Episodio 17 | Stefano Luminari – Ematologia
“Tutto il personale partecipava alle riunioni, dal barelliere al chirurgo. Ognuno di noi sapeva cosa fare, a cosa serviva quel gesto e quell’operazione, il perché di un’attesa, la necessità della puntualità. Così si lavorava al S. Maria Nuova”. Sono le parole di un testimone casuale, non di un professionista della salute, e viene da chiedersi se quell’ospedale fosse davvero così o se il tempo e le narrazioni ne abbiano trasfigurato il ricordo. Ne abbiamo parlato con il professor Stefano Luminari, oggi a capo della Struttura complessa di ematologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, uno dei luoghi della salute più amati e apprezzati da medici, pazienti e cittadini. Con lui affrontiamo un tema cruciale, di cui non si parla mai abbastanza: l’organizzazione sanitaria. Nella classifica di Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, l’Asl di Reggio Emilia si posiziona al top per le migliori performance manageriali sul fronte della prevenzione, ed è solo l’ultimo dei tanti riconoscimenti ricevuti dalla sanità pubblica di questo territorio. Cosa fa di una struttura sanitaria pubblica un’eccellenza anche sul piano dell’organizzazione? Qualità dei professionisti, capacità di lavorare assieme, umanità, rispetto, ascolto e multidisciplinarietà sono le parole chiave, unite a una grande passione per la ricerca.
Trascrizione
Specialmente Pubblici
Episodio 17 | Stefano Luminari – Ematologia
Siamo sempre a Reggio Emilia, dove di sera ci siamo imbattuti in un musicista performer che ci ha raccontato di quando, per una serie di circostanze personali, in una fase ormai lontana dalla sua vita, si guadagnò da vivere facendo il barelliere. Un'esperienza che non ha mai dimenticato, perché l'organizzazione in cui è stato immerso, quasi invisibile ai pazienti, era molto chiara nel suo disegno a tutti gli operatori, dal primario al chirurgo, dalla caposala all'infermiere, al barelliere, fino all'addetto alle pulizie. Quell'ospedale era davvero così o il tempo e le narrazioni ne hanno trasfigurato il ricordo?
Specialmente Pubblici è la seconda serie del podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna per rafforzare la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale e quello regionale sono un patrimonio collettivo di grandissimo valore. Un patrimonio fatto di specializzazioni, di équipe e persone che si distinguono anche per riconoscimenti conseguiti in Italia e all'estero. Donne e uomini che hanno scelto di compiere ogni giorno un passo in avanti per continuare a garantire le migliori cure a tutti, nessuno escluso.
“Tutto il personale partecipava alle riunioni”, dice il musicista, “e ognuno di noi sapeva cosa fare, a cosa serviva quel gesto e quell'operazione, il perché in un'attesa, la necessità della puntualità”. E pare che ancora oggi in quella struttura sia così. Stiamo parlando dell'Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, uno dei più amati e apprezzati da medici, pazienti e cittadini. Per affrontare un tema cruciale ma poco frequentato – l'organizzazione – ci affidiamo al professor Stefano Luminari, a capo della struttura complessa di Ematologia dell'Arcispedale reggiano.
Stefano Luminari, capo della struttura complessa di Ematologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia – Il sistema che vince non è il sistema che ha solo i professionisti migliori, ma il sistema che ha la migliore organizzazione. Credo che tanti dei problemi che abbiamo oggi in Italia siano soprattutto dovuti a mancanza di organizzazione, mancanza di equilibro tra le diverse parti. E questa è una sfida che credo sia importante considerare per il futuro. E devo dire che a Reggio Emilia ho trovato un buon sistema di organizzazione, che credo sia uno degli aspetti più importanti, che danno proprio profondità alla qualità dell'assistenza che si dà e che identifica Reggio Emilia per essere… una realtà unica nel suo genere, e capace di esprimere la ricerca, l'attività dei professionisti e di farli lavorare bene.
Il professor Luminari è arrivato all'ospedale di Reggio Emilia quasi 10 anni fa, e si divide tra aula universitaria e reparto, situato al secondo piano del Core.
