I livelli metropolitani intermedi dinanzi agli indirizzi politici europei per le città sostenibili / Fulvio Leonzio
Numero 1 2025 • ANNO XLVI
Assegnista di ricerca in Diritto costituzionale e pubblico, Università di Torino
Il crescente interesse dell’Unione europea per le città sostenibili
L’attenzione delle istituzioni europee nei confronti delle aree urbane ha origini lontane. È noto che le città sono sempre state alla guida dello sviluppo economico del territorio europeo, quali luoghi generatori di benessere economico, di innovazione tecnologica, di condivisione di idee. Non è però men vero che i contesti urbani e periurbani si contraddistinguono per la presenza di forti diseguaglianze sociali, emblematicamente testimoniate da alti tassi di povertà, emarginazione sociale, fenomeni criminosi[1]. Nella modernità, la contraddittorietà dei territori urbani sembra persino accentuarsi: da un lato, si assiste sempre più al fenomeno dello spopolamento delle aree interne a vantaggio delle città; dall’altro lato, le aree urbane sono tra le maggiori vittime del cambiamento climatico, se si pensa agli alti livelli di inquinamento atmosferico; al consumo di suolo spesso incontrollato; al fenomeno delle ondate di calore; agli eventi metereologici catastrofici, solo per citare alcuni esempi. In questo contesto, non sorprende osservare che, per quanto i Trattati non attribuiscano alcuna competenza all’Unione in tema di politiche urbane[2], il dibattito a livello europeo sulla vivibilità e sostenibilità delle città si sia progressivamente fatto strada[3].
In particolare, la consapevolezza del collegamento tra qualità della vita dei cittadini europei e vivibilità dei contesti urbani ha generato un dibattito interistituzionale particolarmente prolifico, il cui esito è rappresentato dall’adozione di numerose comunicazioni ed accordi dedicati alle varie declinazioni dello sviluppo urbano sostenibile[4]. Per quanto si tratta di atti di natura non vincolante, la ciclica riproposizione della problematica urbana, nella sua declinazione ambientale, sociale, ed economica, ha portato gli osservatori ad identificare un vero e proprio metodo di lavoro sulle politiche urbane, definito ambiziosamente Acquis Urbano europeo. Tale metodologia si basa su: un sistema di valutazione comune dello stato dei territori urbani all’interno dell’Unione; il lancio di strumenti di finanziamento innovativi di tipo place-based; il diretto coinvolgimento delle autorità locali attraverso lo stimolo alla creazione di reti di città; la ricerca di una gestione multilivello del fenomeno urbano[5].
Un primo punto di arrivo di particolare significato è rappresentato dall’adozione – da parte dei Ministri responsabili per le questioni urbane e territoriali, nell’ambito di riunioni informali presso il Consiglio – del Patto di Amsterdam nel 2016, meglio noto come Agenda urbana europea[6]. L’obiettivo dell’Agenda è la definizione di una strategia politica europea dedicata allo sviluppo sostenibile delle città, che sia in grado di indirizzare il tessuto urbano attraverso la definizione di alti standard comuni di tutela dell’ambiente e di coesione sociale. Sotto la guida di tre pilastri fondamentali – Better Regulation, Better Knowledge e Better Funding –, l’Agenda punta un faro sul potenziale delle politiche integrate e multilivello. È infatti proprio nella ricerca di una maggiore coinvolgimento degli attori locali – istituzionali e non – che si rinviene la chiave di volta per contrastare le criticità sociali ed ambientali che sempre più interessano le città. Tale dialogo deve essere rafforzato sia al momento della definizione delle politiche europee che abbiano potenziali impatti significativi sui territori urbani; sia in fase di implementazione delle politiche stesse. In questo senso, è poi di interesse la necessità di considerare lo sviluppo di aree urbane di tutte le dimensioni per un futuro dell’Unione più sostenibile, nella consapevolezza che un numero crescente di sfide urbane sono di natura locale, ma richiedono di essere affrontate anche ad una scala territoriale più ampia, che tenga conto degli stretti rapporti che intercorrono tra le aree urbane e quelle rurali.
Più di recente, in linea con il Goal 11 dell’Agenda ONU 2030 – make cities and human settlements inclusive, safe, resilient and sustainable e la scelta di campo della stessa Unione europea per la tutela dell’ambiente, la neutralità climatica e il contrasto al cambiamento climatico[7], i Ministri adottano, nella medesima sede delle riunioni informali del Consiglio, la Nuova Carta di Lipsia dedicata al potere trasformativo delle città[8]. La Carta individua tre dimensioni fondamentali verso le quali i territori devono orientarsi: la città giusta, da intendersi come la comunità in grado di evolvere verso l’inclusività e la coesione sociale; la città verde, capace di contribuire attivamente alla riduzione del consumo delle risorse ambientali e alla neutralità climatica; la città produttiva, promotrice della transizione del sistema economico verso la digitalizzazione, la sostenibilità e l’aumento delle opportunità. Tra i contenuti più significativi, può in primo luogo sottolinearsi la conferma dei punti di chiave della strategia enucleata nel Patto di Amsterdam, tra cui spicca in particolare la volontà di rilanciare la dimensione integrata per un efficace sviluppo urbano sostenibile ed inclusivo. In secondo luogo, si segnala che la Nuova Carta di Lipsia evidenzia che l’osservazione delle città europee non possa limitarsi all’analisi delle problematiche che insistono nella dimensione municipale. In questo senso, si manifesta la necessità di implementare politiche di sviluppo urbano anche ad un livello più ristretto – la cd. dimensione di quartiere, – e ad uno più ampio – la cd. dimensione funzionale –, ricercando nuove forme di coordinamento politico multilivello. Come noto, la dimensione di quartiere fa riferimento a quella porzione di territorio della città all’interno della quale il singolo residente orbita abitualmente, rappresentata nella prospettiva giuridica dalle circoscrizioni di decentramento comunale[9]. Diversamente, il livello funzionale, più difficilmente riconducibile ad una chiara figura giuridico-istituzionale dell’amministrazione locale, si riferisce a quelle porzioni di territorio – di livello intraregionale, metropolitano, o anche semplicemente sovralocale, a seconda dell’intensità del fenomeno urbano – caratterizzate da forti interconnessioni tra le comunità che le abitano, legate in particolare al fenomeno del pendolarismo sociale e lavorativo.
Per meglio inquadrare questo secondo fenomeno, la Carta si avvale del parametro statistico delle Functional urban areas, definito in sede UE-OCSE con l’obiettivo di facilitare l’osservazione dei contesti urbani europei a fini comparativi: il parametro FUA permette infatti di identificare le città europee – prescindendo dalla variabilità dei livelli istituzionali nei singoli ordinamenti e dalla rigidità dei confini amministrativi – in quelle porzioni di territorio caratterizzate da una forte densità abitativa e dalla presenza di un centro attrattore, denominata city, verso la sua area circostante, denominata commuting zone, con quest’ultima che risulta funzionalmente dipendente dal polo centrale[10]. Le FUA sono poi classificabili in: a) Large metropolitan areas, con popolazione residente superiore a 1,5 milioni di abitanti; b) Metropolitan areas, con popolazione residente compresa tra 250 mila e 1,5 milioni di abitanti; c) Medium-sized areas, con popolazione residente compresa tra 100 mila e 250 mila abitanti; d) Small-sized areas, con popolazione compresa tra 50 mila e 100 mila abitanti. Il parametro FUA è così non soltanto capace di fotografare il fenomeno urbano-metropolitano europeo, ma è altresì in grado di farlo differenziando i territori in base all’intensità del fenomeno, che si riflette sull’estensione demografica dell’area urbana funzionale[11].
Da ultimo, la successiva Agenda Territoriale 2030 fa propri i contenuti della Nuova Carta di Lipsia – su più larga scala e nella prospettiva specifica delle politiche di coesione –, ribadendo che la natura policentrica europea può rappresentare un’opportunità, nella misura in cui si sia in grado di portare alla costruzione di modelli di governance territoriale differenziati, in grado di adattarsi alle peculiarità delle singole realtà locali e di rispondere alle esigenze di un coordinamento politico multilivello verso il futuro verde, giusto e produttivo delle città europee[12].
Spostando l’attenzione sulle politiche di coesione europee, si segnalano due recenti innovazioni riconducibili al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027. Si fa riferimento in primis alla previsione, nel Regolamento relativo al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), di una riserva di finanziamento per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane, con un vincolo di destinazione fino all’8% delle risorse di ciascuno Stato Membro nell’ambito dell’obiettivo «Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita»[13]. Il finanziamento è accostato inoltre alla promozione della cd. Iniziativa urbana europea, il cui obiettivo è la definizione di soluzioni in tema di sviluppo urbano sostenibile, mediante la realizzazione di azioni innovative e la condivisione di capacità e conoscenze a livello locale. Essa è destinata a tutte le aree urbane, comprese le aree urbane funzionali, e si inserisce espressamente nell’alveo dell’Agenda urbana europea, degli obiettivi di sostenibilità ONU e della neutralità climatica[14].
In secondo luogo, il noto programma Horizon Europe predispone un nuovo strumento: le cd. Missioni, chiamate ad affrontare problemi altamente sfidanti e a forte impatto sulla vita quotidiana dei cittadini dell’Unione. Tra esse, la missione n. 4 “città intelligenti e a impatto climatico zero” si è concretizzata nella sfida delle 100 città europee climaticamente neutre entro il 2030. L’idea, dall’alto valore simbolico, è di anticipare la neutralità climatica del territorio europeo al 2050 nei territori urbani selezionati dal bando competitivo, finanziandone il percorso verso la transizione. Tra i punti chiave su cui le aree urbane saranno chiamate a confrontarsi e ad immaginare modelli di sviluppo innovativi, spicca l’attenzione della missione verso l’individuazione di nuovi strumenti di governance, il potenziamento di forme di pianificazione del territorio integrato, la creazione di raccolte dati digitali che affinino la conoscenza del territorio da parte delle istituzioni locali[15]. Lo strumento principe individuato dalla missione è il cd. Climate City Contract, un accordo di tipo politico, stipulato nelle forme di un vero e proprio contratto tra i vertici delle autorità locali cittadine da un lato, e la Commissione europea dall’altro. Esso dovrà essere adottato all’esito di un processo di raccolta e condivisione di idee con la cittadinanza e gli stakeholders, il cui fattivo coinvolgimento è individuato quale momento imprescindibile per il percorso di transizione verso la neutralità[16].
