello che riguarda noi, a noi servono spazi, a noi serve mantenere sempre un aggiornamento tecnologico adeguato, ma soprattutto ci serve capitale umano. Capitale umano che deve essere fatto di persone che vivono il loro lavoro con entusiasmo, che lo vivono con curiosità e anche con l'umiltà di avere il coraggio di imparare tutti i giorni.
Le malattie cardiovascolari sono indicate tra quelle che si potrebbero prevenire perché in molti casi, accanto a fattori di rischio non modificabili, come età, sesso e familiarità, ce ne sono molti su cui si potrebbe intervenire cambiando comportamenti e stili di vita.
Casella – La cardiologia oggi è forse la disciplina che ha più possibilità terapeutiche, che spaziano dall'agire sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari, molto spesso anche in modo molto semplice… perché noi non dobbiamo pensare che si fa prevenzione con una tecnologia molto costosa: basta il più delle volte semplicemente misurarsi il giro-vita per essere sicuri di non essere obesi, avere una bilancia per pesarsi... Basta misurare la pressione, pochi esami del sangue che ci inducono poi, nel caso ci siano dei problemi, a seguire una dieta attenta, rigorosa e anche iniziare un'attività fisica o smettere di fumare, se lo facciamo. Già in questo modo noi riusciamo a ridurre del 70-80% il rischio di avere degli infarti o delle altre malattie che riguardano le arterie coronariche molto importanti.
La cardiologia non è solamente prevenzione, ma è anche diagnosi. Oggi in questo campo è possibile fare diagnosi molto approfondite in modo non invasivo. E anche questo è un cambiamento straordinario.
Casella – C'è stata un'enorme evoluzione dell'ecocardiografia. Abbiamo Tac, risonanza magnetica, che usiamo. Addirittura usiamo molto spesso la genetica. Abbiamo tanti altri modi di valutare le persone anche entrando all'interno del corpo. Abbiamo degli strumenti che ci consentono di fare veramente un viaggio virtuale all'interno delle coronarie, delle cavità cardiache, per poi offrire i trattamenti migliori che ci sono. Per le persone che hanno il batticuore, riusciamo a studiare tutto all'interno del cuore e capire dove sono i punti elettrici che non funzionano bene, e poi addirittura ad intervenire. Riusciamo oggigiorno anche a fare trattamenti che ormai arrivano – pur con livelli di mini-invasività – a raggiungere dei risultati molto simili a quelli dei chirurghi. Pensate che l'intervento di bypass oggigiorno è diventato sempre più raro perché sempre più frequentemente riusciamo ad allargare le coronarie con un palloncino posizionando uno stent che le tiene aperte. O pensate, per esempio, alle persone anziane in cui molte volte riusciamo ad eseguire un intervento di sostituzione della valvola senza aprire il torace, ma semplicemente con un paziente sveglio in anestesia locale, che con un intervento di poco più di un'ora e mezza riesce a risolvere il suo problema. Per patologie come queste, molto esposte alle abitudini e alle scelte di vita, il follow-up è decisivo quanto l'accuratezza dell'intervento compiuto in fase acuta.
Casella – La cardiologia è anche seguire le persone nel tempo, perché queste malattie, che un tempo erano acute e devastanti, sono diventate più tranquille nella fase acuta, salvo i casi decisamente più gravi. Cronicamente noi siamo in grado seguendo le persone, insegnando stili di vita adeguati e utilizzando dei farmaci che sono diventati sempre più potenti, ma nello stesso tempo anche tollerabili – al contrario di farmaci che si prendono per altre patologie – riusciamo veramente a ritardare moltissimo l’evoluzione della malattia ed evitare che ci siano delle nuove ricadute.
Quando si tratta di patologie importanti o di attività fisiche intense, il consulto cardiologico è una costante, specie se il paziente non è più giovane.
Casella – La cardiologia però è anche interfaccia con altre specialità, cioè oggigiorno la cardiologia ha tante decine di altre sotto-specialità che sono diventate importanti. Pensiamo, per esempio, ai rapporti della cardiologia dello sport. Tanti sportivi, tante persone che fanno sport, hanno magari qualche vizio cardiaco che riusciamo delle volte a individuare precocemente prima che ci siano dei problemi, oppure a trattarlo per consentire alla gente di far sport. Pensiamo ai pazienti che hanno neoplasie: un tempo il problema cardiologico non veniva neanche pensato, però oggigiorno, visto che queste persone spesso sopravvivono a lungo, si è sviluppata proprio una branca della cardiologia che va ad affrontare questo problema.
Fino ad oggi in divulgazione si è parlato poco delle possibili ripercussioni delle chemioterapie sul cuore, ma le linee guida indicano che quando si è di fronte a un paziente oncologico è obbligatorio utilizzare le nuove metodiche di studio della funzione cardiaca. Quindi si fa presto a dire cardiologia: potremmo parlare di cardiologie, perché le sotto-specialità in realtà sono tantissime.
Casella – Poi ci sono le cardiopatie del bambino… ci sono mille altre branche che rendono questo lavoro veramente appassionante e danno a noi specialisti la possibilità di avere ambiti di competenza molto importanti. La cardiologia è anche cardiologia intensiva: ci sono delle persone che hanno delle cardiopatie gravi che possono esporli a rischi importanti che vanno monitorizzate, vanno trattate in situazioni, in luoghi che sono molto simili a una rianimazione, e dagli anni '60 esistono le terapie intensive cardiologiche, che soprattutto negli ospedali grandi come il mio hanno comunque delle capacità di trattamento molto importanti, con dei sistemi di assistenza ventricolare o quant'altro per supportare anche l'organo cardiaco quando è molto disfunzionante.
Considerate tutte le articolazioni di cui abbiamo parlato: cosa significa nel caso dell'Unità complessa del Maggiore affiancare all'attività clinica la ricerca?
Casella – Una cardiologia della nostra importanza, pur essendo una cardiologia ospedaliera, deve avere però un'attitudine anche alla ricerca e alla formazione molto importante, perché queste garantiscono un processo di crescita di tutte le persone che ci lavorano dentro. Noi abbiamo un'attività di ricerca molto intensa, siamo coinvolti nei più grossi studi internazionali, alcuni li abbiamo disegnati anche noi… e questo sicuramente rende possibile un coinvolgimento dei giovani, che poi vediamo con gli specializzandi che abbiamo dall'Università di Ferrara o da quella di Bologna in largo numero. I giovani sono lo stimolo per noi che siamo più adulti a cercare di trovare ogni giorno una soluzione migliore e anche un'attitudine formativa nei loro confronti. E questo è decisamente molto importante per la nostra crescita.
Cos'è la sanità pubblica nella sua esperienza?
Casella – Io posso imparare dalle persone più giovani come le più giovani possono imparare da me. Questo è un meccanismo virtuoso che ci fa crescere e che secondo me è applicabile soprattutto in un modello di sanità pubblica, perché la sanità pubblica – per chi soprattutto come me ha visto anche altri modelli che vanno in un senso assolutamente diverso – è una sanità che è universalistica, è ugualitaria ed è una sanità che riesce ad occuparsi dei problemi delle persone a tutto tondo, dalla prevenzione, alle acuzie, alla cronicità… e cerca in qualche modo di perseguire almeno un modello di medicina che avrebbe la velleità di risolvere i problemi, non semplicemente di erogare delle prestazioni che a volte non possono, diciamo, rispondere alle reali esigenze cliniche dei pazienti.
Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.