Luminari – Sono docente universitario, ematologo, dal 2015 in forza all'Ematologia dell'IRCCS di Reggio Emilia, dove sono approdato dopo un periodo di formazione precedente che mi ha visto formarmi e laurearmi a Milano, e poi dal 2001 lavorare in università a Modena, al Centro oncologico Modenese, e con una breve esperienza all'estero fatta a Chicago, dove ho avuto la possibilità di imparare tantissimo, soprattutto apprendere la modalità unica che hanno negli Stati Uniti per gestire i problemi, quindi organizzazione, che è un tema e una parola che ritorna spesso nella mia visione del problema sanità, perché da professionista che lavora al letto del paziente, con il paziente davanti, sapere che se hai bisogno di qualcosa, la trovi…
La parola chiave è ancora oggi “organizzazione”, e la conferma, questa volta, viene da un voce piuttosto autorevole: il professor Luminari è ordinario di Oncologia medica presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Luminari – L'organizzazione è una delle caratteristiche che rende speciale la struttura in cui lavoro, cui si unisce, ovviamente, l'eccellente qualità dei professionisti… e la capacità dei professionisti di lavorare insieme. Aspetto che non può esistere se non c'è il rispetto tra i professionisti; e questo non è una cosa che avviene in maniera gratuita. Il rispetto va conquistato, va meritato, non te lo regalano il rispetto solo perché hai un grado in più del tuo vicino, e quindi il vicino o il collega ti deve ascoltare. È una profondità di una serie di rapporti umani tra i professionisti che lavorano nella struttura, che rende l'ospedale, la struttura, assolutamente unica nel suo genere. Non perfetta, perché comunque ogni cosa è migliorabile, si può continuare nel percorso, è difficile da mantenere, ma a mio avviso è un aspetto sicuramente da coltivare e da mantenere cercando di fargli esprimere il massimo delle potenzialità.
Oltre a professionalità, rispetto, ascolto, umanità – aspetti su cui si fonda l'organizzazione dell'ospedale pubblico di Reggio Emilia – c'è un altro termine chiave che il professore sottolinea.
Luminari – L'altra parola segreta che descrive l’eccellenza di Reggio Emilia è la multidisciplinarità. Il confronto tra colleghi che trova dei momenti formali, ufficiali, nelle riunioni multidisciplinari in cui il medico nucleare si confronta con il clinico oncologo, l'ematologo, con l'anatomopatologo, con l'esperto di laboratorio, e in cui tutti insieme si discute del bene del paziente, di quello che sta succedendo al singolo caso che si sta valutando per cercare di trovare una soluzione comune, dove non esiste la presunzione del singolo di imporre un trattamento e di poi andare in autonomia, ma le decisioni sono sempre collegiali. Io credo che funzioni molto bene.
Lei ha scelto l'ematologia. Perché? Cosa ha trovato interessante in questa specializzazione?
Luminari – L'ematologia è una disciplina affascinante. Forse avevo intuito, quando stavo scegliendo la mia disciplina di vita, che le malattie oncologiche avevano vita breve… perché era possibile curare la malattia oncologica. E… nelle varie malattie oncologiche – ripeto, erano gli anni '90, '95, '96. Nelle malattie oncologiche l'ematologia era la prima che stava dimostrando di potere guarire un tumore. Parliamo delle leucemie, che sono state le prime malattie che si è riusciti in qualche modo a trattare e curare coi farmaci. Poi sono arrivati linfomi, di cui ancora mi occupo, che hanno avuto un altro, un grande successo terapeutico grazie ai farmaci, quindi curare le malattie oncologiche coi farmaci, con l'ingegno, con la tecnologia, che non è una tecnologia chirurgica ma che è una tecnologia di terapie farmacologiche. E secondo me ci ho visto bene, perché alla fine in questi 30 anni l'evoluzione terapeutica delle malattie di cui mi occupo, i linfomi, è stata enorme. Passiamo da sopravvivenze di malattie che 30 anni fa non guarivano in nessun caso, che oggi sono malattie che guariscono quasi nel 100% dei casi. E anche l'oncologia solida, i tumori solidi che sono l'altra parte della malattia oncologica, oltre all'ematologia oncologica, con un po' più di affanno, con un po' più di ritardo.
Lei è nato in questa regione, ma ha studiato altrove e ha lavorato all'estero, ma poi è tornato e ha scelto l'Emilia. Perché? È vero ciò che si dice, che questa regione è migliore di altre dal punto di vista sanitario?
Luminari – Credo che l'Emilia-Romagna, in tutto questo abbia, rispetto alle altre regioni italiane, qualcosa in più che la rende... mette in vantaggio rispetto alle altre realtà. Pensiamo a regioni vicine, in cui ci sono tante risorse e con le risorse economiche si costruiscono grandi ospedali che centralizzano tutto, ma che rimangono a volte grandi ospedali… non voglio esagerare col termine, però in un deserto di sanità pubblica dove riescono a fare tanto, però consumano tanta, tanta energia. Il sistema Emilia-Romagna è un sistema invece, a mio avviso, vincente, se vogliamo, da questo punto di vista, perché riesce a realizzare tanto – i prodotti della ricerca, l'evoluzione terapeutica di ricerca in ambito oncologico, oncoematologico, in Emilia-Romagna sono validi, sono riconosciuti in tutto il mondo – con un impegno più diffuso. È una rete di ospedali, di aziende che lavorano, a mio avviso ben governati da un sistema centrale che comunque riesce a distribuire le risorse, con un ottimo investimento tecnologico.
