*Ricercatore, Scuola Superiore Universitaria – CASD **Dottoranda di ricerca, Università degli Studi di Torino

1. Introduzione

In un contesto tecnologico in rapida e continua espansione, la precisione terminologica è fondamentale, specialmente quando si analizzano discipline che non possono prescindere da una dimensione sovranazionale.

Con la locuzione «diritto dello spazio» si intende, infatti, un articolato e complesso sistema normativo in cui si intrecciano disposizioni nazionali e sovranazionali, mirato a regolare una pluralità di attività intrinsecamente eterogenee, ma accomunate dal fatto che si svolgono in un ambito privo di sovranità statale, richiedono investimenti finanziari di grande rilievo, sono soggette a un elevato rischio di insuccesso e richiedono un continuo avanzamento tecnologico che apra nuove opportunità operative. Negli anni Cinquanta lo spazio extra-atmosferico era ancora un territorio inesplorato nelle sue risorse e potenzialità. Il primo satellite artificiale, lo Sputnik, fu lanciato solo nel 1957, e le attività spaziali non rientravano tra gli interessi diretti della quasi totalità delle nazioni.

Il contesto attuale non potrebbe essere più diverso, lo spazio è infatti oggi una risorsa strategica e limitata, nell’utilizzo della quale i soggetti giuridici pubblici sono stati affiancati da un numero sempre crescente di attori privati e le cui applicazioni sono di tale portata da influenzare profondamente la vita quotidiana della quasi totalità della popolazione mondiale[1].

L’evidente dimensione internazionale delle attività spaziali divenne chiara già alla fine degli anni Sessanta, pertanto le Nazioni Unite si impegnarono nella negoziazione e promulgazione di un corpus di cinque trattati internazionali[2] per disciplinare l’accesso, l’esplorazione e l’utilizzo dello spazio da parte degli Stati. Tali strumenti, riconosciuti in parte come diritto consuetudinario[3], stabiliscono come principio cardine il carattere pacifico dell’uso dello spazio, la libertà di esplorazione da parte degli Stati in condizioni di uguaglianza e il divieto di appropriazione di porzioni di spazio, sempre nel rispetto delle norme internazionali vigenti.

Sebbene tali trattati contemplino esplicitamente il coinvolgimento di soggetti diversi dagli Stati, quali enti governativi, organizzazioni intergovernative o non governative e operatori privati, sul piano internazionale resta fermo il principio della responsabilità degli Stati per le attività spaziali[4].

Inizialmente limitate alla ricerca scientifica e all’esplorazione, le attività spaziali si sono ben presto estese allo sfruttamento commerciale delle applicazioni e, più recentemente, delle risorse spaziali, delineando un panorama sempre più complesso che esige una disciplina giuridica adeguata e multidimensionale.

La proliferazione dei detriti spaziali, l’aumento della complessità delle operazioni, l’emergere di grandi costellazioni di satelliti e i crescenti rischi di collisione e interferenza con il funzionamento degli oggetti spaziali, costituiscono inoltre una seria minaccia alla sostenibilità a lungo termine delle attività nello spazio[5], rendendo ancora più urgente la questione della regolamentazione delle attività spaziali[6].

Dall’ultimo report sull’implementazione delle linee guida sulla sostenibilità a lungo termine dello spazio, redatto dallo Space Generation Advisory Council[7], sono emerse significative difformità a livello nazionale nell’adozione di normative interne volte a disciplinare le attività spaziali e il loro sfruttamento, in particolare per finalità commerciali. Allo stesso modo, si rileva come soltanto quattordici Paesi hanno confermato l’implementazione di previsioni nazionali volte a vincolare gli operatori spaziali (siano essi pubblici o privati) a rispettare gli standard internazionali in materia di sostenibilità[8].

L’Italia ha concluso l’iter per l’adozione di una normativa nazionale con l’approvazione del disegno di legge presentato dal Consiglio dei Ministri[9] in data 13 giugno 2025.

La l. n. 89/2025[10], in continuità agli indirizzi di natura politica[11], si basa su considerazioni economiche, giuridiche e strategiche e si compone di 31 articoli, suddivisi in cinque titoli, ciascuno dedicato a specifici aspetti delle attività spaziali. La normativa intende fornire una maggiore certezza ai rapporti giuridici al fine di sostenere lo sviluppo e la competitività dell’industria spaziale italiana, visti il sempre maggiore utilizzo delle tecnologie spaziali per scopi commerciali e la crescita sia in termini di numero che di volume delle imprese italiane nel settore. Inoltre, dal punto di vista della sicurezza e della difesa emerge l’urgenza di proteggere le infrastrutture spaziali e di garantirne la resilienza, in un contesto geopolitico sempre più sensibile agli impatti delle tecnologie spaziali sulle capacità strategiche degli Stati.

In un panorama globale sempre più dinamico, caratterizzato dall’ingresso massiccio di capitali privati e da un crescente coinvolgimento degli operatori economici nelle attività spaziali, la legge si propone di definire un quadro normativo organico, conforme ai trattati internazionali e adeguato alle esigenze del settore. Tuttavia, forse ancor più rilevanti risultano le motivazioni di carattere giuridico: la legge si pone infatti diversi obiettivi, tra i quali quello di regolare le attività degli operatori privati, in conformità con l’articolo 6 del Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico (Outer Space Treaty, OST)[12], di promuovere l’economia dello spazio attraverso l’innovazione e la competitività delle imprese italiane, di mitigare i rischi ambientali, in particolare i danni derivanti dai detriti spaziali, nonché di rafforzare la cooperazione internazionale e di consolidare il ruolo strategico dell’Italia nel settore spaziale. Il testo di legge si propone quindi di fornire una maggiore certezza del diritto, consentendo agli investitori di indirizzare le proprie scelte in un settore che «stands at the forefront of technological innovation, contributing to cutting-edge advancements, the resilience and security of modern societies – either directly or through spillovers. Satellite services, data and their applications are key enablers and form a fundamental part of modern infrastructure»[13].

L’evoluzione del settore dello spazio ed il suo valore economico sono fattori che hanno influenzato l’adozione di una disciplina nazionale. Le attività spaziali erano, fino a poco tempo fa, ricondotte esclusivamente a soggetti pubblici, in quanto gli unici dotati delle risorse (economiche, tecniche e fisiche) per la gestione di attività spaziali, il ruolo dei privati (si v. a titolo esemplificativo: Space X, Blue Origin, ABL Space Systems, Rocket Lab, Relativity Space, Stratolaunch, Virgin Galactic) è costantemente incrementato, comportando la definizione di forme di collaborazione pubblico-privato e lo sviluppo di attività economiche interamente gestite da operatori economici privati in maniera indipendente da Stati.

L’economia spaziale globale nel 2023 era considerata pari a 630 miliardi di dollari, e le stime di crescita indicano che potrebbe raggiungere i 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, con aumento annuo medio del 9%[14].

Sulla crescita economica del settore spaziale incide anche lo sviluppo tecnologico e l’interconnessione dei sistemi che consentono di rendere applicabili o utilizzabili beni o prestazioni anche ad altri settori tecnologici con un valore di crescita elevato, oggi stimato in circa 500 miliardi di euro al 2030[15]. Prendendo quindi in considerazione il valore economico dei settori collegati a quello spaziale (che svolge un ruolo abilitante), il valore stimato del settore risulta già di oltre 3.000 miliardi di dollari[16].

