Professore ordinario di Sociologia generale, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna

Introduzione

La l. 26 giugno 2024, n. 86 (“Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”) si prefigge di definire «i princìpi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia»; i contenuti e gli elementi critici della legge sono ampiamente trattati, fra l’altro, nel n. 2/2024 di “Istituzioni del Federalismo”. La legge è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 192 del 14 novembre 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune parti della legge; i risvolti della sentenza sono approfonditi negli altri contributi a questo fascicolo.

Infine, la Corte ha reputato inammissibile (20 gennaio 2025, n. 10) la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione della legge in parola. Nel motivare il giudizio, la Consulta si interroga in merito alla possibilità per l’elettore «di esprimere un voto libero e consapevole» e conclude, citando ampiamente la giurisprudenza costituzionale, che il quesito referendario è «privo di chiarezza»: a seguito della sua precedente sentenza in merito all’incostituzionalità di «gran parte del dispositivo normativo» della legge, «risulta obiettivamente oscuro per l’elettore l’oggetto del quesito»; l’argomento del referendum sarebbe «sostanzialmente non decifrabile» per il cittadino, il quale si troverebbe «in una condizione di disorientamento, rispetto sia ai contenuti, sia agli effetti di quel che resta della legge»; «tale disorientamento impedirebbe l’espressione di un voto libero e consapevole». Ancora, ritenere ammissibile il referendum significherebbe «far esercitare un’opzione popolare non su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato», ossia si sostanzierebbe in un’espressione di un giudizio diretto sull’art. 116, comma 3 della Costituzione, con una conseguente «radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata» in quanto tale.

Il regionalismo differenziato è stato un elemento chiave del programma elettorale del 2022 della coalizione di centro-destra, che include – sotto il capitolo delle riforme istituzionali – il proposito di «attuare il percorso già avviato per il riconoscimento delle Autonomie ai sensi dell’art. 116, comma 3 della Costituzione, garantendo tutti i meccanismi di perequazione previsti dall’art. 119 della Costituzione». La lista Lega-Salvini Premier, componente della suddetta coalizione, ha presentato un programma di governo aggiuntivo rispetto a quello di coalizione, in cui si pone l’obiettivo di «riprendere senza indugi la trattativa ex art. 116/c. 3 Cost. di Lombardia e Veneto, approdando il più presto possibile alla sottoscrizione dell’Intesa con il Governo» e di «valutare l’allargamento delle trattative alle Regioni a Statuto ordinario che intendano seguire il medesimo percorso di Lombardia e Veneto e sostenerlo con impegno»[1].

Oltre al rilievo del regionalismo differenziato nelle attività del Governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene, e al di là della sua importanza nel dibattito pubblico alimentato dagli attori politici e dai mezzi di informazione, va considerata la scarsa fiducia manifestata dalla Corte nella capacità degli italiani di esprimere un orientamento informato sull’opportunità di estendere l’autonomia alle Regioni a statuto ordinario. Per questo complesso di motivi, pare opportuno esplorare l’opinione pubblica in tema di autonomia regionale differenziata: qual è effettivamente il grado di consapevolezza degli italiani in merito alla l. n. 86/2024, quali sono le aspettative che essi associano alla riforma, e qual è la consistenza degli schieramenti che sostengono o al contrario avversano l’innovazione normativa? In questa sede si intende realizzare questo proposito mediante una rassegna degli esiti delle inchieste campionarie d’opinione che hanno trattato il tema del regionalismo differenziato, nel periodo che va dalla presentazione del disegno di legge (da parte della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli) nel marzo 2023 fino alla redazione del presente testo.

Le inchieste di cui si dà conto sono tratte dall’archivio istituito preso il sito web gestito dal Dipartimento per l’Editoria e l’Informazione della Presidenza del Consiglio del Ministri nell’ambito di un quadro normativo definito dall’art. 8 della l. 22 febbraio 2000, n. 28 (“Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”) e dal Regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa, emanato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni-Agcom (delibera n. 256/10/CSP del 2010). Più precisamente, le informazioni qui riportate scaturiscono da 16 “documenti” (come definiti all’art. 5 del Regolamento Agcom) liberamente reperibili al suddetto sito, di cui alcuni elementi sono riportati nella tabella posta in Appendice al presente testo. Ogni inchiesta citata in seguito è accompagnata dal numero identificativo assegnato dal suddetto sito web al corrispondente “documento” (e riportato in Appendice).