In definitiva, dinanzi ai crescenti sforzi europei verso la sostenibilità e la neutralità climatica, le città stanno acquisendo progressiva centralità, sul presupposto del potenziale di innovazione – in termini di capitale umano e finanziario – di cui le stesse sono portatrici. In questo contesto, tra i tanti contenuti di rilievo del dibattito, è di interesse sottolineare come le istituzioni europee sembrino consapevoli che il tema del futuro delle città sostenibili non possa essere affrontato esclusivamente da una prospettiva municipale. Al contrario, è la natura policentrica del territorio europeo ad imporre lenti prospettiche innovative, in grado di intercettare il fenomeno urbano in tutte le sue sfaccettature e dimensioni. In questo senso, l’adozione di politiche urbane integrate e sostenibili – quale elemento focale della strategia europea – non può sicuramente prescindere da istituzioni locali rafforzate nel contesto multilivello; allo stesso modo, il successo della strategia europea passa per l’individuazione di inediti strumenti di governance locale, tanto flessibili quanto strutturali, che facilitino il dialogo politico multilivello, nel segno di una rinnovata collaborazione interistituzionale tra gli attori del territorio e del superamento di visioni di governo locale eccessivamente parcellizzate[17].
Tracciata la cornice europea di riferimento, può così essere di interesse svolgere qualche riflessione sul possibile ruolo degli enti intermedi metropolitani, dedicando attenzione particolare alle Città metropolitane italiane e alle Áreas metropolitanas spagnole. Come si avrà modo di approfondire, i due modelli di governo metropolitano nascono con il fine di governare le città nella loro dimensione territoriale funzionale e presentano rilevanti punti di contatto che giustificano l’itinerario di ricerca. Per quanto la differente posizione costituzionale – quali enti costitutivi della Repubblica nel caso italiano; privi di riconoscimento, nel caso spagnolo – ne abbia divaricato le sorti relativamente alla loro diffusione sul territorio, entrambi i modelli patiscono la debolezza identitaria che contraddistingue il livello di governo intermedio, piegato dalla forza politica delle istituzioni regionali e municipali[18]. In questo difficile quadro, tanto le Città metropolitane quanto l’Área metropolitana de Barcelona – come si dirà, unico ente metropolitano di tipo territoriale a fini generali presente in Spagna – tentano di sperimentare inedite forme di dialogo tra enti di pari livello nel contesto nazionale ed europeo e politiche di sviluppo metropolitano di tipo sostenibile, strategico ed integrato: richiamando le evoluzioni del dibattito UE sulle città, la coerenza con le aspirazioni europee verso la cooperazione interistituzionale e la definizione di politiche urbane multilivello appare di significato. Pertanto, si procederà ad analizzare dapprima le Città metropolitane, e successivamente l’Área metropolitana de Barcelona, seguendo il doppio binario della struttura ordinamentale che le caratterizza e dell’adozione di pratiche di governo innovative, per verificare se, ed in che modo, sia ipotizzabile un rilancio del governo istituzionale delle aree metropolitane che passi proprio dagli stimoli europei per il governo delle città sostenibili.
Le Città metropolitane a dieci anni dalla legge Delrio: tra eredità provinciali e nuove azioni di coordinamento territoriale
Come noto, la l. n. 56/2014 (cd. legge Delrio) ha istituito le Città metropolitane nei territori delle ex Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, a partire dal 1° gennaio 2015. Secondo le intenzioni dichiarate dal legislatore, l’obiettivo era quello di affrontare le problematiche delle aree urbane attraverso una nuova dimensione di governance territoriale, in grado di sfruttare il naturale ruolo di volano delle aree metropolitane per il tessuto economico e produttivo del Paese[19]. In questo senso, emblematica appariva la scelta di definire i nuovi enti metropolitani quali «enti territoriali di area vasta» dotati di specifiche «finalità istituzionali generali», la cui azione politica deve necessariamente indirizzarsi verso: a) la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; b) la promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; c) la cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee (art. 1, comma 2 l. n. 56/2014). A tale caratterizzazione funzionale si accompagnavano poi alcune innovazioni significative, che delineano i tratti di un ente a vocazione prettamente strategica, in linea con la volontà di attuare il principio di differenziazione all’interno del comparto locale (art. 1, comma 1 l. n. 56/2014). Per quanto noto, si pensi al modello di governo indiretto; alla marcata autonomia statutaria; all’introduzione della funzione di pianificazione strategica, con il parallelo tentativo di rafforzare la cogenza della pianificazione territoriale.
Pertanto, la legge Delrio prova a delineare i tratti di un ente in grado di porsi alla guida di territori interessati da forti interconnessioni funzionali. Il nuovo ente è chiamato ad adottare scelte politiche in grado di intercettare fenomeni tipici dei contesti metropolitani – quali il pendolarismo, l’utilizzo di servizi pubblici da parte di tutta la comunità metropolitana, il governo del territorio urbano e peri-urbano nel segno della sostenibilità, il contrasto al degrado sociale nelle periferie – verso cui la dimensione comunale risulta eccessivamente localistica. E di realizzare il tutto avvalendosi di una prospettiva di integrazione e coordinamento politico, plasticamente testimoniata dal collegamento tra cariche politiche metropolitane e cariche politiche dei Comuni della circoscrizione[20].
Ad ogni modo, è alla stessa riforma Delrio che sono imputabili alcuni peccati originali che hanno fortemente inciso sul reale potenziale delle Città metropolitane nel proprio contesto territoriale. Tra le scelte della riforma maggiormente oggetto di critica, vi è senza dubbio l’abbandono di procedimenti istitutivi concertati con le autonomie territoriali, in favore del subentro ex lege delle Città metropolitane alle Province preesistenti, nei territori individuati dal legislatore. In questo senso, la l. n. 56/2014 ha senza dubbio avuto il merito di superare l’inerzia ultraventennale sulla riforma metropolitana, ancor più inaccettabile a seguito dell’inclusione degli enti metropolitani tra gli enti costitutivi della Repubblica ad opera della riforma del Titolo V. Tuttavia, se si considera che le Città metropolitane hanno ereditato le delimitazioni territoriali, le risorse economico-finanziarie e di organico delle Province cui sono subentrate, appare evidente che sia stata proprio la fretta istitutiva a svilire profondamente la forza innovatrice della riforma[21].
Più nel dettaglio, si pensi, in primo luogo, alle risorse finanziarie e di organico attribuite ai nuovi enti metropolitani. È noto come il comparto di area vasta sia sempre stato finanziariamente debole, con un ancoraggio impositivo al trasporto su gomma – in particolare, l’imposta provinciale di trascrizione e l’imposta sull’assicurazione RC Auto – peraltro fortemente condizionato dalle oscillazioni del mercato automobilistico[22]. La minimalità finanziaria emerge plasticamente da un rapido confronto tra le entrate totali del comparto dei Comuni e quelle del comparto di area vasta, che è possibile svolgere avvalendosi delle tavole di dati elaborate dall’Istat sulla base dei rispettivi bilanci consuntivi[23]. Tali dati evidenziano il differente peso politico dei Comuni rispetto al livello intermedio, destinatario di risorse finanziarie quasi dieci volte inferiori rispetto a quelle del livello municipale. Per quanto sia evidente che il livello municipale e quello di area vasta siano tuttora chiamati a svolgere compiti differenti nell’amministrazione locale italiana – basti pensare alla centralità che l’art. 118 Cost., comma 1 riconosce ai Comuni nel nostro sistema costituzionale – non è men vero che una sproporzione di tal specie è evidentemente dissonante con il nuovo ruolo strategico ed innovatore che la riforma Delrio disegnava per le Città metropolitane.
La contraddittorietà delle scelte della riforma Delrio in materia finanziaria si rafforza ricordando lo scenario di profonda crisi economica in cui la stessa si inseriva. Il livello d’area vasta ha pagato un prezzo molto alto, sia in termini di compressione delle risorse finanziarie – nella duplice forma di tagli dei finanziamenti statali e di veri e propri contributi forzosi al bilancio centrale –, sia in termini di tagli di organico: basti ai nostri fini ricordare le disposizioni della legge di stabilità per il 2015 – l. n. 190/2014 –, che hanno imposto alle Città metropolitane un taglio del personale del 30% parametrato sulla precedente fase provinciale (art. 1, comma 421) e altresì la riduzione della spesa corrente pari a 1 miliardo di Euro per l’anno 2015, 2 miliardi di Euro per il 2016 e 3 miliardi di Euro per il 2017, con lo scopo di contribuire al contenimento della spesa pubblica (art. 1, comma 418)[24]. Complessivamente, si delineano i tratti di un quadro il cui obiettivo di fondo non sembra essere stato dotare le nuove Città metropolitane di fonti di finanziamento utili allo svolgimento delle nuove funzioni ad esse assegnate, per sfruttare il loro potenziale di programmazione strategica per il territorio; bensì, più banalmente, quello di razionalizzare il comparto di area vasta, comprimendo ulteriormente le risorse finanziarie e di organico ad esso spettanti per esigenze di risanamento del bilancio pubblico[25].
Solo di recente la questione della debolezza finanziaria e di organico delle Città metropolitane sembra essere oggetto di una parziale riconsiderazione: si fa riferimento alla riassegnazione – ad opera delle leggi di stabilità per gli anni 2020 e 2021 – di trasferimenti statali ad orizzonte temporale di medio termine, con il parallelo alleggerimento dei limiti assunzionali[26]. Per quanto da salutare positivamente, tali provvedimenti rappresentano reazioni a contrazioni economiche – il momento temporale di adozione dei provvedimenti coincide infatti con le note difficoltà finanziarie connesse alla pandemia Covid-19 –, prive pertanto della sistematicità necessaria per affrontare in maniera organica il tema della scarsità di risorse del comparto metropolitano.
