Professoressa associata di Diritto amministrativo, Università degli studi di Ferrara

Il presente contributo e il coordinamento scientifico, insieme a Gianluca Gardini, dell’intero fascicolo sono stati realizzati nell’ambito delle attività di ricerca legate al PRIN 2022 “Next Generation PA: Digital Transformation For An Innovative Public Administration - NgPA” (F53D23003360006).

Il recente Regolamento UE 2024/903 su un’Europa interoperabile (c.d. Interoperable Europe Act) prevede – e raccomanda agli Stati membri – un coinvolgimento diretto di Regioni ed enti locali per la sua attuazione. Nell’era del diritto delle transizioni (ecologica e digitale), questo regolamento rappresenta una nuova, la più recente, occasione con cui il legislatore europeo manifesta la propria volontà di includere stabilmente gli enti territoriali degli Stati membri all’interno della governance multilivello delle politiche dell’UE.

Secondo quanto recitano i Considerando 9, 10 e 12, ad enti regionali e locali va riconosciuto «un ruolo attivo» tanto «nello sviluppo delle soluzioni di interoperabilità» quanto nel coinvolgimento di «PMI, istituti di ricerca e istruzione e [del]la società civile».

E ciò in quanto l’interoperabilità transfrontaliera[1] va realizzata non solo tramite «infrastrutture digitali centralizzate negli Stati membri, ma anche mediante un approccio decentrato» [corsivo nostro], al fine di consentire lo scambio di dati persino «tra amministrazioni locali di diversi Stati membri senza passare necessariamente attraverso i nodi nazionali».

Dopo le diverse risoluzioni europee sulla multilevel governance – si pensi, per tutte, alla Carta della governance multilivello in Europa del Comitato delle Regioni (2014/C 174/01) –, e dopo le stesse indicazioni fornite dall’Unione agli Stati a proposito del coinvolgimento degli enti territoriali nella redazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza[2], potrebbe essere sufficiente citare, come altro precedente d’eccellenza, le norme sul dialogo multilivello sul clima e l’energia previste nel Regolamento UE 2021/1119 recante la Normativa europea sul clima[3].

Eppure, in questi anni, abbiamo assistito – almeno in Italia – ad un ritorno imperante di logiche centralistiche e di assetti istituzionali imperniati sul ruolo esclusivo di poche autorità nazionali (prevalentemente governative e ministeriali).

Basterebbe in questa sede ricordare le recenti disposizioni in materia di governance sull’intelligenza artificiale contenute nel d.d.l. 1146-B, recante Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale, approvato, mentre si scrivono queste pagine, anche alla Camera.

Attualmente, il progetto di legge si limita ad affidare ad AgId e ANC il ruolo di autorità competenti per la notifica e la vigilanza previsto dall’AI ACT (art. 20), e ad istituire due Comitati, uno per il coordinamento tra i direttori generali delle due Agenzie e il capo del Dipartimento per la trasformazione digitale (art. 20)[4], e l’altro per il coordinamento delle attività di indirizzo su enti, organismi e fondazioni che operano nel campo dell’innovazione digitale e dell’intelligenza artificiale (art. 19)[5].

Nulla, però, il disegno di legge prevede con specifico riferimento al possibile coinvolgimento dei livelli territoriali di governo, neppure per il tramite delle loro rappresentanze istituzionali.

Eppure la necessità di assicurare un efficace coordinamento tra tutti gli enti a livello centrale e decentrato e, quindi, di prevedere una partecipazione delle stesse Regioni nella governance sulla trasformazione tecnologica del settore pubblico giunge forte dalla frammentazione digitale e dagli stessi scarni risultati conseguiti, sino ad ora, dalle politiche di digitalizzazione nel nostro Paese[6].

Come osserva Gianluca Gardini nel saggio di apertura di questo numero, attualmente, l’intelligenza artificiale è diffusa e utilizzata soprattutto dalle amministrazioni pubbliche nazionali. Si registra, invece, una certa resistenza proprio negli enti territoriali.