I sondaggi[2] in parola hanno impianti metodologici (metodi di campionamento, modalità di raccolta delle informazioni, dimensioni campionarie, formulazioni dei quesiti e delle opzioni di risposta, tassi di risposta, ricorso alla ponderazione differenziata dei dati, ecc.) piuttosto variabili, e pertanto producono risultati diversamente generalizzabili alla popolazione; sono altresì caratterizzati da profili difformi di visibilità mediatica. Per le finalità di ricostruzione generale perseguite in questa sede, non ci si soffermerà su questi aspetti.

Il fatto che l’analisi si incentri su risultati di sondaggi resi pubblici meriterebbe una riflessione ampia, ma è qui sufficiente ricordare che se, da una parte, le indagini demoscopiche consentono (idealmente) di registrare l’opinione pubblica (funzione cognitiva, di rappresentazione dell’opinione pubblica), dall’altra la loro condivisione può contribuire (funzione strumentale, di influenza sull’opinione pubblica) all’agenda-setting e al framing dei temi affrontati e alla costruzione del consenso presso la società civile[3].

Il grado di conoscenza in merito al regionalismo differenziato

Nel sondaggio n. 12262, risalente alla primavera del 2023, già il 60% degli intervistati rispondeva di sapere «in che cosa consistesse l’autonomia differenziata, prevista dal recente d.d.l.». Nel novembre 2023 (sondaggio n. 12542), l’incidenza di sedicenti informati sale al 66%. Nel febbraio 2024, dopo l’approvazione del disegno da parte del Senato, la rilevazione n. 12685 fornisce un quadro più articolato: il 13% degli intervistati afferma di aver «letto/ascoltato con attenzione molte notizie» in proposito; il 29% di aver recepito «qualche notizia»; il 34% ne ha sentito parlare ma non capisce bene di cosa si tratta; solo il 24% non ne ha mai sentito parlare. Nell’estate del 2024, dopo l’approvazione definitiva della legge n. 86/2024 da parte del Parlamento, la stessa domanda (n. 12993) ottiene risultati sostanzialmente identici.

Secondo gli esiti (riferiti all’ambito nazionale) del sondaggio n. 12979, condotto anch’esso nel luglio 2024, il 58% degli intervistati ha sentito parlare di autonomia differenziata, e la metà di questi afferma di essere molto o abbastanza «informato sul tema». Questa inchiesta esplora anche quali aspetti della legge sono noti «anche solo per sentito nominare»: il 56% sa che «le competenze richieste possono variare da regione a regione»; il 49% che «le materie oggetto di autonomia saranno in totale 23, tra queste anche la tutela della salute, l’istruzione, sport, ambiente, energia e trasporti, cultura e commercio estero»; il 44% che «le richieste di autonomia partono su iniziativa delle stesse regioni»; il 39% che sono previsti «meccanismi di monitoraggio e valutazione per verificare l’efficacia dell’autonomia differenziata e il rispetto degli accordi»; il 38% che la legge prevede livelli essenziali di prestazione, ossia «criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale».

“Favorevole o contrario”?

La sollecitazione di un giudizio complessivo di favore o di contrarietà all’autonomia differenziata è, non sorprendentemente, l’elemento più ricorrente – anzi, pressoché onnipresente – nei sondaggi presi in esame in questa sede: un quesito semplice, diretto, di agevole comunicazione e, soprattutto, notiziabile. Come si evince dai risultati riassunti nella tab. 1, seppure in un contesto caratterizzato da una notevole variabilità, nella maggioranza delle rilevazioni i contrari sopravanzano rispetto ai favorevoli; solo tre sondaggi producono una prevalenza relativa di sostenitori della riforma[4]. Vale la pena sottolineare che la serie di inchieste condotte da Demopolis per il programma televisivo “Otto e mezzo” (nn. 12262, 12542 e 12961) e quella a cura di Euromedia Research (nn. 12966 e 13081) restituiscono risultati stabili nel corso del tempo, mentre la serie che fa capo a Demos&PI e Demetra per conto de “la Repubblica” evidenzia un crescente dissenso per la riforma.