L’articolo si propone di effettuare un’analisi del regime giuridico della responsabilità civile e della correlata previsione di un obbligo assicurativo da parte degli operatori spaziali (per la copertura dei danni causati a terzi da oggetti spaziali per un’attività spaziale autorizzata) nella nuova disciplina nazionale.

La ricerca intende evidenziare alcune potenziali criticità nonché i punti di forza della disciplina che emergono ad una prima analisi in astratto. Tali profili potranno essere approfonditi alla luce della prassi applicativa che verrà a delinearsi in concreto.

2. La responsabilità civile degli operatori spaziali privati alla luce della nuova legge

I trattati internazionali sullo spazio si caratterizzano per una formulazione che consente – e al contempo richiede – un adattamento diversificato nei singoli ordinamenti nazionali. L’attuazione delle disposizioni pattizie presuppone, infatti, un intervento attivo degli Stati, i quali sono chiamati non solo a predisporre i meccanismi operativi richiesti dal diritto internazionale (ad esempio, la registrazione obbligatoria degli oggetti spaziali), ma anche a interpretare e applicare tali norme a realtà e attività non esistenti, né prevedibili, al momento della redazione del corpus normativo internazionale. La tecnica redazionale utilizzata nei trattati lascia dunque ampi margini di discrezionalità ai singoli Stati nell’adattamento normativo, con il risultato che l’interpretazione unilaterale delle disposizioni internazionali, attraverso gli atti nazionali di implementazione, può dar luogo a discipline difformi. Questa divergenza interpretativa riflette la flessibilità – ma anche l’ambiguità – insita nel diritto spaziale internazionale, che inevitabilmente si traduce in una disomogeneità regolatoria tra gli ordinamenti nazionali che incide negativamente sugli investimenti nei settori economici interessati.

Inoltre, nel contesto dell’Unione europea, ove si contano undici diverse discipline nazionali, alle quali si aggiunge quella italiana, il contesto giuridico è reso più complesso dalla presenza di un ulteriore livello di governo (quello UE) che, con i suoi meccanismi di funzionamento e le proprie istituzioni, mira a regolamentare il settore spaziale con una propria disciplina, attualmente in via di definizione.

Sebbene necessarie, tali normative nazionali risultano prive di un coordinamento adeguato sia in relazione alla definizione dei rispettivi ambiti di applicazione, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, sia rispetto alla disciplina del regime autorizzatorio previsto dagli obblighi internazionali. Questa frammentazione evidenzia l’urgenza di adottare un approccio unitario che assicuri coerenza normativa, certezza del diritto e una maggiore competitività, quantomeno a livello europeo (in parallelo alle politiche di sviluppo e crescita economica)[17] per favorire investimenti privati nel settore. Tuttavia, in attesa di un tale intervento armonizzatore a livello europeo, il nuovo testo colma la risalente lacuna dell’ordinamento italiano in relazione alla regolamentazione delle attività spaziali e, specialmente, al regime di responsabilità ad esse connesso.

2.1. L’ambito di applicazione

L’ambito di applicazione della legge include tutte le attività spaziali condotte da operatori italiani, sia sul territorio nazionale sia all’estero, nonché tutte le operazioni condotte sul territorio italiano da operatori di qualunque nazionalità[18]. L’applicazione è estesa quindi a tutte quelle attività per le quali l’Italia è considerata Stato di lancio ai sensi dell’articolo 1 della Liability Convention e quindi internazionalmente responsabile per i danni causati ai sensi dell’art. 6 della stessa convenzione. Tale previsione è quindi volta ad individuare, in continuità con quanto previsto nell’OST[19], le attività spaziali che rientrano nella giurisdizione italiana e sulle quali quindi lo Stato è tenuto ad esercitare un controllo preventivo ed una vigilanza continua.

Il testo definisce poi concetti utili per comprendere il suo ambito di applicazione. La nozione di «attività spaziale» delimita in questo modo l’ambito di applicazione oggettivo della norma[20]. L’ambito di applicazione soggettivo è influenzato dalla qualificazione dell’operatore spaziale che è individuato nella «persona fisica o giuridica che conduce, o intende condurre, sotto la propria responsabilità, attività spaziali». Ulteriori definizioni introdotte consentono poi di chiarire concetti che comunque incidono su tali elementi.

In questo modo la nozione di Stato di lancio è ricondotta alle previsioni della Liability Convention[21] secondo cui ci si riferisce allo Stato che lancia o commissiona il lancio di un oggetto nello spazio ovvero come quello Stato dal cui territorio o dalle cui infrastrutture un oggetto viene lanciato. Tale definizione lascia aperta la possibilità che al lancio di un unico oggetto possa corrispondere una pluralità di stati di lancio. Infatti, anche la ricorrenza di uno solo dei quattro criteri è in tal senso sufficiente. La legge chiarisce poi, tra l’altro, alcuni altri concetti fondamentali, tra cui che cosa si intenda per attività di lancio, per gestione in orbita e che cosa sia un oggetto spaziale[22].

2.2. La responsabilità civile degli operatori spaziali

La disciplina nazionale introduce per la prima volta in Italia una disciplina organica per regolare la responsabilità degli operatori spaziali, pubblici o privati che siano. Tale normativa, necessaria per allinearsi agli obblighi internazionali, è contenuta nel Titolo IV, con particolare attenzione agli articoli 18 e 19, che definiscono i rapporti tra la responsabilità degli operatori e quella dello Stato, strutturando un sistema integrato a doppio regime che si collega ai principi stabiliti a livello internazionale.

Il regime di responsabilità per danni causati da oggetti spaziali è uno degli aspetti centrali del diritto spaziale internazionale, disciplinato principalmente dall’articolo 7 dell’OST[23] e dalla Liability Convention che qualifica il danno come lesione personale o materiale a persone fisiche o giuridiche o alle loro proprietà[24]. Il danno rimborsabile è quindi quello causato alle persone o alle proprietà di uno Stato o di un altro operatore spaziale. La Liability Convention stabilisce un duplice regime di responsabilità internazionale degli Stati: da un lato, l’articolo 2 prevede che lo Stato di lancio risponda a titolo di responsabilità oggettiva per i danni causati da un oggetto spaziale sulla superficie terrestre o a un aeromobile in volo, quindi per i danni causati all’interno dell’atmosfera[25] (danno intra-atmosferico); dall’altro, l’articolo 3 stabilisce che, per i danni causati da un oggetto spaziale nello spazio extra-atmosferico (danno extra-atmosferico), lo Stato di lancio è responsabile solo se è possibile dimostrare che il danno è riconducibile ad un atto colposo dello Stato o di un operatore privato il cui operato è riconducibile allo Stato[26].

La legge, armonizzandosi con tali obblighi, introduce una disciplina specifica che regola le attività spaziali condotte sotto la giurisdizione italiana, così come individuata ai sensi dell’articolo 3 della stessa normativa, ponendo una particolare attenzione ai rapporti tra la responsabilità degli operatori e quella dello Stato.