In secondo luogo, spostando l’attenzione sull’elemento territoriale delle Città metropolitane, l’opzione per il subentro coattivo nei sopra detti territori denota tutta la sua fragilità. Può anzitutto osservarsi che la scelta delle Province oggetto della trasformazione metropolitana non sembra basata sulla reale valutazione di quali siano i territori caratterizzati da dinamiche metropolitane, bensì sulla ricerca di una tendenziale omogeneità nella distribuzione dei nuovi enti sulla penisola, secondo lo schema 3 (Nord Ovest) – 2 (Nord Est) – 2 (Centro) – 3 (Sud). Tale percezione si rafforza approfondendo i caratteri funzionali delle Città metropolitane, adottando le lenti del parametro delle Functional urban areas già oggetto di analisi: i territori metropolitani sono riconducibili in alcuni casi a Large metropolitan areas – Roma, Milano, Napoli, Torino –; negli altri casi, a Metropolitan areas; cui si aggiunge Reggio Calabria, quale Medium-sized area, la cui inclusione nell’elenco appare comprensibile esclusivamente per ragioni di natura politica. Il parametro FUA testimonia, da un lato, la diversità sociale, economica e demografica degli attuali territori metropolitani; dall’altro lato, l’irragionevolezza della scelta legislativa, se si pensa all’ingiustificata esclusione di ulteriori territori che invero presentano marcati caratteri metropolitani[27].
Inoltre, il ritaglio territoriale metropolitano, non oggetto di modifica da parte della riforma Delrio, appare oggi imperfetto ed approssimativo: talvolta per eccesso, con la conseguente inclusione di aree rurali o montane – si pensi emblematicamente alle “Alpi metropolitane” della Città metropolitana di Torino – nel territorio metropolitano; talaltra per difetto – le Città metropolitane di Milano e Napoli su tutte –, escludendo dalla circoscrizione porzioni di territorio funzionalmente dipendenti dal polo attrattore[28].
In questo senso, la non modificazione delle precedenti circoscrizioni provinciali ha inciso sul potenziale differenziativo di tali enti, deludendo peraltro le speranze di coloro i quali auspicavano che il disegno metropolitano potesse contribuire a ridurre quella «inefficienza territoriale» che continua a caratterizzare il ritaglio amministrativo del Paese[29].
In definitiva, dinanzi a criticità – finanziarie e territoriali – di non poco conto, nel segno di una irragionevole continuità, non sorprende che le Città metropolitane abbiano faticato ad emanciparsi dal proprio passato provinciale. Soprattutto in fase di avvio, si è assistito così ad enti metropolitani più focalizzati a consolidare le funzioni già precedentemente svolte che ad istituzioni territoriali a vocazione strategica, capaci di acquisire una autonoma identità in grado di indirizzare gli sviluppi del territorio metropolitano.
Cionondimeno, le Città metropolitane hanno tentato di ritagliarsi uno spazio politico innovativo, sfruttando le leve normative della cura dello sviluppo strategico del territorio e del coordinamento territoriale nel segno della sostenibilità e della coesione sociale, e avvalendosi altresì delle opportunità di maggiore dialogo istituzionale che la forma di governo di secondo grado fisiologicamente offre.
In primo luogo, può anzitutto evidenziarsi un forte interesse degli enti metropolitani verso il tema della sostenibilità ambientale. Tra le iniziative pionieristiche spicca la Carta di Bologna per l’ambiente, sottoscritta da Sindaci e rappresentanti delle Città metropolitane nel 2017. In essa si rinvengono espressi impegni per il diretto coinvolgimento dei neoistituiti enti su questioni quali la riduzione del consumo di suolo, la qualità dell’aria, la gestione del ciclo dei rifiuti, la mobilità sostenibile[30]. La Carta mira a favorire l’integrazione del paradigma sostenibile all’interno degli strumenti pianificatori metropolitani – su tutti, il piano strategico e il piano territoriale metropolitano –, nell’ottica di una maggiore attuazione territoriale dei suoi contenuti[31]. Ad ulteriore testimonianza dell’interesse per la sostenibilità a livello metropolitano, si segnala inoltre il coinvolgimento delle Città metropolitane, ad opera della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS), nella definizione di Agende metropolitane per lo sviluppo sostenibile, per ritagliare gli indirizzi sostenibili nazionali sulle specificità di ciascun territorio[32].
In secondo luogo, le Città metropolitane hanno intessuto innovative relazioni istituzionali con gli enti di pari livello nel contesto nazionale ed europeo, con il fine di facilitare la condivisione di buone pratiche e la definizione di comuni indirizzi di sviluppo urbano. Oltre all’appena citata esperienza della Carta di Bologna per l’ambiente, si segnala l’ingresso di un numero significativo di enti metropolitani nella European Metropolitan Authorities (EMA), network di città composto da autorità metropolitane europee su cui si avrà modo di tornare[33].
Un caso emblematico di innovazione metropolitana è poi rappresentato dal territorio bolognese, distintosi tanto per la volontà di adottare una visione strategica complessiva che coinvolgesse tutte le anime della circoscrizione metropolitana, quanto nel delineare i tratti di una governance istituzionale fortemente integrata tra l’ente Comune di Bologna e l’ente Città metropolitana di Bologna[34]. Ai fini di interesse, spicca l’introduzione di un Fondo perequativo metropolitano, ad opera del piano territoriale metropolitano (PTM), volto a redistribuire risorse in favore dei territori più svantaggiati dalle scelte di nuova urbanizzazione. Nel dettaglio, le risorse del Fondo sono destinate a quei Comuni e/o Unioni di Comuni svantaggiati dalle scelte pianificatorie, che forniscono significativi servizi ecosistemici alla comunità metropolitana o, più in generale, caratterizzati da «maggiore fragilità sociali, demografiche ed economiche (…) per favorire uno sviluppo più armonico del territorio metropolitano» (art. 51, comma 1 PTM). Si prevede poi che le risorse del Fondo finanzino Programmi metropolitani di rigenerazione – con una espressa riserva «per finalità di perequazione territoriale», «per la realizzazione di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici di rilievo metropolitano o intercomunale necessari ai fini di uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio» o «per finanziare la realizzazione di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici, anche di rilievo comunale, nei territori individuati come a elevata fragilità economica e/o sociale e/o demografica» (art. 51, commi 5-6 PTM) – presentati dai Comuni, approvati dalla Città metropolitana e rendicontati nella gestione e nelle modalità di utilizzo (art. 52 PTM)[35].
Anche le scelte politiche della Città metropolitana di Milano sembrano collocarsi nella medesima direzione. Il PTM milanese individua infatti l’equità territoriale e la tutela delle risorse non rinnovabili, quali suolo, acqua ed aria, tra i principi informatori della pianificazione di area vasta. Proprio per assicurare effettività a tali principi, nel tentativo di porre altresì rimedio alle esternalità negative generate dalla pianificazione sovracomunale, l’art. 11 del PTM punta sulla promozione di forme di perequazione e compensazione territoriale. Non diversamente dall’esperienza bolognese, il PTM apre poi al finanziamento di un Fondo perequativo metropolitano (art. 11, comma 7)[36].
A tali esperienze locali si affianca, da ultimo, la nota inclusione all’interno del PNRR di una linea di investimento dedicata ai Piani Urbani Integrati (PUI), la cui rilevanza è legata non soltanto al finanziamento per un importo di valore considerevole (M5C2 – Intervento 2.2 – 4,3 miliardi di Euro), ma altresì all’approccio metodologico che ne informa la realizzazione. Più precisamente, i PUI sono destinati alla riqualificazione di aree urbane degradate, mediante strumenti di pianificazione concertati che riconnettano il tessuto urbano ed extraurbano, migliorino l’accessibilità dei servizi su tutto il territorio e colmino deficit infrastrutturali. Altro obiettivo di interesse è quello di stimolare dinamiche di collaborazione tra l’ente metropolitano e le municipalità del territorio: se le Città metropolitane sono i soli soggetti istituzionali che possono accedere al finanziamento, i singoli progetti candidabili devono infatti essere scelti in maniera partecipata, ed è altresì possibile individuare i Comuni del territorio quali soggetti attuatori, mantenendo per l’ente metropolitano esclusivi compiti di coordinamento e monitoraggio[37].
In definitiva, se i primi dieci anni di storia istituzionale delle Città metropolitane hanno registrato più ombre che luci, anche a causa di scelte contraddittorie che hanno reso il cammino verso l’affermazione di un’autonoma vocazione strategica particolarmente accidentato, l’idea di sviluppare una governance territoriale coordinata a livello sovralocale, che incentivi il dialogo per tratteggiare le linee di un futuro sostenibile e condiviso dei territori metropolitani, può ancora rappresentare un’opportunità. In questo senso, la recente promozione di misure pianificatorie ed interventi di rigenerazione nel segno della sostenibilità e della coesione territoriale, tanto a livello locale quanto a livello nazionale, sembra andare nella giusta direzione.
L’eccezione dell’Área metropolitana de Barcelona nell’ordinamento spagnolo: la ricerca di una collocazione politica, anche oltre il proprio territorio
L’esperienza spagnola del governo delle aree metropolitane è ancorata a presupposti giuridici significativamente divergenti rispetto al caso italiano. Come già accennato, la Costituzione spagnola riconosce esclusivamente le Comunità Autonome (CCAA), le Province e i Municipi, quali enti territoriali che compongono l’ordinamento spagnolo. All’opposto, i cd. enti locali sovramunicipali non sono enti costituzionalmente necessari, elemento che garantisce al legislatore – statale ed autonomico – piena discrezionalità istitutiva. La caratteristica fondamentale di tali enti è la loro composizione quali «agrupaciones de municipios», da cui deriva l’indirizzo primario verso compiti di assistenza e collaborazione in favore dei Municipi della propria circoscrizione[38].