Tabella 1. Favorevoli e contrari all’estensione dell’autonomia regionale alle Regioni a statuto ordinario nei sondaggi pubblicati dai mezzi di informazione nel biennio 2023-24 (valori percentuali)

N identificativo

favorevoli

contrari

Non sa

Saldo: favorevoli-contrari (punti percentuali)

12262 °


38

43

19

–5

12485 ^

51

43

6

+8

12542 °


38

45

17

–7

12685


41

32

27

+9

12697 ^

44

49

7

–5

12961 °

42

49

9

–7

12963

54

38

8

+16

12966 #

35

41

24

–6

12979
------------------

31
---------------------

41
------------------

28
-------------

–10
-------------------

13081 #

34

41

25

–7

13139 ^

35

60

5

–25

Blocco sconosciuto

Nota: il filetto tratteggiato separa i sondaggi condotti prima dell’approvazione della legge n. 86/2024 da quelli condotti in seguito. Ogni insieme di sondaggi contraddistinto da °, # o ^ si riferisce a una rilevazione effettuata da uno stesso ente di ricerca, con un impianto metodologico uniforme e in un contesto mediatico omogeneo (vedi Appendice).

Due inchieste invitano gli intervistati ad ipotizzare che venga indetto un referendum abrogativo della legge che introduce l’autonomia (si tratterrebbe, pertanto, di “sondaggi politici ed elettorali”, secondo la definizione Agcom). Secondo il sondaggio n. 12933 (luglio 2024), fino al 59% degli interpellati si recherebbe («certamente» il 33% e «forse» il 26%) alle urne, il 22% si asterrebbe e il 19% non sa cosa farebbe. Inoltre, il 30% opterebbe per l’abrogazione e il 22% per la conferma della legge (il rimanente 48% consiste di indecisi e intenzionati ad astenersi). In modo grosso modo analogo, il sondaggio n. 13033 (settembre 2024) vede due elettori intenzionati a optare per l’abrogazione per ogni votante che propende per la conferma; la stessa indagine stima un’affluenza alle urne del 41%, insufficiente per raggiungere il quorum (evidentemente si tratta di una stima particolarmente approssimativa, che non tiene conto, ad esempio, dell’eventuale accorpamento del referendum ad altre consultazioni in un unico election day).

Il sondaggio n. 12685 (febbraio 2024) prefigura addirittura un referendum costituzionale sul tema dell’autonomia differenziata (consultazione neppure contemplabile in assenza di una nuova riforma della Carta) e chiede agli intervistati di prevederne l’esito (quindi di indicare non come si comporterebbero personalmente bensì come pensano che voterebbe la maggioranza degli italiani[5]). Quasi la metà (47%) dichiara di non essere in grado di formulare una previsione; gli altri si dividono in modo equilibrato fra quanti pronosticano l’approvazione dell’autonomia (27%) e quanti al contrario si aspettano che sia respinta (26%).

Vantaggi e svantaggi associati all’autonomia regionale differenziata

Secondo il sondaggio n. 12262 (primavera 2023), per il 44% degli intervistati l’attuazione dell’autonomia differenziata avrebbe un effetto negativo sulla «qualità dei servizi della Regione in cui vive», contro un 41% che si attende conseguenze anzitutto positive. I risultati della rilevazione replicata nell’autunno dello stesso anno (n. 12542) evidenziano un’incidenza lievemente maggiore di “pessimisti”: il 46% prevede un impatto negativo, il 40% uno positivo. In occasione di un’ulteriore iterazione nel giugno 2024 (n. 12961), il divario si estende a 7 punti percentuali: 48 contro 41%.