L’articolo 18 stabilisce il regime di responsabilità per danni causati da oggetti spaziali. Gli operatori spaziali cui tali oggetti sono riconducibili[27] sono responsabili civilmente per i danni derivanti dalle loro attività, sia verso terzi che verso lo Stato. La responsabilità è qualificata come oggettiva, prevedendo l’obbligo di risarcire i danni senza necessità di dimostrare la colpa, in linea con quanto previsto dall’articolo 2 della Liability Convention. Tale responsabilità non richiede infatti la prova di colpa, salvo il caso in cui l’operatore dimostri che il danno è stato causato esclusivamente dal dolo di un terzo estraneo o dallo stesso danneggiato. L’articolo introduce tuttavia un limite a questo tipo di responsabilità degli operatori, specificando che essa è circoscritta ai massimali indicati nell’articolo 21 della legge, salvo situazioni di dolo, colpa grave o violazione di obblighi autorizzatori. Questo sistema mira a bilanciare la tutela delle vittime con la necessità di promuovere uno sviluppo responsabile e sostenibile del settore spaziale privato. L’articolo 18 pone quindi la disciplina sulla base della quale i danneggiati possono agire direttamente nei confronti dell’operatore (o dell’assicuratore[28]) per il risarcimento del danno subito. Questo articolo qualifica espressamente tale responsabilità «civile», implicitamente richiamando, per quanto non espressamente previsto dalla normativa di settore, alla più ampia disciplina della responsabilità civile e, soprattutto, ai principi fondanti la materia[29].

Tuttavia, mentre la formula di cui al comma 1 dell’articolo 18 enuncia il principio generale per cui «l’operatore è responsabile dei danni cagionati in conseguenza delle attività spaziali condotte», il comma 2 restringe l’ambito di applicazione della norma prevedendo espressamente che «l’operatore è sempre tenuto al risarcimento dei danni cagionati a terzi sulla superficie terrestre nonché agli aeromobili in volo e alle persone e cose che si trovano a bordo di questi ultimi». Il danneggiato può quindi rivolgersi direttamente all’operatore solo nel caso di danno intra-atmosferico, mentre la norma nulla stabilisce per i casi in cui il danno si sia verificato nello spazio extra-atmosferico.

L’articolo 19, istituisce invece un’azione di rivalsa esercitabile da parte dello Stato nei confronti dell’operatore nei casi in cui lo Stato Italiano sia stato chiamato a rispondere a livello internazionale per i danni causati da operatori spaziali autorizzati. In questi casi, lo Stato ha il diritto di esercitare l’azione nei confronti dell’operatore responsabile entro 24 mesi dall’avvenuto risarcimento, garantendo un meccanismo di riequilibrio che protegga sia gli interessi dello Stato sia quelli dei soggetti danneggiati. L’articolo 19, a differenza dell’articolo 18, non distingue tra danno intra ed extra-atmosferico, implicitamente stabilendo quindi che lo Stato abbia diritto di esercitare l’azione di rivalsa sia che sia stato chiamato a risarcire il danno ex articolo 2 che ex articolo 3 della Liability Convention. Tale previsione pare in linea con il principio che sancisce la generale responsabilità civile dell’operatore per i danni cagionati a causa delle attività spaziali dallo stesso condotte. La norma applica quindi de facto all’operatore privato lo stesso regime di responsabilità previsto a livello internazionale: tramite l’azione di rivalsa da parte dello Stato, l’operatore sarà chiamato a rispondere del danno intra-atmosferico su base oggettiva, mentre risponderà del danno extra-atmosferico per colpa. Nel caso in cui lo Stato sia chiamato a rispondere in via internazionale del danno extra-atmosferico[30] causato da un operatore la cui attività gli sia riconducibile, resta tuttavia priva di disciplina la distribuzione dell’onere della prova non soltanto nella procedura internazionale (rispetto alla quale non c’è attualmente alcuna casistica da cui poter dedurre se non altro l’affermarsi di una prassi in materia) ma anche nell’ambito dell’azione di rivalsa. Pare a chi scrive che, in assenza di una diversa previsione, la norma implicitamente sancisca che l’operatore è in ogni caso tenuto a rifondere lo Stato di quanto pagato, senza potere provare di essere esente da colpa nell’ambito dell’azione di rivalsa. Tale interpretazione della norma lascia di fatto ad una eventuale collaborazione, non normata e da instaurare caso per caso, tra l’operatore e lo Stato, la formazione della prova di aver agito con due diligence (o qualunque sia la prova richiesta per andare esente da responsabilità in caso di danno extra-atmosferico) quando lo Stato Italiano sia parte di una controversia internazionale ex articolo 3 della Liability Convention.

Per quanto riguarda la limitazione della responsabilità dell’operatore ai massimali previsti dall’articolo 21 (salve sempre le ipotesi di dolo, colpa grave o violazione di obblighi previsti dalla legge), essa trova applicazione soltanto nel caso in cui l’azione di rivalsa sia esercitata per danno intra-atmosferico, restando invece l’operatore illimitatamente responsabile per il danno extra-atmosferico.

2.3. Rapporti tra la responsabilità civile degli operatori e quella internazionale dello Stato

I rapporti tra gli articoli 18 e 19 della legge evidenziano una stretta connessione funzionale tra la responsabilità dell’operatore e quella residuale dello Stato. Infatti, l’articolo 18 disciplina la responsabilità primaria dell’operatore nei confronti di terzi, mentre l’articolo 19 regola i meccanismi di compensazione quando lo Stato Italiano è chiamato a rispondere a livello internazionale.

Viene così a delinearsi un sistema integrato, che coniuga al suo interno, da un lato, un doppio regime di responsabilità, oggettiva per il danno intra-atmosferico e soggettiva per il danno extra-atmosferico, in linea con quanto previsto dalla Liability Convention del 1972, dall’altro, un doppio binario per azionarla. Il danneggiato, sia esso un soggetto pubblico o privato, italiano o straniero[31], che abbia subito un danno intra-atmosferico sul territorio italiano ovvero causato dall’attività spaziale di un operatore italiano avrà così la possibilità di agire immediatamente e direttamente nei confronti dell’operatore responsabile per il risarcimento del danno. Tale risarcimento è soggetto al limite di cui all’articolo 21 della legge.

Al contrario, il danneggiato, pubblico o privato, italiano o straniero[32], che abbia subito un danno extra-atmosferico sul territorio italiano[33] ovvero causato dall’attività spaziale di un operatore italiano dovrà invocare l’intervento del proprio Stato nazionale (o di altro Stato che eventualmente ne garantisca la tutela tramite la propria legge nazionale) affinché agisca sulla base del diritto internazionale per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato Italiano, il quale potrà poi agire in via di rivalsa nei confronti dell’operatore responsabile. Inoltre, in caso di danno extra-atmosferico il limite di cui all’articolo 21 non trova applicazione.

Tale sistema a doppio binario per l’attuazione della tutela trova la sua ratio nel fatto che, mentre il danno intra-atmosferico è un danno più facilmente quantificabile, quello extra-atmosferico è generalmente un danno la cui quantificazione risulta più complessa sia in relazione alla mancanza di standardizzazione dei beni colpiti che in relazione alla difficoltà di valutare l’entità del danno. Tuttavia, occorre notare come in relazione al danno extra-atmosferico verificatosi nei confronti di una persona fisica tale differente regime appare meno ragionevole.