Nella classifica di Agenas – Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – l'Asl di Reggio Emilia si posiziona al top per le migliori performance manageriali sul fronte della prevenzione. Ed è solo l'ultimo dei tanti riconoscimenti ricevuti dalla sanità pubblica di questo territorio. Non possiamo elencarli tutti. Le chiediamo però cosa fa di una struttura sanitaria pubblica un'eccellenza? Ci può fare qualche ad esempio?
Luminari – Non esiste una formula segreta per capire come avere successo dal punto di vista dell'organizzazione della sanità e delle terapie in un ambito come l'oncologia. È un insieme di elementi che riguardano i professionisti, l'organizzazione, le risorse che si mettono in campo e anche la dimensione della realtà che si va a gestire e la possibilità all'interno di una realtà che le diverse parti comunichino tra di loro. Banalmente una cosa molto semplice è la gestione della cartella clinica, o la informatizzazione dei referti – il fascicolo sanitario elettronico – il concetto di cui un individuo si porta dietro tutto il suo dossier diagnostico e terapeutico. Ecco, questo noi in Emilia-Romagna ce l'abbiamo da tanto, siamo cresciuti con questo sistema. A Reggio Emilia io dal mio computer ho il controllo di tutti gli esami che vengono fatti dal paziente, anche se non vengono fatti nel mio ospedale.
La storia dettagliata del paziente e il suo percorso clinico a disposizione di tutti gli operatori sanitari. Per chi risiede in Emilia-Romagna è un dato ormai acquisito, ma in tante regioni non è così.
Luminari – Questo è un aspetto importante dal punto di vista dell'assistenza, perché non ho il paziente che gira coi dischetti, coi referti, le vecchie lastre che andavano, che poi si perdevano, non erano replicabili, non erano riproducibili, ma anche un grande vantaggio per la ricerca, perché se io voglio analizzare una casistica di pazienti con certe caratteristiche, non dico che schiaccio un bottone e ho tutto lì ma il concetto è quello. Io posso usufruire – nel rispetto ovviamente delle norme, della privacy e della gestione della ricerca clinica – di tutto il materiale diagnostico e i dati che ho, che un paziente ha con sé, porta con sé, che sono costruiti con il suo percorso clinico per analizzare delle casistiche e da quelle casistiche trarre delle informazioni utili per l'avanzamento delle conoscenze.
La trasmissione del vostro sapere ha l’attenzione delle nuove generazioni o i ragazzi si rivolgono ad altre specializzazioni della medicina?
Luminari – La domanda sulle nuove generazioni è una domanda che sarà la sfida dei prossimi anni. Non solo abbiamo meno giovani di una volta, con la denatalità cominciamo a registrare meno ragazzi che sono poi la forza lavoro, la forza che va a popolare le posizioni, ma abbiamo maggiore offerta e proposte di professioni che magari apparentemente sono più facili, sembrano più accessibili, sono più remunerative e presentano meno problemi di quelli che vengono visti se uno va a immaginare il lavoro del medico. Non parliamo di ricercatore, parliamo del medico.
Denatalità, crisi di vocazione, ricerca di professioni meno complesse. Tanti suoi colleghi di diverse specializzazioni condividono queste preoccupazioni, che sembrano essere presenti quanto quelle legate alla scarsità di risorse economiche destinate alla sanità.
Luminari – Il problema è che ci servono medici di tutte le discipline. Oggi le discipline che fanno fare i turni in ospedale, che ti fanno prendere delle grandi responsabilità, sono in qualche modo messe in secondo piano, seconda scelta. Vivere in ospedale è più vissuto come una missione. Il ragazzo di oggi dice “ma chi me lo fa fare, di fare questa scelta che è una scelta di vita con tanti sacrifici?”.
Sacrificio è una parola ormai desueta in tanti ambiti, talvolta addirittura contestata, come se l'impegno assiduo, la tenacia, la lotta per conquistare un frammento di conoscenza non valessero lo scopo.
Luminari – Posso dire che vivendo in quella realtà i sacrifici che si fanno per vivere la professione vengono ampiamente ripagati. Però ci vuole un po' di... ci vuole una scintilla che ti scatti, che ti fa prendere quella strada, che ti fa affrontare i sacrifici per un obiettivo superiore che è quello di comunque lavorare per contribuire alla salute dei pazienti e della comunità.