Il sondaggio n. 12685 (febbraio 2024) pone un quesito simile, prevedendo però anche una risposta intermedia (i servizi nella propria Regione «resterebbero come adesso»). Il 33% prevede un miglioramento, il 24% un peggioramento, il 23% nessuna variazione; il 20% ammette di non sapere formulare previsioni. Emerge dunque una prevalenza (di 9 punti percentuali) di “ottimisti”. Simile il quesito posto dal sondaggio n. 13081 (ottobre 2024), i cui risultati rispecchiano un sostanziale equilibrio: dall’autonomia differenziata il 34% degli intervistati si aspetta maggiori vantaggi alla propria Regione, il 36% una prevalenza di svantaggi, il 24% prevede nessun cambiamento.

Il sondaggio n. 12685 ha anche chiesto agli italiani interpellati di esprimere il loro grado di accordo con quattro frasi. Il 48% si dichiara d’accordo sul fatto (frase A) che l’autonomia differenziata comporterebbe «la disarticolazione di servizi e di infrastrutture che per il loro ruolo sarebbe bene mantenessero una dimensione unica nazionale» (contro un 28% in disaccordo). Per il 47% si rischia (frase B) di «aggravare e istituzionalizzare di fatto le differenze economiche, politiche e sociali che già ci sono tra una Regione e l’altra» (non d’accordo il 29%). Di converso, il 47% sottoscrive l’idea (frase C) che una maggiore autonomia regionale «consentirebbe di trattenere le imposte dei residenti sul proprio territorio, responsabilizzando maggiormente gli amministratori locali…» (il 27% non condivide). Infine, il 43% è d’accordo (frase D) che «finora lo Stato ha pagato i servizi forniti agli enti locali in base a quanto era stato speso negli anni precedenti, così chi ha speso di più ha ottenuto più soldi; con l’autonomia differenziata ci sarebbe invece uno standard nei costi dei servizi ai cittadini, con un risparmio per l’intero sistema» (dissente il 29%). In merito a ciascuna delle frasi, circa un quarto degli intervistati ha dichiarato di non sapere esprimere alcun orientamento. Nel complesso, pertanto, una robusta maggioranza di intervistati (al netto di coloro che non si schierano) pare riconoscere sia i vantaggi, sia (in misura lievemente più marcata) gli svantaggi associati a una maggiore autonomia regionale. Nella riproposizione dei medesimi stimoli nel sondaggio n. 12993 (luglio 2024) si registrano una maggiore condivisione degli elementi critici dell’autonomia regionale (frasi A e B) e un più ridotto riconoscimento dei suoi benefici (frasi C e D).

Infine, il sondaggio n. 12979 (luglio 2024) interroga gli intervistati circa i principali vantaggi e svantaggi associati alla riforma dell’autonomia. A livello nazionale, i maggiori benefici sono, in ordine decrescente (era possibile indicare più risposte): politiche su misura (12%), gestione più efficiente delle risorse (11%), ridimensionamento della burocrazia (9%), sostegno per gli attori economici locali (8%), trasparenza decisionale (7%), opportunità per l’innovazione amministrativa (7%) e via calando. I maggiori aspetti critici sono: aggravamento del divario Nord-Sud (36%), accentuazione delle differenze fra Regioni ricche e povere (18%), indebolimento dell’unità nazionale (14%), gestione disomogenea del territorio nazionale (11%), differenziazione dei livelli qualitativi dei servizi (11%), maggiorazione dei costi (9%); altri aspetti critici sono individuati da quote più marginali di intervistati. Più significativamente, non indica alcun vantaggio il 27% degli intervistati, cui si aggiunge un 26% che espressamente esclude che vi sia alcun vantaggio. Di converso, non indica alcuno svantaggio il 25%, cui si aggiunge appena un 5% che nega che l’autonomia differenziata comporti svantaggi. Di nuovo, dunque, è più probabile che sia percepita la problematicità della riforma piuttosto che i suoi benefici.