È la Ley de las Bases del Regimen Local (LBRL), n. 7/1985, a fornire il quadro normativo delle Áreas Metropolitanas, definite alla stregua di istituzioni locali deputate al governo di territori caratterizzati dalla presenza di un Municipio di grandi dimensione demografiche, capace di svolgere il ruolo di polo attrattore nei confronti del territorio ad esso circostante (art. 43 LBRL). Ad ogni modo, la disciplina statale è piuttosto scarna, nell’idea che debba essere la legislazione autonomica, al momento dell’opzione per il modello delle Áreas Metropolitanas, a determinare le caratteristiche fondamentali dell’ente: la forma di governo, le funzioni attribuite, il ritaglio territoriale, il regime finanziario, i rapporti con le altre istituzioni territoriali.
Deve però constatarsi che, per quanto buona parte delle CCAA abbia provveduto a legiferare sul tema metropolitano, l’effettiva individuazione di Áreas metropolitanas si è registrata in casi sporadici. Tra le motivazioni, anche nel caso spagnolo ha avuto un forte peso la ritrosia degli enti territoriali preesistenti, ancor più difficile da superare in considerazione della già notata discrezionalità delle CCAA sull’istituzione degli enti metropolitani. Gli stessi Municipi hanno tendenzialmente privilegiato il ricorso a differenti modelli di governo sovralocale – su tutti, le Mancomunidades – nel cui procedimento istitutivo sono maggiormente coinvolti[39]. In secondo luogo, l’assenza di caratteri normativi univoci sul concetto di fatto metropolitano, che giustifichino – tanto dal punto di vista geografico quanto dal punto di vista socio-economico – la creazione di istituzioni di governo metropolitano, ha reso particolarmente ardua la definizione degli interessi politico-amministrativi che i nuovi enti dovrebbero perseguire[40].
Le uniche eccezioni a quello che autorevole dottrina considera “un sostanziale fallimento”[41] del modello delle Áreas metropolitanas ex. art. 43 LBR, sono: da un lato, la realtà di Valencia, dove sono presenti due differenti enti funzionali metropolitani, chiamati a gestire il servizio idrico e il servizio rifiuti[42]; dall’altro lato, il caso del territorio di Barcellona, in cui è presente un governo di livello metropolitano sin dall’epoca precostituzionale. Dopo alterne vicende[43], l’attuale punto di arrivo è rappresentato dalla legge catalana n. 31/2010, con la quale si è introdotta l’Área metropolitana de Barcelona (AMB), la cui esperienza ai nostri fini è di particolare interesse, alla luce della vicinanza tra l’ente metropolitano catalano ed il modello delle Città metropolitane sotto molteplici aspetti.
In primo luogo, l’accostamento tra i due modelli è legato al pacifico riconoscimento dell’AMB quale ente territoriale a fini generali, unico caso nel contesto spagnolo (art. 1, commi 3-4, l. catalana n. 31/2010). Può poi aggiungersi che l’istituzione metropolitana di Barcellona ha una struttura ordinamentale e compiti istituzionali molto vicini a quelli delle Città metropolitane: si pensi emblematicamente alla comune forma di governo di secondo grado; ma anche ad alcune delle funzioni attribuite all’AMB, tra cui la pianificazione urbanistica e strategica, la mobilità, l’ambiente, la promozione delle attività economiche[44].
Inoltre, l’ente metropolitano catalano sembra scontare problemi politico-identitari non dissimili da quelli delle Città metropolitane, in un contesto territoriale che vede primeggiare la Comunità Autonoma della Catalogna e il Municipio di Barcellona. È di nuovo l’impianto finanziario complessivo a testimoniare in maniera emblematica tale debolezza. La finanza metropolitana risulta infatti fortemente dipendente da trasferimenti di risorse, proprio nelle mani della Catalogna e dei Municipi della circoscrizione. Non sorprende così constatare che, anche nel caso spagnolo, l’esiguità delle risorse sia stata individuata tra i principali vulnus alla reale implementazione delle pur ambiziose funzioni che la legge istitutiva attribuisce all’AMB[45].
Da ultimo, anche il ritaglio territoriale è oggetto di attenta riflessione. L’estensione territoriale dell’ente metropolitano non pare infatti in linea con i flussi metropolitani che insistono nella realtà di Barcellona. In questo senso, la dottrina spagnola guarda con particolare interesse al parametro europeo delle FUA per argomentare sull’opportunità di ampliare la circoscrizione dell’AMB, al momento confinata alla sola prima cintura metropolitana. L’idea alla base dell’ipotesi modificativa è il tentativo di rafforzare l’ente, che potrebbe acquisire con il nuovo ritaglio una più chiara identità territoriale, di tipo metropolitano, agli occhi delle istituzioni politiche, degli osservatori e altresì dell’opinione pubblica[46].
Dinanzi a tali evidenti criticità, l’AMB ha comunque tentato di definire un proprio spazio di azione politica, anche al di là dei propri angusti limiti circoscrizionali. In questo senso, non mancano alcuni esempi interessanti, che evidenziano il potenziale dell’ente metropolitano catalano.
In primo luogo, merita senz’altro un cenno il caso della pianificazione strategica di Barcellona. Essa radica le sue origini alla fine degli anni ’80, quando Barcellona ospitò i Giochi Olimpici del 1992. La municipalità si dotò in quel momento di uno strumento pianificatorio strategico per definire gli obiettivi di sviluppo sociali ed economici della città e dei suoi dintorni. La pianificazione, più volte rinnovata, è oggi affidata ad un’associazione di natura privata, denominata Associació Pla Estratègic Metropolità de Barcelona, in cui gli enti territoriali svolgono però un significativo ruolo di indirizzo. Ai fini di interesse, può sottolinearsi che, sin dall’istituzione dell’AMB si è scelto di attribuire la sua presidenza al Presidente dell’ente metropolitano. Non a caso, è proprio a partire da tale momento – coincidente con l’approvazione del 5° piano strategico, Pla Estratègic Visió 2020 – che il focus territoriale del piano è passato dal semplice territorio municipale per abbracciare una prospettiva più vasta, di respiro metropolitano[47]. Ultimo precipitato è il Compromís Metropolità 2030, il cui obiettivo territoriale è questa volta ancor più ambizioso: andare oltre gli stessi confini istituzionali dell’AMB, per indirizzarsi verso la realtà metropolitana complessiva del territorio di Barcellona, composta da più di 5 milioni di persone e 199 Municipi[48].
In secondo luogo, ad ulteriore testimonianza dell’adozione di una prospettiva che superi i confini amministrativi dell’ente, si segnala il ruolo che l’AMB ha svolto nella fondazione della già citata European Metropolitan Authorities (EMA), un network europeo composto da istituzioni di livello metropolitano. L’EMA si propone di aumentare la consapevolezza del ruolo centrale che le aree metropolitane giocano all’interno del territorio europeo, indirizzando il proprio operato di lobbying nei confronti delle istituzioni dell’Unione europea, della società civile e delle autorità nazionali[49].
Infine, spostando lo sguardo verso il rapporto tra l’AMB e lo Stato, deve riscontrarsi come – diversamente da quanto osservato sulle Città metropolitane – l’ente metropolitano catalano non venga considerato dalle più recenti politiche nazionali spagnole che incidono sulle realtà urbane. Si pensi, limitandosi all’esempio più significativo, all’esclusione dell’AMB dalle linee di finanziamento del Plan de Recuperación, Transformación y Resiliencia, le cui risorse risultano esclusivamente appannaggio di Municipi e Province. Anche per superare tale invisibilità, autorevole dottrina è giunta così ad auspicare un intervento normativo statale che rilanci l’istituto delle Áreas metropolitanas, la cui opportunità sembra progressivamente crescere alla luce del sempre più acceso dibattito sulla vivibilità e sostenibilità dei territori urbani e metropolitani nel contesto europeo[50].
Cenni conclusivi: il potenziale degli enti metropolitani nel governo multilivello delle città sostenibili
Cercando di trarre qualche considerazione dalle riflessioni svolte, possiamo osservare che i problemi che i livelli metropolitani scontano nei contesti italiano e spagnolo, nonostante il quadro costituzionale e legislativo risulti invero piuttosto differente, sembrerebbero assimilabili: una difficile collocazione politica, che porta con sé un’opaca identità propriamente metropolitana; un ritaglio territoriale sempre complesso; risorse finanziarie non sufficienti per svolgere quel ruolo di volano, sociale ed economico, che sarebbe auspicabile.
La rilevanza costituzionale delle Città metropolitane rafforza senza dubbio la posizione di tali enti nell’ordinamento italiano. Alcune scelte eccessivamente prudenti, solo parzialmente giustificate dall’impellenza di portare a compimento la riforma metropolitana, hanno evidentemente minato il potenziale di differenziazione territoriale racchiuso nell’introduzione dei nuovi enti. È però possibile individuare alcuni punti di ripartenza: su tutti, la finalizzazione istituzionale generale delle Città metropolitane, nel segno dello sviluppo strategico e del coordinamento politico, rappresenta una novità dall’alto potenziale, ancor più apprezzabile in considerazione della sua coerenza con la natura dialogica e collaborativa della forma di governo di secondo grado[51].
Più complessa appare la situazione del modello metropolitano spagnolo ex. art. 43 LBRL, il cui scarso successo rende plastiche le trasversali difficoltà politiche di cui sono vittime le istituzioni metropolitane. Il caso dell’AMB, radicato in un contesto territoriale da sempre attento a valorizzare le autonomie locali e i loro rapporti con la comunità, presenta però degli spunti interessanti e testimonia ulteriormente il potenziale degli enti metropolitani, tanto nel governo strategico del proprio territorio, quanto nel dialogo con le autorità di livello metropolitano presenti nel contesto europeo.