Sono i valori su cui si fonda il giuramento di Ippocrate, ma anche l'articolo 32 della nostra Costituzione. Valori che oggi occupano uno spazio molto diverso nell'immaginario sociale rispetto al passato. Diciamo che non sembrano essere più tanto popolari.
Luminari –Mi sono laureato nel '96, specializzato nel 2001; il mio primo posto di lavoro con un contratto a tempo indeterminato l'ho avuto dopo sette, otto anni. C'era però la ricerca, c'era l'obiettivo, per arrivare a quell'obiettivo, arrivare a quel lavoro che ti faceva stare lì, ti faceva anche fare di più di quello che ti veniva richiesto per distinguerti, per crescere, per essere poi in grado di affrontare quel tipo di percorso. Oggi i ragazzi che si specializzano, i nuovi medici che si specializzano, vengono assunti praticamente entro l'anno dalla specialità, che va molto bene, perché comunque dare la possibilità di un lavoro di un certo tipo a un giovane, il neolaureato o specialista è importante, però il sistema dovrebbe essere in grado di motivare le persone, mantenerle motivate e farli esprimere. Non inserirle semplicemente in un sistema sanitario che ti mette subito di fronte alle responsabilità, ma continuare a farlo crescere col percorso che non si ferma lì dove sei arrivato quando sei stato assunto, ma che ti deve seguire per i 30 anni di attività alternativa che farai.
Altro tema cruciale è quello della ricerca. Se ne parla molto, mai abbastanza. Continua a sembrare lontano dalla quotidianità dei cittadini, ma non è così. Dobbiamo comprenderlo e farlo comprendere.
Luminari – Fare ricerca significa vedere il futuro, intravedere le nuove opportunità, vederle con anticipo e cercare di essere pronti nel momento in cui la sfida ti offre le risorse e le possibilità di applicarle, tu hai già fatto il passettino. Ed è quello che stiamo facendo un pochettino a Reggio Emilia: cercare di capire quelle che sono le tecnologie che diventeranno leader e guida tra qualche anno, lavorare su queste tecnologie adesso che le tecnologie non sono ancora disponibili ma che siamo in una fase di sviluppo, per essere pronti tra qualche anno, quando gruppi più importanti di noi magari riusciranno a implementarle, a portarle alla clinica, essere pronti a utilizzarle già dal giorno dopo per i nostri pazienti. E su questo faccio riferimento alle grandi sfide della biologia molecolare. Si va sempre di più verso un percorso di diagnostica poco invasiva, mini invasiva o per nulla invasiva… il concetto della biopsia liquida, in cui le informazioni sulla malattia oncologica vengono recuperate da un prelievo di sangue, invece che fare la biopsia, mandare dal chirurgo, tagliare e cucire.
Ora c'è un nuovo elemento dirompente, un'opportunità irresistibile: l'intelligenza artificiale.
Luminari – Noi produciamo dati che non sappiamo neanche che stiamo producendo con tutti gli esami che facciamo. Applicare l'intelligenza artificiale a questa mole di dati che, devo dire, fortunatamente in un istituto come il nostro, abbiamo raccolto e digitalizzato ormai da più di 10 anni, ci dà un vantaggio incredibile perché possiamo essere… possiamo guidare il percorso di trasformazione tecnologica che stiamo vivendo ed essere pronti poi, tra qualche anno, quando questi protocolli verranno poi portati alla clinica, essere noi a insegnare agli altri a come si usano, come si devono gestire nel migliore dei modi. Quindi governare il cambiamento sfruttando la ricerca per essere più bravi a fare assistenza tra qualche anno.
Professor Luminari, come sempre, anche a lei chiediamo cos'è la sanità pubblica.
Luminari – Riuscire a gestire le grandissime opportunità terapeutiche che abbiamo oggi, che hanno dei costi strabilianti, senza… utilizzando le poche risorse che abbiamo, significa poi trovare il modo migliore per organizzare, per gestire tutto il complesso sistema della sanità, per far sì che quelle risorse arrivino al letto del malato. Questo non è qualcosa che avverrà, ma è qualcosa che già sta avvenendo. La spesa oncologica è cresciuta tantissimo. In paesi senza sanità pubblica questo si traduce in famiglie, pazienti che si indebitano e alla fine devono rinunciare a fare le cure per permettersi… perché non si possono più permettere i costi esorbitanti di quelle terapie. E non si è mai visto un sistema di sanità privata in cui i costi dei farmaci vanno verso una riduzione. La sanità pubblica significa invece dare quei farmaci, e noi li diamo quei farmaci.
Specialmente Pubblici è un podcast prodotto da Regione Emilia-Romagna. Direzione artistica e voce narrante sono di Mimma Nocelli. Il progetto editoriale è di Homina Comunicazione. Postproduzione e sound design sono di Fonoprint.