Pubblica opinione e territorio

Nel dare conto degli svantaggi associati al regionalismo differenziato, alcune narrazioni giornalistiche, le azioni di comunicazione intraprese da alcuni attori politici e istituzionali e anche – come si è visto – i risultati di alcuni sondaggi evidenziano una certa preoccupazione per il possibile accentuarsi delle differenze fra aree settentrionali e meridionali del Paese, fra aree “ricche” e “povere”, fra Regioni amministrate bene e male. Ne consegue che questi timori dovrebbero manifestarsi in misura diversa in funzione del territorio. E, in effetti, pare che sia così. Il già citato sondaggio n. 12685, diffuso nel febbraio 2024 e in prima istanza sul principale quotidiano italiano, articola alcuni esiti per macro-area geografica.

Se a livello nazionale il saldo fra l’incidenza di coloro che prevedono un miglioramento dei servizi nella propria Regione e l’incidenza di coloro che si aspettano un peggioramento ammonta a +9 punti percentuali, al Nord-ovest e al Nord-est il saldo è decisamente più spostato verso il miglioramento (+28 e +26 punti, rispettivamente), mentre si registrano pronostici più tiepidi al Sud (–1) e decisamente freddi nelle Isole (–18 punti). Analogamente, il saldo fra favorevoli e contrari alla riforma nel suo complesso, pari a +9 punti a livello nazionale, sale a +28 e +21 al Nord-ovest e al Nord-est e scende a +2 e a –19 al Sud e nelle Isole. L’ostilità più pronunciata verso la concessione di maggiore autonomia alle Regioni a statuto ordinario si riscontra proprio nelle Isole, ossia nelle Regioni a statuto speciale, Sicilia e Sardegna. Non è chiaro se tale risultato sia da interpretare come una volontà di siciliani e sardi di negare alle altre Regioni le prerogative originate da una maggiore autonomia oppure come un giudizio negativo in merito all’autonomia dei propri territori.

Come si è già detto, il sondaggio n. 12685 rileva il grado di accordo degli intervistati con quattro frasi che individuano benefici o elementi critici dell’autonomia regionale. Anche qui emerge il divario Nord-Sud: al Nord una maggioranza relativa sottoscrive le frasi C e D (che prendono atto di presunti benefici), mentre al Sud e nelle Isole prevalgono i sostenitori delle frasi A e B (che associano l’autonomia differenziata ad aspetti problematici). In questi confronti territoriali, il Centro Italia esprime una posizione intermedia, prossima al profilo nazionale.

Tre sondaggi pubblicati tra quelli elencati in Appendice e finora non menzionati – nn. 12156 (marzo 2023), 12429 (settembre 2023) e 13043 (settembre 2024) – sono riferiti esclusivamente alla popolazione del Veneto, una Regione a lungo (dal 2010) guidata da uno stesso Presidente (espresso dalla Lega), il quale gode di consensi particolarmente ampi (ha ricevuto oltre il 76% dei voti validi in occasione delle elezioni regionali del 2020) e particolarmente attivo nel rivendicare una maggiore autonomia[6]. Prevedibilmente, un’ampia maggioranza di intervistati (il 76, l’81 e il 75% in ordine cronologico) è favorevole «all’autonomia del Veneto che Zaia sta trattando con il Governo». Ma prevale una scarsa fiducia in merito al suo conseguimento: nelle prime due rilevazioni qui citate si chiede ai veneti «quando si aspetta[no] che il Veneto avrà più autonomia?»; la grande maggioranza (il 63 e il 67%) sceglie l’opzione di risposta «Roma non darà mai al Veneto l’autonomia». Nei primi due sondaggi veneti è stata posta anche la seguente domanda: «l’autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna che è in discussione in questi mesi mette a rischio l’unità nazionale»? Il 60-66% esclude questo rischio, contro un 30-35% che lo riconosce. La caratterizzazione quasi monolitica dell’opinione pubblica veneta si indebolisce lievemente nella terza inchiesta, laddove si chiede se «con il Governo Meloni, per il Veneto sarà più facile o più difficile avere l’autonomia?»: il 51% pensa che sarà più facile, il 38% più difficile.