Ciò detto, pare a chi scrive che vi siano almeno due situazioni che, sulla base del regime così costruito, subiscono un vulnus a livello di tutela. Si tratta, da un lato, del caso della persona fisica o giuridica italiana che subisca un danno intra-atmosferico per il quale la responsabilità internazionale sia attribuibile all’Italia come Stato di lancio e, dall’altro, del caso dell’operatore italiano che, fuori dai casi di cui al comma 5 dell’articolo 18, ovvero di quei casi in cui sia configurabile una responsabilità contrattuale in quanto il danneggiato partecipava all’attività spaziale che ha cagionato il danno, abbia subito un danno extra-atmosferico per il quale l’Italia è internazionalmente responsabile.

Nel primo caso, infatti, il danneggiato straniero potrebbe scegliere se agire direttamente nei confronti dell’operatore responsabile ex articolo 18 della legge, ai sensi del quale la responsabilità del danneggiante è soggetta al limite di cui all’articolo 21 della stessa legge, ovvero mettere in moto il meccanismo internazionale attraverso il quale lo Stato straniero agisce nei confronti dello Stato Italiano, sistema meno prevedibile in termini di certezza del diritto, almeno allo stato attuale, ma non soggetto al limite di cui sopra. Il danneggiato italiano che si trovi nella medesima situazione non potrà invece scegliere di mettere in moto la procedura diplomatica in quanto lo Stato Italiano sarebbe in tal caso sia attore che convenuto. Lo stesso si troverebbe quindi costretto ad agire in via diretta, azione soggetta al massimale di cui all’articolo 21. A parere di chi scrive, tale differenza, se anche giudicata ragionevole[34] e quindi costituzionalmente legittima, potrebbe essere sanzionata dalla Corte di giustizia europea in quanto viola il principio di non discriminazione in base alla nazionalità ai sensi dell’articolo 18 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea[35].

Nel secondo caso, invece, non ci troviamo di fronte solo ad una irragionevole differenza di tutela, ma ad una vera e propria assenza di tutela. La persona fisica o giuridica di nazionalità italiana che subisca un danno non risarcibile a livello contrattuale nello spazio extra-atmosferico resta infatti completamente priva di tutela non potendo agire direttamente nei confronti del danneggiante in quanto l’articolo 18 trova applicazione solo nei casi di danno intra-atmosferico e non potendo nemmeno far valere la responsabilità internazionale dello Stato Italiano non essendo soggetto di diritto internazionale ed essendo il soggetto deputato a far valere tale sua pretesa il responsabile stesso del danno a livello internazionale. Se tale discriminazione è, a parere di chi scrive, irragionevole ai sensi del principio europeo di non discriminazione, quando il danneggiato sia una persona giuridica, la stessa appare anche costituzionalmente illegittima quando il danneggiato sia una persona fisica, in quanto viola il diritto all’integrità fisica e, in generale, i diritti inviolabili della personalità[36].

In conclusione, se tale regime di responsabilità pare, da un lato, raggiungere l’obiettivo annunciato di bilanciare la tutela delle vittime con la promozione delle attività spaziali, introducendo massimali di responsabilità per gli operatori, dall’altro presenta alcuni profili di criticità che andrebbero attentamente vagliati.

3. La rilevanza del settore assicurativo nella disciplina delle attività spaziali

Il regime giuridico della responsabilità civile per i danni causati da oggetti spaziali è strettamente correlato alla previsione di un obbligo assicurativo (relativi a danni a terzi) per gli operatori spaziali privati[37]. Questo risulta infatti finalizzato a fornire una copertura finanziaria adeguata alla responsabilità civile connessa alle attività spaziali, che il diritto internazionale pone sui singoli Stati indipendentemente dal fatto che tali attività siano riconducibili allo Stato o a privati che operano sul territorio nazionale[38].

I legami tra settore spaziale e settore assicurativo non costituiscono un fenomeno recente. L’elevato costo delle componenti e degli oggetti utilizzati nel settore spaziale ed i rischi finanziari connessi agli investimenti infrastrutturali avevano posto in relazione i due settori già a metà degli anni sessanta a garanzia delle conseguenze economiche connesse ad insuccessi nel lancio di satelliti (si v. ad esempio in relazione alla polizza avente ad oggetto la fase pre-lancio del satellite Intelsat 1[39]), divenendo un ramo dell’attività assicurativa da metà degli anni settanta.

Sotto il profilo assicurativo, il mercato dei rischi spaziali risulta estremamente complesso e connotato dalla necessità di elevate competenze tecniche. Benché «i lanci effettuati da Stati europei non hanno finora mai causato vittime né provocato danni a cose terze, ma la sola perdita del carico appartenente al soggetto pagante il lancio»[40], la valutazione dei possibili rischi, la gestione del rapporto assicurativo e degli eventuali sinistri richiede competenze tecniche estremamente specialistiche.

3.1. I rischi connessi alle attività spaziali e l’evoluzione del settore assicurativo

La difficile quantificazione dei rischi connessi alle attività spaziali[41] e la complessità di una loro valutazione attraverso i tre parametri comunemente utilizzati nel settore assicurativo (la frequenza, intesa quale probabilità di avveramento del sinistro; la gravità, cioè l’entità finanziaria del risarcimento; e la stabilità nel tempo, ossia l’idoneità a permanere come elemento costante nel rapporto contrattuale)[42] ha comportato la loro inclusione nella categoria dei c.d. «grandi rischi».

Ove poi i «grandi rischi» siano distinti nelle sottocategorie degli eventi naturali non prevedibili[43], di natura politica (quale l’inizio di un conflitto bellico) e di tipo economico-tecnologico, pare possibile ricondurre le attività spaziali a quest’ultima tipologia (parallelamente a quanto già avviene per il settore aeronautico e quello marittimo).

Il carattere sovranazionale dei «grandi rischi» e l’elevato importo dei danni che possono comportare ha spinto alla definizione di forme di garanzia internazionale al fine di evitare che eventi di notevole dimensione incidano (in termini risarcitori) in un ambito territoriale ridotto[44].

In questo modo alle criticità connesse alla curva di distribuzione dei danni (da cui si desume come eventuali incidenti nel settore spaziale comportano comunemente la perdita totale di beni e oggetti utilizzati per l’attività, mentre risultano limitati i piccoli sinistri), si aggiunge l’elevata aleatorietà dei rischi e la difficoltà derivanti dalla loro rilevazione statistica.

L’aumento quasi esponenziale dei lanci e dall’immissione (a differenti altitudini) di un numero crescente di oggetti ha rappresentato un ulteriore elemento di complessità[45] che ha comportato un forte aumento dei sinistri negli ultimi anni.

In questo modo a forme più tradizionali di assicurazioni volte a garantire le attività industriali connesse alla realizzazione di «oggetti spaziali»[46] (quali la R&S, la progettazione e la costruzione), le fasi precedenti al lancio (quale ad es. il trasporto del materiale alla sede di lancio) ed al lancio stesso, il funzionamento in orbita, le responsabilità tra costruttori, fornitori e subappaltatori, si sono aggiunte specifiche forme di assicurazione rivolte ad attività commerciali in precedenza difficilmente realizzabili. È questo il caso del fenomeno cd. del «turismo spaziale», che ha comportato la realizzazione di polizze assicurative volte a garantire dai possibili infortuni o problemi che gli assicurati potrebbero incontrare durante il viaggio spaziale (come i problemi di salute derivanti dall’esposizione alle radiazioni durante i viaggi nello spazio)[47].