Ad ogni modo, sia la dottrina italiana sia quella spagnola richiedono – per quanto non sempre in maniera pacifica, soprattutto nel secondo caso[52] – un intervento chiarificatore del legislatore statale, in grado di consolidare la posizione politica degli enti metropolitani e di attribuire loro una più chiara identità[53]. In questo senso, osservati speciali sono evidentemente il ritaglio territoriale, il cui avvicinamento verso le risultanze del parametro delle FUA appare necessario; le risorse finanziarie, dal cui potenziamento sistemico non si può prescindere per far sì che gli enti metropolitani contribuiscano realmente allo sviluppo del proprio territorio; la forma di governo metropolitano, posto che il modello a rappresentanza indiretta, pur capace di favorire il coordinamento istituzionale tra gli enti del territorio nel segno dell’integrazione politica, presenta criticità pacificamente riconosciute.
Ciò detto, l’attenzione europea per il governo delle città sostenibili potrebbe fornire delle indicazioni significative per decidere le sorti del governo metropolitano. Le istituzioni europee sembrano infatti consapevoli che le moderne sfide della neutralità climatica e della transizione sostenibile passano per un più forte coinvolgimento dei territori urbani, i cui attori – istituzionali e non – sono in grado di apportare un contributo fondamentale in termini di innovazione. Tra gli aspetti di interesse, spicca la capacità del dibattito europeo, dinanzi all’evidente necessità di rafforzare gli enti di governo locale, di non limitare l’analisi ad un punto di osservazione esclusivamente municipale, stimolando la definizione di inediti modelli di governo del territorio nella scala funzionale, in grado di intercettare i fenomeni urbano-metropolitani che insistono sulla scala funzionale. Si assiste inoltre ad un chiaro favor per la definizione di politiche integrate e sostenibili, che beneficino del coordinamento tra più livelli di governo e altresì del coinvolgimento della cittadinanza, per delineare in ottica strategica l’orizzonte di medio termine dello sviluppo delle città.
Richiamando le pratiche innovative oggetto di approfondimento, si direbbe che gli enti metropolitani, ancora alla ricerca di una più chiara collocazione politica nel proprio contesto territoriale ed oltre, possano provare a ritagliarsi così un inedito spazio di azione: l’ipotesi è nel senso di un livello istituzionale sovralocale, consolidato dal punto di vista normativo, che si avvalga degli strumenti del coordinamento istituzionale e della programmazione strategica per incentivare lo sviluppo solidale e sostenibile del territorio metropolitano, cogliendo gli stimoli offerti dal contesto istituzionale europeo per il governo multilivello delle città[54].
Note
[1]1 Si pensi alla scelta della Commissione europea, risalente agli albori degli anni ’90, di adottare un Libro Verde dedicato al tema. Si fa riferimento al Libro Verde sull’ambiente urbano. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento, COM (1990), 218 final, 25 luglio 1990.
[2] Tale mancanza è generalmente ricondotta alla centralità del principio di sussidiarietà nel sistema dell’Unione. Sul tema, P. Le Gales, C. Hepburn, Ascesa e declino della politica urbana dell’Unione europea. Analisi longitudinale degli strumenti di azione pubblica (1972-2006), in L. Grazi (a cura di), Le città e l’Unione europea. La dimensione urbana tra percorsi storici e dinamiche di europeizzazione, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 135; M. Bartoli, Europa e città. L’emersione ed il consolidamento del fattore urbano nelle politiche territoriali dell’Unione Europea, in F. Raspadori, M. Bartoli (a cura di), La dimensione locale quale strumento di prossimità al cittadino nelle politiche della UE, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2017, pp. 9-10.
[3] Sintomo del crescente interesse verso il fenomeno urbano e il suo ruolo nella modernità è anche la recente attenzione della dottrina giuridica sul tema, non più esclusivamente focalizzata sullo studio delle municipalità quali enti territoriali. Ex multis, J. B. Auby, Droit de la ville, Paris, LexisNexis, 2016; F. Pizzolato, A. Scalone, F. Corvaja (a cura di), La città e la partecipazione tra diritto e politica, Torino, Giappichelli, 2019; F. Cortese, Il nuovo diritto delle città: alla ricerca di un legittimo spazio operativo, in G.F. Ferrari (a cura di), Smart city. L’evoluzione di un’idea, Milano-Udine, Mimesis, 2020; T. Font i Llovet, La ciudad inteligente como actor global, in European Review of Digital Administration & Law, vol. 2, 1, 2021; F. Pizzolato, G. Rivosecchi, A. Scalone (a cura di), La città oltre lo Stato, Torino, Giappichelli, 2022; A. Boix Palop, G. Pavani (a cura di), Green Cities, Governance and the Law. Impact of the European Green Deal and the Next Generation EU, Abingdon-New York, Routledge, 2025.
[4] Tra i momenti più significativi, è possibile segnalare due comunicazioni adottate alla fine degli anni ’90, La problematica urbana: orientamenti per un dibattito europeo. Comunicazione della Commissione, COM (1997) 197 final, 06 maggio 1997 e Quadro d’azione per uno sviluppo urbano sostenibile nell’Unione europea. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, COM (1998) 605 final, 28 ottobre 1998; cui si aggiungono due documenti adottati nella sede del Consiglio, Carta di Lipsia sulle città sostenibili, adottata dai Ministri europei responsabili per lo sviluppo urbano, 02 maggio 2007 e Dichiarazione di Toledo. Sulla rigenerazione urbana integrata e il suo potenziale strategico per uno sviluppo urbano più intelligente, sostenibile e inclusivo nelle città europee, adottata dai Ministri europei responsabili per lo sviluppo urbano, 22 giugno 2010.
[5] Sul punto, R. Atkinson, The urban dimension in Cohesion Policy: past developments and future prospects. Paper presented at RSA workshop “The New cycle of the Cohesion Policy in 2014–2020”, Vrije Universiteit Brussels: Institute for European Studies, 24. 03. 2014, pp. 2-9; E. Carloni, M. V. Pineiro, Le città intelligenti e l’Europa. Tendenze di fondo e nuove strategie di sviluppo urbano, in Ist. Del Fed., 4, 2015, pp. 881-883; G. Cotella, The urban dimension of EU cohesion policy, in E. Medeiros (eds.), Territorial cohesion: the urban dimension, Cham, Springer, 2019, pp. 138-145; M. Fernández-Prado, L. Domínguez Castro, Introduction, in Idem (eds.), City policies and the European Urban Agenda, Cham, Springer, 2019, pp. 3-17. Sia consentito altresì rimandare a F. Leonzio, Città e tutela dell’ambiente. Quale ruolo all’interno dell’Unione europea?, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 4, 2023, pp. 1068-1075.
[6] Establishing the Urban Agenda for the Eu. Pact of Amsterdam, documento adottato alla riunione informale dei Ministri degli Stati membri responsabili per le questioni urbane il 30 maggio 2016 ad Amsterdam, Paesi Bassi.
[7] Basti in questa sede richiamare la strategia del Green Deal europeo - Il Green Deal europeo. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, COM (2019) 640 final, 11 dicembre 2019 – e l’approvazione della normativa europea sul clima, con Regolamento (UE) 2021/1119.
[8] Nuova Carta di Lipsia. Il potere trasformativo delle città per il bene comune, adottata dai Ministri europei responsabili per lo sviluppo urbano, 30 novembre 2020. Il documento è nuovo ricordando che una precedente versione della Carta di Lipsia è stata adottata nel 2007, come si è accennato supra, nota 4.
[9] La dimensione di quartiere è altresì sovrapponibile alla dimensione territoriale della cd. “città dei 15 minuti”, locuzione con la quale si fa riferimento ad un modello di città che rende accessibile i principali servizi essenziali ai propri residenti ad una distanza massima di 15 minuti a piedi od in bicicletta, a fini di miglioramento sociale ed ambientale della qualità della vita cittadina. In dottrina, si rimanda ex multis a Carlos Moreno e alt., Introducing the “15-Minute City”: Sustainability, Resilience and Place Identity in Future Post-Pandemic Cities, in Smart Cities, vol. 1, 4, 2021, pp. 93-111.
[10] Nel dettaglio, il centro attrattore include tutti gli enti di livello municipale la cui popolazione è per almeno il 50% residente nel polo gravitazionale. Una volta individuata la città, vengono poi tracciati i confini della commuting zone, strettamente connessa al centro attrattore, soprattutto osservando il peso del fenomeno del pendolarismo che insiste tra le porzioni di territorio: un territorio viene inserito all’interno della commuting zone di una città qualora almeno il 15% della popolazione lavorativa di detto ente locale lavori nella città. L’unione della city con la sua commuting zone conduce a tratteggiare la Functional urban area.
[11] Per approfondire, si vedano L. Dijkstra, H. Poelman, Cities in Europe: the new OECD-EC definition, Luxembourg, Regional Focus-European Commission, 2012 e il più recente L. Dijkstra, H. Poelman, P. Veneri, The EU-OECD definition of a functional urban area, Paris, OECD Regional Development Working Papers, 11-2019.
[12] Agenda Territoriale 2030: un futuro a tutti i luoghi, adottata dai Ministri europei responsabili della pianificazione del territorio, dello sviluppo territoriale e/o della coesione territoriale, 1 dicembre 2020.
[13] Regolamento (UE) 2021/1058 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione, art. 11. Per completezza, è opportuno precisare che anche il precedente Regolamento FESR, n. 1303/2013, garantiva una destinazione vincolata allo sviluppo urbano sostenibile, pari al 5%.
[14] Regolamento (UE) 2021/1058 cit., art. 12.
[15] Sul punto, E. Croci, T. Molteni, Il Green Deal e il Recovery Plan, in G. F. Ferrari (a cura di), Le smart cities al tempo della resilienza, Milano-Udine, Mimesis, 2022, pp. 375-392; S. De Gregorio Hurtado, A Green Deal for the urban age: a new role for cities in climate action, in H. Abdullah (ed.), Towards a European Green Deal with Cities. The urban dimension of the EU’s sustainable growth strategy, Barcelona, Cidob Edicions, 2021, pp. 27-33; G. Pavani, Comparare al tempo delle cities, in G. Pavani, S. Profeti, C. Tubertini (a cura di), Le città collaborative ed eco-sostenibili: strumenti per un percorso multidisciplinare, Bologna, Il Mulino, 2023, p. 31; A. Santangelo e alt., The role of the University of Bologna in contributing to the Climate City Contract process for Bologna, in A. Boix Palop, G. Pavani (eds.), Green Cities, Governance and the Law cit., pp. 132-134.