Infine, il già citato sondaggio n. 12979 ha coinvolto, oltre a un campione nazionale, anche uno di soli abitanti della Calabria. Molti esiti riferiti alla Regione meridionale non si discostano apprezzabilmente da quelli nazionali. Tuttavia, in Calabria si registrano una maggiore tendenza a non associare vantaggi all’autonomia differenziata e una più spiccata avversione complessiva nei suoi confronti (19% di favorevoli e 59% di contrari, versus 31 e 41%, rispettivamente, a livello nazionale – ossia un saldo di –40 punti percentuali in Calabria rispetto al –10 nel Paese intero).

Pubblica opinione e orientamento partitico

Poiché l’introduzione dell’autonomia per le Regioni a statuto ordinario è stata al centro della dinamica parlamentare fra maggioranza e opposizione nel corso dell’attuale legislatura, è ragionevole aspettarsi che le opinioni degli intervistati varino in funzione del loro comportamento elettorale. Il fertile sondaggio n. 12685 permette di esplorare (confermandola) questa aspettativa.

Il saldo fra l’incidenza di coloro che dalla riforma si aspettano un miglioramento dei servizi nella propria Regione e l’incidenza di coloro che prevedono un peggioramento è pari a +45/+50 punti percentuali per gli elettori del centro-destra, a –19 per i sostenitori del Movimento 5 stelle (M5s) e a –40 punti per i votanti del Partito democratico (Pd). Il saldo in punti percentuali fra favorevoli e contrari alla riforma nel suo complesso ammonta, congruentemente, a +55/+63 fra gli elettori del centro-destra, scende a –17 per il M5s e addirittura a –47 per il Pd.

Il grado di accordo degli intervistati con le quattro frasi associate a benefici e a elementi critici del regionalismo differenziato rispecchia, all’incirca, queste simpatie partitiche. L’idea che la riforma comporti vantaggi legati alla responsabilizzazione degli amministratori e a risparmi sistemici è condivisa da oltre il 70% dei sostenitori di centro-destra, ma solo dal 28/38% dei simpatizzanti Pd e dal 36/45% dei filo-M5s. In modo speculare, il 70/71% dell’elettorato Pd e il 60/68% dei votanti M5s sono d’accordo che la riforma porti alla disarticolazione dei servizi e a maggiori differenze fra Regioni, contro meno della metà dei sostenitori del centro-destra.

Considerazioni conclusive

I risultati di sondaggi d’opinione sono notoriamente esposti a un ampio ventaglio di distorsioni (Roccato 2003) e sensibili a scelte tecniche, come in parte si evince dal fatto che i riscontri empirici di cui si è dato conto in queste pagine talvolta divergono in misura apprezzabile. Tuttavia, pare possibile trarre alcune conclusioni. I livelli di consapevolezza in tema di autonomia differenziata dichiarati dagli intervistati non sono particolarmente elevati, anche se quote apprezzabili di cittadini sembrano essere al corrente di aspetti specifici e qualificanti della riforma. Benché sia altamente probabile che gli intervistati sopravvalutino il proprio grado di consapevolezza, ciò vale anche per qualsiasi argomento politico. I cittadini nel loro ruolo di elettori regolarmente compiono scelte in presenza di informazioni limitate e si servono abitualmente e fisiologicamente di scorciatoie euristiche nella maturazione delle loro decisioni (Lau-Redlawsk 2006). Una minoranza non trascurabile della popolazione pare invece essere del tutto avulsa dal dibattito, ma ciò riflette un più diffuso distacco nei confronti della sfera pubblica, convalidato, tra l’altro, dalla consistenza dell’astensionismo elettorale e dalla disaffezione nei confronti della politica (Tronconi-Tuorto 2023; Cavazza-Roccato 2023).