Il sensibile aumento degli oggetti immessi nello spazio ha poi comportato lo sviluppo di polizze volte ad assicurare la responsabilità civile verso terzi in relazione alle operazioni spaziali nella loro interezza. Se tale fattispecie di rischio era originariamente considerata limitata e connessa all’attività spaziale di soggetti pubblici, la concomitante attività di soggetti giuridici privati, l’elevata percentuale di detriti spaziali il cui spostamento è difficilmente monitorabile (in particolare nelle orbite basse)[48] ed il regime di responsabilità previsto dal diritto internazionale, sono elementi che hanno comportato lo sviluppo di forme di garanzia per i danni verso terzi e la previsione di un regime di responsabilità civile specifica sui soggetti privati.

3.2. L’obbligo assicurativo nella disciplina nazionale

L’obbligo assicurativo costituisce, nell’ambito del nuovo testo di legge, requisito soggettivo imprescindibile per il rilascio dell’autorizzazione, unitamente al possesso dei requisiti generali di condotta e delle capacità professionali e tecniche, alla dimostrazione di adeguata solidità finanziaria, commisurata ai rischi associati all’attività spaziale da condurre, e alla disponibilità di un servizio di prevenzione delle collisioni garantito da un fornitore abilitato[49].

Tali requisiti sono strettamente collegati alla previsione della risarcibilità dell’eventuale danno da parte dell’operatore anche oltre i limiti dei massimali assicurativi.

La stipulazione di un contratto assicurativo, ovvero di altro idoneo strumento di garanzia finanziaria, costituisce strumento di copertura del rischio che, diversamente, sarebbe imputabile allo Stato sulla base del diritto internazionale.

L’ambito di applicazione soggettivo dell’obbligo ricomprende sia tutti i soggetti (di qualsiasi nazionalità) che svolgono attività spaziali nel territorio italiano, sia le attività spaziali condotte da operatori nazionali al di fuori del territorio italiano.

Si prevedono tre possibili fasce di rischio cui applicare massimali gradatamente inferiori in relazione alle caratteristiche dell’attività svolta la cui individuazione (ai fini della graduazione dei massimali assicurativi) è demandata ai decreti attuativi[50].

In linea generale si prevede che le coperture assicurative debbano avere un «massimale pari a 100 milioni di euro per ciascun sinistro»[51] e che comunque non risulti «inferiore a 50 milioni di euro», prevedendo un favor nei confronti dell’operatore che «persegue esclusiva finalità di ricerca o che è qualificato come start-up innovativa» a cui il massimale è ridotto a «20 milioni di euro per ciascun sinistro»[52].

Considerato il valore elevato dei massimali previsti e della circostanza che questi siano riferiti a singoli sinistri, la copertura del danno può essere garantita sia da un’unica impresa di assicurazioni, sia mediante forme di coassicurazione o in forma consortile al fine di distribuire il rischio su più imprese di assicurazione, richiedendo la registrazione e l’approvazione del consorzio all’Autorità di vigilanza nazionale di settore (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – IVASS) che è chiamato a valutare la stabilità dello stesso in relazione ai possibili rischi.

La disciplina nazionale in materia di spazio pare riprendere quanto disciplinato dal codice della navigazione in relazione alla tutela del terzo danneggiato[53]. Si prevede infatti l’azione diretta del terzo danneggiato contro l’assicuratore per il risarcimento del danno subìto[54], senza che sia possibile addurre (nei confronti del terzo) alcuna causa di risoluzione né di nullità del contratto[55], e prevedendo il risarcimento del danno anche se derivato da dolo dell’operatore o dei suoi dipendenti o preposti (purché questi ultimi abbiano agito nell’esercizio delle loro funzioni e nei limiti delle loro attribuzioni)[56].

L’impossibilità per l’assicuratore di opporre al terzo danneggiato cause di risoluzione o nullità del contratto con effetto retroattivo[57], l’ulteriore opportunità di rilevare (nei confronti del terzo danneggiato) tutte le eccezioni opponibili all’operatore spaziale nonché quelle che l’operatore medesimo può opporre al danneggiato[58] e la previsione dell’azione di rivalsa nei confronti dell’assicurato per la somma pagata al terzo danneggiato[59] completano il parallelo tra la disciplina in materia di spazio ed i vincoli assicurativi previsti dal codice della navigazione.

4. Conclusioni

La nuova legge, pur rappresentando certamente un avanzamento normativo (utile a fornire riferimenti normativi agli operatori economici nazionali) e colmando un’importante lacuna nell’ordinamento, presenta alcuni profili critici.

In primo luogo, la disciplina sembra delineare un sistema che potrebbe risultare discriminatorio nei confronti di soggetti nazionali nel caso in cui subiscano danni extra-atmosferici. Infatti, mentre i danneggiati stranieri possono beneficiare di un duplice canale di tutela, che consente loro sia di invocare la tutela dello Stato affinché agisca attraverso le vie diplomatiche internazionali, sia di agire direttamente nei confronti dell’operatore responsabile, i danneggiati italiani si trovano nella critica situazione di non poter avvalersi del meccanismo internazionale poiché lo Stato italiano sarebbe al contempo parte danneggiante e parte convenuta. Questo aspetto solleva non solo dubbi di costituzionalità, ma anche possibili profili di incompatibilità con il principio di non discriminazione previsto a livello europeo.

Inoltre, il regime autorizzatorio previsto dalla legge richiede l’adempimento di numerosi obblighi e la soddisfazione di requisiti di natura tecnica e finanziaria, che, se indispensabili, da un lato, per tutelare la sicurezza delle persone e la responsabilità dello Stato, rischia, dall’altro, di gravare eccessivamente sulle piccole e medie imprese, ponendo barriere all’accesso. Infatti, tali realtà, pur essendo essenziali per l’innovazione e il dinamismo del settore spaziale, potrebbero incontrare difficoltà ad adeguarsi alle procedure richieste, con il conseguente rischio di marginalizzazione rispetto ai grandi operatori del mercato e gravi ricadute in termini di competitività per l’intero sistema spaziale italiano. A ciò si aggiunge la necessità di un coordinamento più stretto con il diritto internazionale e, in futuro, con il quadro normativo europeo e, nel frattempo, con le normative nazionali degli altri Stati membri dell’Unione. Sebbene la legge intenda conformarsi agli obblighi derivanti dai trattati internazionali, l’attuale frammentazione delle discipline nazionali e la mancanza di un corpus normativo europeo ben definito rischiano di creare sovrapposizioni e conflitti normativi. In un contesto così complesso, il rischio è quello di generare incertezze interpretative e applicative, con conseguenze potenzialmente negative tanto per gli operatori quanto per gli investitori. Un maggiore allineamento normativo a livello europeo potrebbe invece garantire un terreno più stabile per gli investimenti, accrescere la certezza del diritto e stimolare un più rapido sviluppo del settore spaziale, anche in chiave economica e strategica.