[16] Per approfondire i contenuti della net-zero cities Mission, H. Gronkiewicz-Waltz e alt., Proposed Mission: 100 climate-neutral cities by 2030 – by and for the Citizens, Report of the Mission board for climate-neutral and smart cities, Luxembourg 2020. All’esito del bando competitivo, sono state selezionate 112 città, con il coinvolgimento di 27 Stati membri e 8 Stati associati.
[17] E. Carloni, M. V. Pineiro, Le città intelligenti e l’Europa cit., pp. 881-883; G. Cotella, The urban dimension of EU cohesion policy cit., pp. 143-147; M. Falcone, Le politiche europee per le città: agenda urbana e “aree interne”, in E. Carloni, S. Cortese, Diritto delle autonomie territoriali, Padova, Wolters Kluwer, 2020, pp. 252-255; E. Tatì, L’Europa delle città. Per una politica europea del diritto urbano, Milano, FrancoAngeli, 2020, pp. 72-81.
[18] G. C. De Martin, Un ente strategico, ancorché disconosciuto: la Provincia, in Federalismi.it, 17, 2009, pp. 1-5; F. Patroni Griffi, La Città metropolitana e il riordino delle autonomie territoriali. Un’occasione mancata?, in Federalismi.it, 4, 2013, pp. 1-5; F. Toscano Gil, Las Áreas metropolitana en el Derecho español: modelos vigentes e incidencia de la crisis económica, in Ist. Del Fed., 2, 2015, pp. 393-394; C. Barrero Rodríguez, De nuevo sobre el nivel intermedio de gobierno local ¿Qué cabe hacer sin reformar la constitución?, in Nueva Época, 2019, p. 89; D. Donati, Città strategiche. L’amministrazione dell’area metropolitana, Milano, Franco Angeli, 2023, pp. 69-70; M. Vilalta Reixach, Las áreas metropolitanas en España. Propuestas para una reforma, in T. Font I Llovet (dir.), Repensar el govern local: perspectives actuals, Barcelona, Institut d’estudis de l’Autogovern, 2023, pp. 68-72.
[19] Sull’opportunità del governo delle aree metropolitane italiane, ex multis, E. Rotelli, Le aree metropolitane in Italia: una questione istituzionale insoluta, in G. Martinotti (a cura di), La dimensione metropolitana, Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 319-323; P. Urbani, Il problema del governo metropolitano, in Riv. Giur. Urb., 2, 2000, pp. 276-281; M. Cammelli, Governo delle città: profili istituzionali, in G. Dematteis (a cura di), Le grandi città italiane. Società e territori da ricomporre, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 336-347; F. Pizzetti, Le Città metropolitane per lo sviluppo strategico del territorio: tra livello locale e livello sovranazionale, in Federalismi.it, 12, 2015, pp. 8-13; L. Vandelli, Voce - Città metropolitane, in Enc. Dir., vol. Ann. IX, Milano, Giuffrè, 2016, p. 84-87; G. Mobilio, Le Città metropolitane: dimensione costituzionale e attuazione statutaria, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 102-109.
[20] In questo senso, E. Carloni, Differenziazione e centralismo nel nuovo ordinamento delle autonomie locali: note a margine della sentenza n. 50/2015, in Dir. Pubbl., 1, 2015, p. 160; M. De Donno, Tra coordinamento e collaborazione: enti di area vasta ed Unioni di Comuni, in L. Vandelli, G. Gardini, C. Tubertini (a cura di), Le autonomie territoriali: trasformazioni e innovazioni dopo la crisi, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2017, pp. 131-135; L. Vandelli, Ruolo e forma di governo delle Città metropolitane. Qualche riflessione, in Oss. Fonti, 2, 2018, pp. 2-3; M. Zuppetta, Città metropolitane e strategie di sviluppo dei territori, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2019, pp. 141-144.
[21] F. Pizzetti, Le Città metropolitane per lo sviluppo strategico del territorio cit., pp. 7-8; G. Falcon, Conclusioni, in Oss. Fonti, 2, 2018, pp. 2-6; M. De Donno, La riforma del governo locale nella Legge Delrio: qualche riflessione cinque anni dopo, in Federalismi.it, 7, 2019, pp. 21-24; R. Medda, L’istituzione della Città metropolitana in Italia: lo stato dell’arte, in E. Carbonell Porras, G. Piperata (a cura di), Il governo locale tra sostenibilità e razionalizzazione: la riforma dei poteri locali in Spagna e Italia, Napoli, Editoriale scientifica, 2019, pp. 251-257; D. Donati, Fra le pagine chiare e le pagine scure. Una rilettura delle Città metropolitane, a 10 anni dalla loro istituzione, in Ist. del Fed., 4, 2023, pp. 755-763.
[22] G. Marongiu, La fiscalità delle Province nel secondo novecento, in Dir. e Prat. Trib., 1, 2010, pp. 97-108; T. Ventre, La disciplina dei tributi provinciali, in F. Amatucci (a cura di), Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Torino, Giappichelli, 2010, pp. 200-220; F. Petronio, La riforma incompiuta delle province, in Fin. e Trib. Loc., 5, 2017, pp. 52-57; A. Amori, Il finanziamento dei Comuni e delle Province, in L. del Federico, C. Verrigni (a cura di), La finanza pubblica nei vari livelli di governo: la prospettiva italiana, dai Comuni all’Unione Europea, Torino, Giappichelli, 2019, pp. 30-35
[23] Le Province e le Città metropolitane hanno accertato, per l’anno 2022, entrate totali pari a 12.821.084.804 Euro. Per ciò che riguarda i Comuni, le cifre sono ben diverse, posto che le entrate totali accertate per l’anno 2022 ammontano a 110.614.496.298 Euro. Le tavole di dati per l’anno 2022 sono reperibili al portale web https://www.istat.it/tavole-di-dati/finanza-locale-entrate-e-spese-dei-bilanci-consuntivi-comuni-province-e-citta-metropolitane.
[24] Sul punto, F. Pizzetti, La legge Delrio: una grande riforma in un cantiere aperto. Il diverso ruolo e l’opposto destino delle Città metropolitane e delle Province, in Rivista AIC, 3, 2015, pp. 1-5; C. Tubertini, Il riassetto delle funzioni amministrative locali: cronaca di una riforma solo in parte realizzata, in L. Vandelli, G. Gardini, C. Tubertini (a cura di), Le autonomie territoriali cit., pp. 239-243; G. Bergonzini, Del federalismo fiscale al contrario: i contributi forzosi degli enti locali al bilancio dello Stato, in C. Glendi e alt. (a cura di), Per un nuovo ordinamento tributario – Contributi coordinati da Victor Uckmar in occasione dei Novant’anni di Diritto e Pratica Tributaria – Tomo I, Milano, Wolters Kluwer, 2019, pp. 51-59.
[25] Per ulteriori approfondimenti, sia consentito il rinvio a F. Leonzio, Lo stato della finanza delle Città metropolitane e le possibili direzioni di sviluppo, in Fin. Trib. Loc., 3, 2022, pp. 11-25.
[26] In particolare, la l. n. 178/2020 delinea e la l. n. 234/2021 porta a compimento l’istituzione di un fondo unico statale dedicato alle Città metropolitane e di un contributo statale ad esse dedicato, con l’obiettivo di contribuire al finanziamento delle funzioni fondamentali metropolitane. Inoltre, la l. n. 234/2021 procede a modificare i criteri per la determinazione delle capacità assunzionali di Province e Città metropolitane in senso rafforzativo, nell’ottica di potenziare la capacità amministrativa del livello locale intermedio alla luce del ruolo locale nell’attuazione del PNRR. Per approfondire, M. De Donno, Ripensare le autonomie locali per attuare (davvero) il Titolo V della Costituzione: alcune riflessioni a partire dal PNRR e dal disegno di legge delega per la riforma del TUEL, in Dir. Reg., 1, 2022, pp. 135-138; D. Donati, Città strategiche cit., p. 99; G. Mobilio, Le Città metropolitane a dieci anni dalla loro istituzione. Spunti per un bilancio, in IPOF, 1, 2024, pp. 29-31.
[27] Si fa riferimento a tutti quei territori i quali, pur inclusi nelle Metropolitan Areas secondo il parametro FUA, sono oggi privi della qualifica metropolitana: si tratta delle aree metropolitane che circondano i Comuni di Bergamo, Brescia, Modena, Padova, Parma, Perugia, Prato, Reggio Emilia, Rimini, Salerno, Taranto e Verona. La mappa italiana delle FUAs è consultabile al sito https://www.oecd.org/en/data/tools/oecd-regions-and-cities-atlas.html. In dottrina, fanno ricorso al parametro FUA in Italia A. Poggi, I rapporti con il territorio, in Oss. Fonti, 2, 2018, pp. 2-5; F. Dini, A. D’Orazio, Città metropolitane e questione dell’ente intermedio in Italia: tassonomie di soluzioni possibili, in Federalismi.it, 20, 2022, pp. 326-330; R. Medda, Il governo locale delle aree urbane in Italia. Profili giuridici alla luce dell’esperienza comparata, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2022, pp. 23-33; D. Donati, Città strategiche cit., pp. 82-84.
[28] Sollevano perplessità sull’individuazione dei territori metropolitani C. Tubertini, Le politiche di riordino territoriale locale: Province e Città metropolitane. Nuove dinamiche nei rapporti con le Regioni, in F. Bassanini e alt. (a cura di), Territori e autonomie. Un’analisi economico-giuridica, Bologna, Il Mulino, 2016, p. 75; G. Mobilio, Città metropolitane cit., pp. 514-518; A. Poggi, I rapporti con il territorio cit., pp. 5-10; G. Tarli Barbieri, Le Città metropolitane. Dimensione costituzionale e attuazione statutaria: considerazioni introduttive, in Oss. Fonti, 2, 2018, pp. 10-17; W. Gasparri, Le ragioni dell’area vasta e le sue forma istituzionali, in Idem (a cura di), Alla ricerca dei modelli di governo dell’area vasta, Torino, Giappichelli, 2020, pp. 18-20; F. Dini, A. D’Orazio, Città metropolitane e questione dell’ente intermedio in Italia cit., pp. 320-322.