L’individuazione di aspetti positivi e negativi della riforma restituisce un quadro di tendenziale polarizzazione dell’opinione pubblica, con una prevalenza di coloro che ne valorizzano gli aspetti critici e ne avversano l’introduzione, anche in caso di chiamata alle urne. Si è visto, inoltre, che – oltre alla differenziazione delle vedute in funzione dell’orientamento politico degli individui – si segnala un solido divario Nord-Sud.

I riscontri qui documentati restituiscono, oltre tutto, un quadro incompleto. Come si è visto, è relativamente infrequente la pubblicazione di sondaggi che mettano in relazione le reazioni a una domanda con altre caratteristiche degli intervistati; solo una manciata di inchieste lo fanno, per giunta limitatamente al partito votato e/o alla collocazione geografica. Ad ogni modo, si può ragionevolmente concludere che la Corte è stata ingenerosa nella sua valutazione delle capacità dell’elettorato italiano. Benché quest’ultimo non sarà chiamato a breve ad esprimersi sulla concessione di maggiore autonomia alle Regioni a statuto ordinario, il tema del regionalismo differenziato continuerà ad alimentare la vita politica e istituzionale del Paese.

Note

[1] Non pare, di converso, che il regionalismo differenziato e, anzi, le riforme istituzionali in genere siano stati elementi particolarmente salienti della campagna per l’elettorato, più interessato a un ventaglio di altri temi (Bentivegna et al. 2023, De Sio et al. 2024).

[2] Usiamo soprattutto questo termine nel rispetto del suddetto Regolamento (art. 1, comma 1) che definisce “sondaggio d’opinione” come una «rilevazione demoscopica di tipo campionario, effettuata tramite questionario, generalmente strutturato, volto a raccogliere informazioni inerenti [a] scelte comportamentali, sentimenti, credenze, valori, opinioni, atteggiamenti» e come “sondaggio politico ed elettorale” una «rilevazione sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori…».

[3] La possibilità per i sondaggi pubblicati di condizionare l’opinione pubblica motiva, in molti contesti (tra cui l’Italia), la regolamentazione formale della loro conduzione e/o diffusione (Gasperoni e Corbetta 2007; Gigliotti e Iaccovissi 2011; Peterson 2012; Caporale 2013; Gasperoni 2017; Frankovic et al. 2023).

[4] Uno di questi, il sondaggio n. 12963 (quello che esprime il maggiore squilibrio – pari a 16 punti percentuali – a favore dei filo-autonomisti), si contraddistingue per una dimensione campionaria apprezzabilmente ridotta (appena 517 casi) e, quindi, per un maggiore margine di errore.

[5] Chiedere agli elettori quale esito si aspettino da una consultazione elettorale sovente fornisce informazioni più efficaci, a fini predittivi, che non chiedere loro come intendano votare personalmente (Graefe 2014; Murr et al. 2019). Le percezioni in merito all’orientamento maggioritario (il “clima d’opinione”) sarebbero, infatti, più affidabili dell’intenzione individuale in quanto le prime sono alimentate da informazioni provenienti dalle reti sociali degli intervistati.

[6] Si ricorda, a questo proposito, che in Veneto il 22 ottobre 2017 si è svolto un referendum consultivo, con un’affluenza alle urne del 57% e oltre il 98% dei voti validi espressi a favore di una maggiore autonomia regionale. Risultati simili (ma con un’affluenza sensibilmente minore) sono stati registrati nell’analoga e concomitante consultazione referendaria in Lombardia.

Appendice

Elenco dei sondaggi su temi politico-elettorali, pubblicati dai mezzi di informazione nel biennio 2023-24, aventi per oggetto l’autonomia regionale differenziata

N. di documento

Realizzatore

Acquirente / Mezzo di informazione

Data di pubblicazione

Contesto territoriale

12156

Demos-Demetra

“Il Gazzettino”

29 marzo 2023

Veneto

12262


Demopolis

La7 / “Otto e mezzo”

17 maggio 2023

Nazionale

12429


Demos-Demetra

“Il Gazzettino”

27 settembre 2023

Veneto

12485


Demos&PI e Demetra

“la Repubblica”