Eppure «lo sfruttamento dell’AI da parte delle autorità locali e regionali (cd. LRA, o autorità subnazionali) – come livello più vicino ai cittadini – è essenziale per promuovere la diffusione di questa tecnologia». Le autonomie territoriali rappresentano da sempre «un fondamentale banco di prova per riforme e innovazioni giuridiche che, dopo una prima fase di sperimentazione, vengono successivamente introdotte su scala nazionale», e, pertanto, esse «potrebbero rappresentare la “sandbox normativa” ideale per lo sviluppo di sperimentazioni regolative sulle [stesse] decisioni algoritmiche» (p. 287).

Non è un caso, del resto, che sia lo stesso Interoperable Europe Act a rammentare che la creazione di spazi di sperimentazione normativa per l’interoperabilità contribuisca, fra l’altro, a facilitare la cooperazione (interna e quindi) transfrontaliera tra enti nazionali, regionali e locali[7].

Se così è – e a dispetto delle stesse tendenze registrabili a livello statale –, ben vengano allora alcune recenti iniziative legislative così come alcune sperimentazioni nell’impiego di sistemi IA a livello regionale.

Con questo fascicolo, La Rivista Istituzioni del federalismo ha inteso porsi esattamente in quest’ottica, andando alla ricerca di primi casi di vivacità regionale sul fronte della nuova rivoluzione tecnologica che, volenti o nolenti, non potrà che investire tutto il settore pubblico nei prossimi anni a venire.

Sul piano della produzione legislativa, per vero, se si fa un confronto con la Spagna, le Regioni italiane scontano già un certo ritardo.

Come mette in luce Riccardo Calvara, numerose sono infatti ormai le Comunità autonome spagnole che si sono dotate di norme in materia di attività amministrativa algoritmica; da ultimo, la Galicia ha approvato un’articolata e ponderosa legge per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nel proprio territorio. Al commento di quest’ultima è dedicato, in particolare, il saggio di Anxo Varela Hernández.

In Italia, invece, a quanto ci risulta, sono solo la Toscana e la Puglia ad aver adottato leggi in materia, contenenti peraltro solo alcune, minime, disposizioni di natura organizzativa e previsioni di carattere incentivante. Ad esse vanno aggiunti i disegni di legge di Lombardia e Calabria.

Sul piano della sperimentazione di sistemi di intelligenza artificiale, invece, è possibile menzionare, innanzitutto, la recente iniziativa promossa dal Governo “Reg4IA”, per il finanziamento di quattro progetti pilota interregionali per l’uso dell’IA in diversi settori d’intervento pubblico, come salute, turismo, ambiente, mobilità sostenibile, pubblica amministrazione e sicurezza del territorio[8].

In attesa di comprendere che frutti daranno queste iniziative, ci è sembrato opportuno dedicare uno spazio ad una delle prime esperienze di sandbox regionale avutesi in Italia: si tratta di SAVIA, un sistema di intelligenza artificiale open source, impiegato dall’Emilia-Romagna per promuovere la qualità delle leggi nella Regione.

La descrizione delle finalità di fondo e delle modalità di funzionamento di SAVIA nelle sue tre principali componenti (integrazione delle banche dati, chatbot e applicazione nel drafting normativo) è affidata ad alcuni funzionari della Regione e del CINECA che hanno dato vita al progetto: Stefano Agusto, Stefano Bianchini, Giovanni Guidi, Luisa Monti, Cosimo Tommasi, Michele Visciarelli, ai cui contributi si rimanda.

Ciò che, su tutto, ci sembra interessante mettere in evidenza di questa esperienza, è che si tratta di un progetto sviluppato proprio grazie alla collaborazione tra la Regione, altri enti pubblici (CINECA, Università di Bologna e di Ferrara) e alcuni attori territoriali (Unioncamere Emilia-Romagna).