[29] Mutuando l’espressione di F. Dini, A. D’Orazio, Città metropolitane e questione dell’ente intermedio cit., pp. 315-316. Similmente, si veda W. Gasparri, Le ragioni dell’area vasta cit., p. 20, che afferma «La (non-) scelta di ricalcare i confini provinciali costituisce un’insormontabile barriera per (e rende del tutto aleatoria) l’efficacia della ridefinizione delle politiche pubbliche metropolitane».
[30] Carta di Bologna per l’Ambiente - Le Città metropolitane per lo sviluppo sostenibile, approvata a Bologna l’8 giugno 2017 a margine dell’incontro dei Ministri dell’Ambiente del G7. Nel dettaglio, la Carta individua quali obiettivi di riferimento delle Agende metropolitane per lo sviluppo sostenibile:
- Uso sostenibile del suolo e soluzioni basate sui processi naturali;
- Economia circolare;
- Adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione del rischio;
- Qualità dell’aria;
- Qualità delle acque;
- Ecosistemi, verde urbano e tutela della biodiversità;
- Mobilità sostenibile.
[31] Per approfondire, C. Arzà e alt., Le Agende per lo Sviluppo sostenibile delle città metropolitane di Genova, Milano, Torino e Venezia, in Working Papers. Rivista online di Urban@it, 2, 2020, pp. 3-14; G. Capuzzimati, L. Ferroni, C. Mazzanti, Le strategie di sviluppo sostenibile della città metropolitana di Bologna, in ibid, pp. 3-5; V. Orioli, M. Allulli, W. Vitali, Le città italiane e le esperienze di Agende urbane per lo sviluppo sostenibile, in N. Martinelli, E. Croci, M. Mininni (a cura di), Le città protagoniste dello sviluppo sostenibile – Sesto Rapporto sulle Città, Bologna, Il Mulino – Collana Urban@it, 2021, pp. 51-62; M. Annese e alt., Dalle agende metropolitane per la sostenibilità al Pnrr (e ritorno): quale idea di sostenibilità e quali politiche?, in S. Armondi e alt. (a cura di), Le città e i territori del Pnrr. Attori, processi, politiche – Nono rapporto sulle città, Bologna, Il Mulino – Collana Urban@it, 2024, pp. 269-279.
[32] Si fa riferimento alla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, approvata con delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica n. 108 del 2017 e rinnovata nel 2022 (delibera del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica n. 1 del 2023). Per consultare le 10 Agende metropolitane per lo sviluppo sostenibile ad oggi adottate, si veda il sito https://www.mase.gov.it/pagina/strategie-territoriali-approvate.
[33] Fanno parte dell’EMA le Città metropolitane di Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma Capitale, Napoli e Bari. Per approfondire, si consulti il sito https://www.amb.cat/en/web/amb/area-internacional/ema.
[34] Per approfondire, si rimanda a V. Orioli, C. Tubertini, M. De Donno, PNRR e città. Bologna, in S. Armondi e alt. (a cura di), Le città e i territori del Pnrr cit., pp. 93-100.
[35] V. Ferri, La perequazione territoriale nella Città metropolitana di Bologna, in Blog Urban@it, 23 settembre 2020; T. Bonetti, La città (metropolitana) di Bologna, in M. Doria, F. Pizzolato, A. Vigneri (a cura di), Il protagonismo delle città: crisi, sfide e opportunità nella transizione, Bologna, Il Mulino, 2024, pp. 180-185; A. Delpiano, Accenni di storia dei primi dieci anni della Città metropolitana di Bologna, in A. S. Purcaro (a cura di), What Next? Le Città metropolitane a 10 anni dalla loro istituzione, Bari, Cacucci, 2024, pp. 253-257. Si veda altresì il Regolamento per la gestione del Fondo perequativo metropolitano, approvato con delibera del Consiglio metropolitano n. 18/2021 e modificato con delibera n. 36/2022.
[36] E. Boscolo, Il Piano Territoriale Metropolitano milanese: impostazione concertativa e obiettivi transizionali, in A. S. Purcaro (a cura di), What Next? cit., pp. 199-215; I. S. Botto, La pianificazione territoriale metropolitana, in ibid, pp. 217-227. Si veda altresì il Regolamento di articolazione e gestione del Fondo perequativo metropolitano milanese, approvato con delibera del Consiglio metropolitano n. 30/2024.
[37] Per approfondire la linea di investimento dei Piani Urbani Integrati, si veda in particolare il lavoro di B. Baldi, G. Citroni, M. Mazzoleni, PNRR e Città metropolitane: la sfida dei Piani Urbani Integrati, Milano, EduCatt, 2023, pp. 41-68. Sulla recente riprogrammazione del PNRR, che rischia di privare di finanziamento i PUI per una quota di risorse significativa, si rimanda a L. Rizzo, R. Secomandi, A. Zanardi, Piani urbani integrati: quelli che restano nel Pnrr, in LaVoce.info, 29 novembre 2023 e C. Tubertini, Il ruolo delle città dentro (e oltre) il PNRR, in M. Doria, F. Pizzolato, A. Vigneri (a cura di), Il protagonismo delle città cit., pp. 212-216.
[38] C. Barrero Rodríguez, El juego de las entidades supramunicipales en España. Algunas reflexiones en el décimo aniversario de la Ley de Régimen Local de 2 de abril de 1985, in Revista de Estudios de la Administración Local y Autonómica, 264, 1994, pp. 627-631; F. Toscano Gil, El área metropolitana en el ordinamiento jurídico español, in Cuadernos de Derecho Local, 25, 2011, p. 117; L. Cosculella Montaner, El debate sobre la abolición de la provincia y la reforma de las diputaciones, in T. Font I Llovet, A. Galán Galán (dirs.), Gobierno local: crisis o renovación? – Anuario del Gobierno Local 2011, Barcelona-Madrid, Fundación Democracia y Gobierno Local, 2012, pp. 48-51; A. Galán Galán, Aniversario de la Constitución Española y de la Carta Europea de la Autonomía Local: los gobiernos locales en España, in Ist. del Fed., 2, 2019, pp. 338-340.
[39] J. L. Carro Fernández-Valmayor, Una reflexión general sobre las áreas metropolitanas, in Revista de Estudios de la Administración Local y Autonómica, 302, 2006, p. 11; F. Toscano Gil, Las Áreas metropolitana en el Derecho español cit., pp. 393-394; A. Hildebrand Scheid, El abandono de la cuestión metropolitana en España. La necesidad de dar un nuevo impulso para su replanteamiento, in Revista Iberoamericana de Urbanismo, 13, 2017, pp. 27-29; C. Barrero Rodríguez, De nuevo sobre el nivel intermedio cit., p. 89; M. Vilalta Reixach, Las áreas metropolitanas en España cit., pp. 68-72.
[40] C. Barrero Rodríguez, Las areas metropolitanas, Madrid, Editorial Civitas, 1993, pp. 55-65; F. Toscano Gil, El fenómeno metropolitano y sus soluciones jurídicas, Madrid, Iustel, 2010, pp. 239-264; T. Font I Llovet, Cap a un govern local metropolità: el potencial de la Llei de l’Àrea metropolitana de Barcelona, in Papers. Regió Metropolitana de Barcelona, 61, 2018, pp. 75-76; A. Sevillano e alt., La complicada definición del hecho metropolitano en España, in M. Tomàs (ed.), Metrópolis sin gobierno cit., pp. 43-53.
[41] In questo senso, F. Toscano Gil, Las Áreas metropolitanas en el Derecho español cit., pp. 391-394; A. Hildebrand Scheid, El abandono de la cuestión metropolitana en España cit., p. 27; R. Barres, M. Martí-Costa, La anomalía española: el proceso de institucionalización metropolitana en Europa occidental, in M. Tomàs (ed.), Metrópolis sin gobierno. La anomalia española en Europa, Valencia, Tirant lo Blanch, 2023, pp. 37-40; M. Vilalta Reixach, Las áreas metropolitanas en España cit., pp. 65-68.
[42] Per approfondire, F. Toscano Gil, El fenómeno metropolitano cit., pp. 152-157; J. J. Romero, C. Zornoza, M. Dolores Pitarch, La gobernanza metropolitana en la Comunitat Valenciana: una oportunidad perdida, in M. Tomàs (ed.), Metrópolis sin gobierno cit., pp. 214-219.
[43] Per approfondire, J. Perdigó I Solà, La institucionalización del Área metropolitana de Barcelona: antecedentes y situación actual, in T. Font I Llovet, A. Galán Galán (dirs.), La directiva de servicios. Contractación local y crisis económica. Nuevos desarrollos estatutarios - Anuario del Gobierno Local 2009, Barcelona-Madrid, Fundación Democracia y Gobierno Local, 2009, pp. 115-118; M. Martí-Costa, M. Tomàs, R. Barres, Barcelona: el salto a la gobernanza de la región metropolitana, in M. Tomàs (ed.), Metrópolis sin gobierno cit., pp. 106-111.
[44] In questo senso, sono di interesse le riflessioni di G. Gardini, Il difficile cammino del decentramento tra riforme, emergenze e resistenze. Alla ricerca di un “sistema delle autonomie territoriali”, in La Nuova Giuridica, 1, 2024, pp. 26-29, che espressamente rinviene nelle scelte della legge Delrio sull’area vasta una chiara influenza del modello spagnolo degli enti sovralocali – in particolare, la Provincia – ad elezione indiretta. Similmente anche A. Lanzafame, La democrazia locale in Italia ed in Spagna alla prova delle riforme, in For. Quad. Cost., 15 maggio 2017, p. 39.