Il rapporto tra il settore assicurativo e l’analisi delle previsioni contenute nella legge nazionale in materia di spazio, benché non ancora formalizzato nella sua forma definitiva, rendono possibili ulteriori considerazioni.

La previsione dell’assicurazione obbligatoria, pur avendo il pregio di consentire il perseguimento di una mutualizzazione dei rischio, deve essere letta nell’interezza di una disciplina che se da un lato introduce la peculiare previsione di un’azione diretta del terzo nei confronti dell’assicuratore[60], dall’altro, in relazione ai danni causati nel territorio italiano da Stati di lancio stranieri, prevede una parallela applicazione del diritto internazionale mediante una procedura di richiesta di risarcimento che segue un procedimento di natura diplomatica[61].

In questo, il rapporto tra una disciplina nazionale con attività di natura sovranazionale renderebbe maggiormente opportuna una armonizzazione, anche solo di parametri minimi, a livello internazionale (o quantomeno europeo), anche per risolvere possibili contenziosi sulla ripartizione della responsabilità tra Stato e operatori privati.

La frammentazione della disciplina tra Stati può creare disomogeneità normativa, penalizzando la competitività di alcuni operatori, ostacolando la cooperazione internazionale e favorendo la propensione degli operatori economici a stabilirsi e svolgere la loro attività negli ordinamenti giuridici di maggiore favore ed in cui sono previsti maggiori incentivi. Questi aspetti si inseriscono nella concorrenza tra ordinamenti giuridici che potrebbe essere risolta attraverso un coordinamento normativo per stabilire requisiti assicurativi minimi condivisi a livello globale (o quantomeno europeo).

Deve poi essere preso in considerazione il rapporto tra la difficoltà di valutare i rischi e la corretta quantificazione dei danni a satelliti, collisioni orbitali e contaminazione spaziale. Determinare l’entità e i limiti delle polizze assicurative può risultare complesso e su tali elementi può incidere la continua evoluzione tecnologica e anche la causa del sinistro. Il passare del tempo può incidere sul valore di un oggetto spaziale assicurato o danneggiato. Ponendo il caso di danni connessi a detriti spaziali, il loro aumento può rendere complesso determinare una responsabilità in capo ad un operatore spaziale.

Nello stesso modo, proprio in ragione dell’origine del danno (derivante da componenti di oggetti, alcuni dei quali possono non essere più in uso) ulteriori aspetti rilevanti possono conseguire ai danni provocati a terzi al termine dell’attività spaziale o in un momento futuro in cui l’operatore spaziale può avere cessato di svolgere qualsiasi attività economica. Questo solleva questioni giuridiche sulla durata della copertura assicurativa e sulla possibilità di retrocessione del rischio nel tempo. Un eventuale contezioso potrebbe involgere molteplici soggetti e giurisdizioni, rendendo difficile l’attribuzione delle responsabilità contrattuali anche in ragione di quelle che possono essere le complessità di assolvere all’onere della prova in relazione ad eventuali eventi dannosi intercorsi nello spazio extra-atmosferico.

Ulteriore profilo è connesso agli importi massimali definiti a livello nazionale. Può infatti costituire un elemento di complessità la previsione di un importo massimale, pari a 100 milioni di euro per sinistro (e anche in considerazione della previsione di differenti fasce, il massimale, in ogni caso, «non può comunque essere inferiore a 50 milioni di euro o, nel caso di operatore autorizzato che persegue esclusiva finalità di ricerca o che è qualificato come attività di start-up innovativa, a 20 milioni di euro»), a fronte di ordinamenti nazionali europei che utilizzano parametri di riferimento massimi pari a 50/60 milioni di euro[62].

Tale valore deve tenere in considerazione le caratteristiche di una disciplina che si propone di favorire l’ingresso di tante PMI e la complessità per l’assicuratore nel valutare i differenti rischi.

Strettamente correlata ai massimali e del possibile valore dei danni da risarcire è la previsione di forme di coassicurazione per consentire un corretto assorbimento dei possibili rischi da parte del mercato. Si consideri infatti che nel 2023 il valore dei sinistri è ammontato a 1,75 miliardi di dollari, a fronte di una raccolta premi di circa 550 milioni di dollari[63].

Forme di coassicurazione paiono quindi necessarie per una corretta distribuzione dei rischi in un mercato che, pur essendo in forte sviluppo, non può garantire ancora un rapporto certo tra l’analisi dei possibili rischi e dei possibili danni.

La difficoltà per singole compagnie di sostenere il rischio connesso ad operazioni spaziali richiede, oltre ad una elevata sostenibilità economico-finanziaria degli assicuratori, anche la definizione di accorgimenti e strategie per bilanciare le entrate con le uscite dei singoli esercizi[64].

La frammentazione dei rischi e la previsione di forme di riassicurazione comportano la necessità di prendere in considerazione una varianza del portafoglio dell’assicuratore che contempli non solo l’operatore spaziale, ma altresì la sua catena di fornitura (soprattutto ove questa dipenda in via principale o esclusiva dall’operatore spaziale assicurato) al fine di garantire la solidità dell’assicuratore[65].

Se la legge oggetto di analisi pare quindi costituire un primo strumento per fornire una maggiore certezza del contesto giuridico e favorire investimenti di origine privata, è anche vero che in un contesto normativo e tecnologico fortemente frammentato, potranno risultare maggiormente appetibili ordinamenti giuridici con regimi di maggiore favore (sia in termini di vincoli assicurativi, sia in termini di contribuzioni pubbliche o agevolazioni economiche) e con la disponibilità di infrastrutture tecniche maggiormente idonee all’attività spaziale (come ad es. la presenza di una struttura di lancio, circostanza che riduce ad esempio i rischi connessi al trasporto).

Ecco come un dialogo con il settore assicurativo può assumere un ruolo centrale.

Andando oltre il mero risarcimento danni patiti da soggetti terzi, la capacità di assicurare i rischi e le responsabilità di una missione spaziale può infatti semplificare l’accesso ai finanziamenti necessari per una attività e rendere la stessa maggiormente di interesse per il mercato. Un esempio in tale senso è la vicenda che ha riguardato la costellazione di satelliti Iridium nel 2015.

Il periodo storico caratterizzato dai lanci falliti del razzo russo Proton dal Cosmodromo di Baikonur (2013) e quello della missione CRS-7 SpaceX (giugno 2015), a cui si aggiungevano ritardi connessi al sistema hardware dei satelliti Iridium, aveva spinto i finanziatori dell’iniziativa a richiedere all’operatore spaziale livelli di garanzia maggiori e più articolati, rendendo maggiormente complesso fornire le garanzie richieste[66].

L’affiancamento di un operatore assicurativo all’attività dell’operatore spaziale in tutte le fasi di sviluppo può contribuire a rendere la contestuale valutazione del rischio più attendibile (esclusi chiaramente gli eventi non prevedibili), agendo così da fattore incentivante gli investimenti nell’attività vista la riduzione dei rischi connessi all’attività di R&S. Tale riduzione del rischio beneficerebbe inoltre della conseguente crescita del settore, generando una sorta di circolo virtuoso. Pertanto, la compartecipazione del settore assicurativo risulta al contempo strumento di stabilità e di crescita.