Il progetto punta, peraltro, a realizzare soluzioni di interoperabilità tra banche dati regionali – in una prima fase – e locali – in sede di avanzamento –, anche grazie al coinvolgimento di ANCI e UPI. E ciò proprio al fine di ottenere un sistema di dati certi e obiettivi sull’attuazione della legislazione regionale e, quindi, di includere gli stessi Comuni, le Province e la Città metropolitana di Bologna nella sperimentazione.

Come osserva Leonardo Draghetti nel suo contributo, «sul tema dell’intelligenza artificiale [è] necessario un approccio “sistemico” e inclusivo che riesca – anche nel panorama regionale e poi nazionale – a vedere la partecipazione di tutti i livelli di governo. Questo metodo, già adottato in diversi contesti in Emilia-Romagna, è necessario ancor di più sul versante tecnologico in cui la vera sfida è valorizzare complessivamente i dati pubblici in possesso delle Amministrazioni» (p. 443).

Tutto ciò a riprova del fatto di quanto il coordinamento, la cooperazione inter-istituzionale e la prossimità territoriale possano concretamente agevolare la sperimentazione e consentire la diffusione di modelli virtuosi, da riproporre in contesti amministrativi differenti.

Si tratta di soluzioni da incoraggiare con convinzione, se esse, ponendo il livello regionale all’interno di un efficace sistema di governance e di raccordo con lo Stato e la stessa Unione europea, permetteranno un uso più consapevole dell’intelligenza artificiale, il sostegno tecnico a favore degli enti locali e la stessa riduzione delle barriere digitali nei territori, esattamente nella direzione ultima dell’interoperabilità transfrontaliera e del concreto funzionamento delle infrastrutture strategiche digitali a livello nazionale ed europeo.

Note

[1] Da intendersi, ai sensi dell’art. 2, comma 1, n. 1. come «la capacità dei soggetti dell’Unione e degli enti pubblici degli Stati membri di interagire tra loro a livello transfrontaliero condividendo dati, informazioni e conoscenze attraverso processi digitali in linea con i requisiti giuridici, organizzativi, semantici e tecnici relativi a tale interazione». Sul concetto di interoperabillità, v. da ultimo M. Cardone, L’interoperabilità nella pubblica amministrazione, in Munus, 3, 2024, p. 1043 ss.

[2] Cfr. Commission staff working document Guidance to Member States Recovery and Resilience Plans, Brussels, 22 gennaio 2021 SWD(2021) 12 final.

[3] Cfr., in particolare, art. 13.

[4] Cui possono partecipare i rappresentanti di vertice della Banca d’Italia, della CONSOB e dell’IVASS.

[5] Cfr. art. 19. Il Comitato è presieduto dal Presidente dei Consiglio e composto dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro delle imprese e del made in Italy, dal Ministro dell’università e della ricerca, dal Ministro della salute, dal Ministro per la pubblica amministrazione, da AgID e ACN.

[6] In dottrina, cfr. di recente A. Natalini, Come il passato influenza la digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1, 2022, p. 95 ss. e E. Carloni, La differenziazione attesa, la differenziazione praticata: spunti su autonomie regionali e digitalizzazione pubblica, in questa Rivista, 2, 2023, p. 299 ss.

[7] Cfr. art. 11.

[8] L’accordo coinvolge, in particolare, le Regioni Liguria, Calabria, Lazio, Basilicata, Molise, Piemonte, Sicilia nei settori della salute e del turismo; Lombardia e Veneto con un progetto relativo a dati ambientali e alla mobilità sostenibile; Puglia, Abruzzo, Marche, Umbria, Valle d’Aosta, Campania e Provincia Autonoma di Bolzano, per l’impiego dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione; e, infine, le Regioni Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Sardegna per il ricorso all’IA nell’ambito di azioni tese ad assicurare la resilienza e la sicurezza dei propri territori.