[45] Sul punto, R. Gracia Retortillo, M. Vilalta Reixach, J. C. Covilla Martínez, The metropolitan area of Barcelona: creation of a local metropolitan government, in L. Malikova e alt. (dir.), Metropolisation, Regionalisation and rural intermunicipal cooperation. What impact in local, regional and national governments in Europe?, Paris, Institut Universitarie Varenne, 2018, pp. 416-417; M. Tomás, Governar la Barcelona real. Pasqual Maragall i el dret a la ciutat metropolitana, Barcelona, Fundació Catalunya Europa, 2017, pp. 59-62; P. Salinas, M. Vilalta, El finançament de les àrees metropolitanes. Una especial referència al cas de l’AMB, in Papers. Regió Metropolitana de Barcelona, 61, 2018, pp. 66-70; M. Martí-Costa e alt., The role and future perspectives of Cohesion Policy in the planning of Metropolitan Areas and Cities – Annex IV. Barcelona Metropolitan Area case study, Luxembourg, Espon, 2021, pp. 24-26; M. Vilalta Reixach, Las áreas metropolitanas en España cit., pp. 96-98.
[46] T. Font I Llovet, A. Galán Galán, Un año de transición: los gobiernos locales en los desarrollos estatutarios y ante la crisis económica, in Idem (dirs.), La directiva de servicios cit., pp. 17-18; M. Vilalta Reixach, Las áreas metropolitanas en España cit., pp. 85-90; M. Martí-Costa, M. Tomàs, R. Barres, Barcelona: el salto a la gobernanza cit., pp. 104-106.
[47] O. Estela Barnet, La planificació estratègica metropolitana a Barcelona: cap a una tercera geració de plans?, in Papers. Regió Metropolitana de Barcelona, 61, 2018, pp. 46-48; M. Martí-Costa, M. Tomàs, R. Barres, Barcelona: el salto a la gobernanza cit., pp. 114-116.
[48] Compromís Metropolità 2030: una estratègia per a la ciutat dels 5 milions, Associació Pla Estratègic Metropolità de Barcelona. Per approfondire, è possibile consultare il sito https://compromismetropolita.cat/ca.
[49] M. Tomàs, La gobernanza metropolitana y la Nueva Agenda Urbana, in J. Ponce Solé, W. Migliari, O. Capdeferro Villagrasa (coords.), El derecho, la ciudad y la vivienda en la nueva concepción del desarrollo urbano: desafíos transnacionales y transdisciplinarios de la gobernanza en la Nueva Agenda Urbana, Barcelona, Atelier, 2019, pp. 162-164; A. Galán Galán, Los gobiernos locales ante el reto de los fundos europeos de recuperación, in Revista Catalana de Dret Públic, 63, 2021, p. 107; R. Barres, M. Martí-Costa, La anomalía española cit., p. 40.
[50] In questo senso in particolare T. Font I Llovet, M. Vilalta Reixach, La ciudad en busca de autor. Hacia un estatuto europeo de las grandes ciudades, in Idem (dirs.), R. Gracia Retortillo (coord.), El gobierno de las ciudades y de las grandes áreas urbanas – Anuario del Gobierno Local 2022, Barcelona-Madrid, Fundación Democracia y Gobierno Local, 2022, pp. 16-19 e M. Martí-Costa, M. Tomàs, J. Romero, Conclusiones. Para cuándo una agenda metropolitana en España, in M. Tomàs (ed.), Metropolis sin gobierno cit., pp. 315-319. Contra F. Toscano Gil, El fénomeno metropolitano, in T. Font I Llovet (dir.), D. Santiago Iglesias, M. Almeida Cerreda (coords.), Las reformas y propuestas de reforma del régimen local en España, 1999-2022, Barcelona-Madrid, Diputación de Barcelona-Fundación Democracia y Gobierno Local, pp. 102-103. L’autore vede in un intervento statale il rischio di un’eccessiva regolazione, di stampo uniformante, che inciderebbe negativamente sulle esperienze informali di gestione dei fenomeni metropolitani, ulteriori rispetto alla forma giuridica delle Áreas metropolitanas ex. art. 43 LBRL.
[51] In questo senso, si vedano in particolare le riflessioni di C. Tubertini, Le Città metropolitane: profili istituzionali, in Astrid Rassegna, 9, 2023, pp. 10-13; D. Donati, Fra le pagine chiare e le pagine scure. Una rilettura delle Città metropolitane, a 10 anni dalla loro istituzione, in Ist. del Fed., 4, 2023, pp. 763-760.
[52] Come si è già osservato supra, nota 41, ai cui riferimenti bibliografici si rimanda, la dottrina appare divisa tra i sostenitori di un intervento legislativo statale che incentivi il ricorso al modello delle Áreas metropolitanas e coloro che, diversamente, vedono in interventi di tal specie il rischio di ridimensionare le forme spontanee di gestione delle problematiche urbane.
[53] Si segnala, per ciò che attiene il caso italiano, che al momento giace in Commissione Affari costituzionali un disegno di legge unificato, frutto della congiunzione degli atti del Senato n. 57, 203, 313, 367, 417, 443, 459, 490, 556, reperibile al sito https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/55267.htm. Il progetto mira al ripristino del sistema ad elezione diretta degli enti di area vasta, superando così il noto monito della Corte Costituzionale – sent. 240/2021 - sull’illegittimità dell’individuazione di diritto del Sindaco metropolitano nel Sindaco del Comune capoluogo. Ad ogni modo, il disegno di riforma non affronta altre questioni rilevanti – su tutte, non si occupa del ritaglio delle circoscrizioni di area vasta, e rimanda a successivi decreti delegati la questione del loro finanziamento – e sembra incapace di differenziare adeguatamente il destino amministrativo di Province e Città metropolitane. Lo stesso abbandono della forma di governo indiretta non sembra invero frutto della volontà di rilanciare gli enti metropolitani, ma di mera opportunità politica, che rischia però di indebolire la capacità di tali enti di svolgere il ruolo di perno con le istituzioni del territorio, in un’ottica collaborativa. Per ulteriori considerazioni, si veda C. Tubertini, Le Città metropolitane cit., pp. 6-10. Per approfondire i contenuti della sent. 240/2021, si rimanda ex multis a M. Cecchetti, Prime osservazioni sulla sentenza n. 240 del 2021: gli enti di area vasta nell’ordinamento costituzionale tra passato, presente e futuro, in Federalismi.it – Paper, 29 dicembre 2021, pp. 1-9; M. De Donno, La sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 2021 e la legge Delrio: quale futuro per gli enti di area vasta?, in Federalismi.it, 3, 2022, pp. 91-113; G. Mobilio, Ed infine, la Corte costituzionale intima di riformare le Città metropolitane: a proposito della sentenza n. 240 del 2021, in Forum Quad. Cost, 1, 2022, pp. 200-216; C. Napoli, L’organo di vertice dell’ente di area vasta e la differenziazione funzionale tra città metropolitane e province. Riflessioni a margine della sentenza n. 240/2021 della Corte costituzionale, in Federalismi.it, 7, 2022, pp. 221-239.
[54] Come osserva T. Font I Llovet, De la autonomía local al poder de las ciudades, in Ist. del Fed., 2019, n. spec., p. 134, «la configuración de la ciudad como nuevo sujeto jurídico-institucional es una cuestión de extrema complejidad, pero que también va a ser de extrema necesidad. Esta dinámica va a requerir amplios y profundos movimientos de reforma, tanto del derecho nacional como del derecho supraestatal y convencional. Y además para su implementación deberá concurrir una fuerte dosis de autoregulación y de autoorganización de la propia ciudad».
Parole chiave: Città europee sostenibili; Città metropolitane; Área Metropolitana de Barcelona; politiche urbane multilivello; governance locale integrata
Abstract: Le istituzioni dell’UE appaiono sempre più interessate alla sostenibilità dei contesti urbani e periurbani. Tra gli obiettivi, si cercano moduli di governo innovativi, che permettano di coordinare ed integrare efficacemente le politiche nel contesto multilivello. In questo quadro, ci si può interrogare sul potenziale ruolo degli enti di livello metropolitano per il governo della dimensione urbana funzionale, volgendo lo sguardo agli ordinamenti italiano e spagnolo. Nonostante alcune contraddittorietà presenti nella legge n. 56/2014, si segnalano esperienze metropolitane che tentano di promuovere una maggiore coesione sociale e sostenibilità territoriale, in linea con la finalizzazione delle Città metropolitane allo sviluppo strategico del territorio. In Spagna, dove invece gli enti di governo metropolitano non godono di riconoscimento costituzionale, si registra una scarsa propensione delle Comunidades Autonomas ad istituire tali enti. Tuttavia, anche in questo caso, pratiche innovative emergenti dall’azione politica dell’Área Metropolitana de Barcelona confermano il potenziale degli enti di livello metropolitano verso il percorso della transizione sostenibile. L’elaborato mira così ad offrire spunti di riflessione, nel segno di un rilancio dell’identità politica metropolitana coerente con gli stimoli europei per il futuro sostenibile delle città.
The intermediate metropolitan tiers before the European policy orientations for sustainable cities by Fulvio Leonzio
Abstract: EU institutions appear increasingly interested in the sustainability of urban and peri-urban contexts. Among the purposes, innovative forms of governance, enabling effective coordination and integration of policies in the multilevel context, are being sought. Within this framework, it is possible to wonder about the potential role of metropolitan authorities in governing the functional urban dimension, by turning the gaze to the Italian and Spanish legal systems. Despite some contradictions in l. n. 56/2014, metropolitan experiences are reported that attempt to promote greater social cohesion and territorial sustainability, in line with the finalization of Città metropolitane for the strategic development of the territory. In Spain, on the other hand, where metropolitan government bodies do not enjoy constitutional recognition, there is little willingness of Comunidades Autonomas to establish such bodies. However, even in this case, innovative practices emerging from the Área Metropolitana de Barcelona’s political action confirm the potential of metropolitan entities towards the path to sustainable transition. The paper thus aims to offer insights, in the spirit of a revitalization of the metropolitan political identity consistent with the European calls for a sustainable future for cities.
Keywords: European sustainable cities; Città metropolitane; Área Metropolitana de Barcelona; multilivel urban policies; integrated local governance