Infine, è opportuno sottolineare che se la garanzia assicurativa fornita può risultare effettiva nel caso di danno intra-atmosferico (in ragione del limite previsto per l’azione di rivalsa[67]), in caso di danno extra-atmosferico la responsabilità degli operatori spaziali risulta priva di limiti. Tale circostanza rende il massimale garantito dall’assicurazione capace di fornire una copertura parziale del possibile danno, la cui eccedenza rimarrebbe a carico dell’operatore privato, in quanto soggetto comunque «responsabile dei danni cagionati in conseguenza delle attività spaziali condotte»[68]. Una tale lacuna potrebbe incidere negativamente sulla sostenibilità economica delle attività spaziali, scoraggiando la partecipazione di nuovi attori privati e limitando la crescita di un settore che è invece destinato a giocare un ruolo sempre più strategico.

Alla luce di queste considerazioni, è opinione degli Autori che la normativa potrebbe beneficiare di alcuni futuri adattamenti, volti ad eliminare le possibili distorsioni discriminatorie, chiarire gli aspetti procedurali e probatori legati in particolare all’azione di rivalsa dello Stato, semplificare le procedure autorizzative e migliorare il coordinamento con le norme internazionali e nazionali a livello europeo. Grazie ad alcune chiose, la cui portata sarà meglio valutabile alla luce di un’analisi in concreto dei profili applicativi della legge, la stessa potrebbe meglio contribuire al raggiungimento degli obiettivi dichiarati al momento della presentazione del disegno di legge e in particolare quello di favorire un ambiente stabile e competitivo per il settore spaziale, sostenendo non solo la crescita economica, ma anche la leadership strategica dell’Italia in un contesto globale sempre più dinamico.

Note

* Il lavoro è frutto della riflessione comune degli Autori. Tuttavia, il par. 2 è realizzato dalla dott. G. Roasio, il par. 3 dal dott. M. Pignatti. L’introduzione contenuta nel par. 1 e le conclusioni contenute nel par. 4 sono condivise tra gli autori.

[1] S. Paladini, The New Frontiers of Space: Economic Implications, Security Issues and Evolving Scenarios, Cham,Palgrave-Macmillan 2019, p. 43 e ss.

[2] Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies (OST), 1967, Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 2222 (XXI) del 1966; Agreement on the Rescue of Astronauts, the Return of Astronauts and the Return of Objects Launched into Outer Space, 1968, Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 2345 (XXII) del 1967; Convention on International Liability for Damage Caused by Space Objects (Liability Convention), 1972, Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 2777 (XXVI) del 1971; Convention on Registration of Objects Launched into Outer Space, 1976, Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 3235 (XXIX) del 1974; Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies, 1984, 34/68 del 1979.

[3] Si v. sull’argomento B. Cheng, Studies in international space law, Oxford, New York, 1997, pp. 125-149 e M.J. Durkee, Interstitial Space Law, in Washington University Law Review, 97, 2019, p. 423 ss.

[4] OST, art. 6.

[5] Committee on the Peaceful Uses of Outer Space, Guidelines for the Long-term Sustainability of Outer Space Activities, Vienna, 2021, p. 1, reperibili all’indirizzo: https://www.unoosa.org/res/oosadoc/data/documents/2021/stspace/stspace79_0_html/st_space79E.pdf.

[6] Ibidem, p. 2: il Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (COPUOS) definisce la sostenibilità in ambito spaziale «…as the ability to maintain the conduct of space activities indefinitely into the future in a manner that realizes the objectives of equitable access to the benefits of the exploration and use of outer space for peaceful purposes, in order to meet the needs of the present generations while preserving the outer space environment for future generations».

[7] Un’organizzazione no-profit che supporta il programma delle Nazioni Unite sulle applicazioni spaziali. Per ulteriori informazioni sull’organizzazione, si v. https://spacegeneration.org/about.

[8] COPUOS, Compendium on Space debris mitigation standards adopted by states and international organizations, 2024, reperibile all’indirizzo: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/topics/space-debris/compendium.html.

[9] Disegno di legge n. 2026, Disposizioni in materia di economia dello spazio.

[10] Legge 13 giugno 2025, n. 89, Disposizioni in materia di economia dello spazio, GU Serie Generale n.144 del 24-06-2025.

[11] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Indirizzi del Governo in materia spaziale e aerospaziale, 9 gennaio 2025.

[12] OST, art. 6.

[13] M. Draghi, The future of European Competitivness, 2024, part B, p. 172.

[14] World Economic Forum, Space, the $1.8 Trillion Opportunity for Global Economic Growth, aprile 2024, p. 4. Si v. anche: Eurostat, Developing a space economy thematic account for Europe, dicembre 2023, p. 8, ove in relazione ai dati del 2017 il valore dell’economia spaziale globale, in termini di produzione, era stimata ad un valore di 309 miliardi di euro, con una crescita annua del 6,7%. Nello stesso anno, l’economia spaziale europea è stata valutata tra i 53 e i 62 miliardi di euro.

[15] Space Foundation (US), Space Foundation 2022 Annual Report.

[16] European Space Policy Institute (ESPI), More than a Space Programme: The Value of Space Exploration to Empower the Future of Europe, 2023.

[17] M.E. De Maestri, Annuncio ritardo: la proposta di legge spaziale europea fra supposizioni e bisogni, in Quaderni AISDUE, 2, 2024, p. 1 ss.

[18] L. n. 89/2025, art. 3.

[19] OST, artt. 6 e 7.

[20] L. n. 89/2025, art. 2: «il lancio, il rilascio, la gestione in orbita e il rientro di oggetti spaziali, compresi lo smaltimento dalle orbite terrestri e la rimozione di oggetti, i servizi in orbita, l’assemblaggio e l’utilizzo di stazioni spaziali orbitanti nonché la produzione di oggetti nello spazio extra-atmosferico e sui corpi celesti; l’esplorazione, l’estrazione e l’uso delle risorse naturali dello spazio extra-atmosferico e dei corpi celesti, in conformità agli strumenti giuridici adottati a livello internazionale; il lancio, il volo e la permanenza, di breve o di lungo periodo, di esseri viventi nello spazio extra-atmosferico e sui corpi celesti; le attività condotte attraverso le piattaforme stratosferiche e i razzi sonda; ogni altra attività realizzata nello spazio extra-atmosferico e sui corpi celesti da operatori cui si applica la presente legge».

[21] Liability Convention, art. 1, lett. c).

[22] L. n. 89/2025, art. 2, lett. h): ““lancio”: attività finalizzata a collocare oggetti o a consentire la permanenza di esseri viventi nello spazio extra-atmosferico, ivi compreso il tentativo di lancio»; l. n. 89/2025, art. 2, lett. i): ““gestione in orbita”: attività di controllo effettivo sull’oggetto spaziale, destinato ad essere collocato in orbita, la quale inizia con la separazione dal lanciatore e ha termine con la conclusione dell’operatività dell’oggetto spaziale, con l’esecuzione delle manovre di deorbitazione e delle attività di passivazione dell’oggetto, con la perdita del controllo sull’oggetto o con il suo rientro nell’atmosfera»; l. n. 89/2025, art. 2 lett. l): ““oggetto spaziale “: l’oggetto spaziale, ciascuno dei suoi elementi, il veicolo di lancio e ciascuno degli elementi di quest’ultimo».