21 ottobre 2023

Nazionale

12542


Demopolis

La7 / “Otto e mezzo”

15 novembre 2023

Nazionale

12685

Ipsos

“Corriere della Sera”

13 febbraio 2024

Nazionale

12697


Demos&PI e Demetra

“la Repubblica”

19 febbraio 2024

Nazionale

12961

Demopolis

La7 / “Otto e mezzo”

19 giugno 2024

Nazionale

12963

Istituto Piepoli

Tv2000

19 giugno 2024

Nazionale

12966

Euromedia Research


Osservatorio Politico

Euromedia Research / siti web

21 giugno 2024

Nazionale

12979

Emg Different

Regione Calabria / siti web

5 luglio 2024

Nazionale + Calabria

12993


Ipsos

“Corriere della Sera”

18 luglio 2024

Nazionale

13033

BiDiMedia

Proprio sito web e social media

13 settembre 2024

Nazionale

13043


Demos e Demetra

“Il Gazzettino”

18 settembre 2024

Veneto

13081

Euromedia Research

Osservatorio Politico Euromedia Research / “La Stampa”

14 ottobre 2024

Nazionale

13139

Demos&PI e Demetra

“la Repubblica”

25 novembre 2024

Nazionale

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria: www.sondaggipoliticoelettorali.it

Riferimenti bibliografici

Bentivegna, S., R. Marchetti, F. Roncarolo (2023) Quando la fine è nota. Il clima della campagna del 2022 e le agende tematiche del confronto, in Itanes (2023), pp. 137-149.

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Abstract: La legge n. 86/2024 e le successive sentenze nn. 192/2024 e 10/2025 della Corte Costituzionale trattano dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, un tema che sta al centro dei programmi elettorali delle forze politiche della maggioranza governativa e del dibattito pubblico che ha accompagnato l’iter della legge, la valutazione della sua costituzionalità e la richiesta (respinta) di referendum abrogativo. Per questi motivi pare opportuno esplorare l’opinione pubblica in merito all’autonomia regionale differenziata, così com’è stata rilevata dalle inchieste campionarie sull’argomento diffuse dai mezzi di informazione nel biennio 2023-24. I livelli di consapevolezza in tema di autonomia differenziata sono apprezzabili, e ampie quote della popolazione sembrano essere al corrente di aspetti qualificanti della riforma. L’individuazione di aspetti positivi e negativi della riforma svela una polarizzazione dell’opinione pubblica, con una prevalenza della tendenza a valorizzarne gli aspetti critici e una volontà ad avversarne l’introduzione, anche in caso di chiamata alle urne. Si registrano una differenziazione delle vedute in funzione dell’orientamento politico dei cittadini (gli elettori di centro-destra manifestano maggiore sostegno per la riforma) e un divario Nord-Sud (con livelli più elevati di favore nelle aree settentrionali dell’Italia).

Parole chiave: autonomia regionale differenziata, opinione pubblica, sondaggi, Nord-Sud


Differentiated Regional Autonomy and Public Opinion

Giancarlo Gasperoni

Abstract: Law no. 86/2024 and the subsequent rulings nos. 192/2024 and 10/2025 by the Constitutional Court deal with a topic – the differentiated autonomy of ordinary statute Regions – that lies at the heart of the electoral programmes of the parties underpinning the government majority and the public debate that accompanied the law’s enactment, the assessment of its constitutionality and the (rejected) request for a popular referendum. For these reasons, the paper examines public opinion on the topic of differentiated regional autonomy as recorded by published sample surveys in the years 2023 and 2024. Levels of awareness about the reform are not particularly high, yet appreciable shares of the population seem to be familiar with its specific features. The identification of positive and negative aspects of the reform reveals a polarisation of public opinion, with a prevalence of those acknowledging its critical aspects and opposing its introduction, even in the event of a call to the polls. Views vary according to citizens’political orientation (centre-right voters show greater support for the reform) and along the country’s North-South divide (with greater levels of backing in Italy’s northern areas).

Keywords: differentiated regional autonomy, public opinion, sample surveys, North-South