[23] OST, art. 7: «Each State Party to the Treaty that launches or procures the launching of an object into outer space, including the moon and other celestial bodies, and each State Party from whose territory or facility an object is launched, is internationally liable for damage to another State Party to the Treaty or to its natural or juridical persons by such object or its component parts on the Earth, in air or in outer space, including the moon and other celestial bodies».

[24] Liability Convention, art. 1, lett. a): «The term “damage” means loss of life, personal injury or other impairment of health; or loss of or damage to property of States or of persons, natural or juridical, or property of international intergovernmental organizations».

[25] Si segnala un ulteriore profilo critico relativo al fatto che una definizione universalmente accettata dell’atmosfera che ne delimiti i confini non è ancora stata raggiunta nonostante il prolifico dibattito internazionale in merito. Per un approfondimento in materia, si v. O. De Oliveira Bittencourt Neto, Revisiting the Delimitation of Outer Space in Light of the Long-Term Sustainability of Space Activities, in Air & Space Law, 48, Special Issue, 2023, p. 93 ss.

[26] K. Malinowska, Space Insurance: International Legal Aspects, Kluwers Law International, Alphen aan den Rijn, 2017, p. 22.

[27] In assenza di norme che dispongano diversamente, la «riconducibilità» parrebbe discendere direttamente, almeno nei rapporti esterni, dall’immatricolazione dell’oggetto da parte dell’operatore ex artt. 15, 16 e 17 l. n. 89/2025. Nulla è disposto per il caso in cui le attività spaziali che coinvolgono un determinato oggetto siano svolte da soggetti diversi (ad esempio nell’ambito di un accordo di partenariato), nel qual caso si può presumere che, a prescindere da un’eventuale diversa regolamentazione dei rapporti interni tra le parti, il danneggiato abbia sempre il diritto di agire nei confronti di quel soggetto o quei soggetti che risultino dal registro di immatricolazione quali lanciatore (art. 16, comma 2, lett. a), proprietario e costruttore (art. 16, comma 2, lett. c) ovvero art. 17 comma 2, lett. b sempre della l. n. 89/2025).

[28] V. infra.

[29] Per un approfondimento si v., ex multis, G. Alpa, La responsabilità civile. Principi, Milano, Wolters Kluwer, 2018.

[30] Liability Convention, art. 3.

[31] Quando il danneggiato sia una persona fisica o giuridica straniera può, in base all’art. 62, l. n. 218 /1995, invocare l’applicazione della legge italiana e, quindi, della nuova legge, quando il fatto illecito o l’evento dannoso abbiano avuto luogo in Italia.

[32] Il caso del fatto illecito o dell’evento dannoso verificatisi sul territorio italiano nello spazio extra-atmosferico appare certamente un caso residuale ma, nel caso ad esempio di danno verificatosi a bordo di un velivolo o stazione spaziale italiana, pur sempre plausibile.

[33] Ibidem.

[34] Corte cost., 27-31 maggio 1996, n. 172 (principio di ragionevolezza come corollario del principio di uguaglianza art. 3 Cost.).

[35] C. Favilli, Article 18 [Combating Discrimination Based on Nationality], in Hj. Blanke, S. Mangiameli (a cura di), Treaty on the Functioning of the European Union – A Commentary, Cham, Springer, 2021, p. 453 ss.

[36] Cost., art. 2. Per un’analisi, ex multis, si v. V. Crisafulli, L. Paladin, A. Ambrosi, Commentario breve alla Costituzione, Padova, CEDAM, 1990.

[37] L. n. 89/2025, art. 2, lett. m).

[38] OST, art. 6.

[39] B. Pagnanelli, L’assicurazione dei rischi spaziali, in Profili giuridici delle assicurazioni contro i rischi dei trasporti: stato dell’arte ed evoluzione, incontro di studio del Dottorato di ricerca in diritto della navigazione e dei trasporti dell’Università di Messina, Villaggio Marispica, Ispica-Ragusa 3-8 settembre 1995, p. 384, in cui si evidenzia come prima del 1965 si debba ricondurre a Generali la copertura assicurativa del progetto San Marco relativa non tanto alle attività spaziali ma al trasporto della piattaforma di lancio a Mombasa.

[40] Relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 2026, Disposizioni in materia di economia dello spazio, 2024, p. 19.

[41] Sulla difficoltà di ricondurre i rischi spaziali a statistiche si v., A. Donati, Trattato di diritto delle assicurazioni, Milano, Giuffrè, 1954, p. 130.

[42] G. Petrilli, Lineamenti di economia dell’assicurazione, Roma, Editrice Elia, 1982, p. 102 e ss.

[43] Si v. il rischio sismico e di dissesto idrogeologico. Secondo l’ultimo rapporto sul dissesto idrogeologico dell’ISPRA (Istituto Superiore di Ricerca Ambientale), il 93,9% dei comuni italiani è vulnerabile a frane, alluvioni o erosione costiera. Stando ai dati, nel contesto attuale oltre 84.000 industrie e servizi si trovano in aree ad alta e molto alta pericolosità da frana, con circa 220.000 lavoratori a rischio. Inoltre, gli addetti esposti al pericolo di inondazione sono oltre 640.000, pari al 13,4% del totale.

[44] P. Celle, I contratti di assicurazione grandi rischi nel diritto internazionale privato, Padova, CEDAM; 2000, p. 39 e s.

[45] Nel mese di maggio 2023, sono stati calcolati 5.400 satelliti attivi presenti in orbita, di cui quasi 3.000 hanno finalità commerciali. Alcuni esperti prevedono inoltre che per il 2030 si raggiunga il numero di 100.000 satelliti attivi. Parallelamente, il numero degli oggetti circolanti nell’orbita terreste è risultato superiore alle trentuno mila unità. Cfr. Klecha & Co., Space Economy: Lift-off into the final frontier, novembre 2022, ove il numero degli oggetti è posto in relazione con il problema dei detriti spaziali.

[46] L. n. 89/2025, art. 2, comma 1, lett. l), ove per «oggetto spaziale» si intende «l’oggetto spaziale, ciascuno dei suoi elementi, il veicolo di lancio e ciascuno degli elementi di quest’ultimo».

[47] Si v. la polizza sviluppata dalla Mitsui Sumitomo Insurance ed in cui sono coinvolte 17 compagnie operanti in settori correlati. Tra i partner presenti sono presenti la All Nippon Airways (ANA) Holdings, l’agenzia di viaggi HIS e, per le sue competenze in campo di tecnologie e telecomunicazioni, il gruppo elettronico giapponese NEC. Cfr. Mitsui Sumitomo developing space tourism coverage, in International Travel & Health Insurance Journal, 20 dicembre 2023, reperibile all’indirizzo: https://www.itij.com/latest/news/mitsui-sumitomo-developing-space-tourism-coverage. In dottrina: K. Malinowska Space Insurance: International Legal Aspects, cit., p. 187 e ss.; A.J. Harrington, Space Insurance and the Law Maximizing Private Activities in Outer Space, Edward Elgar Publishing Limited, Cheltenham, 2021, p. 43 e ss.

[48] OECD, The Space Economy at a Glance 2014, 2014, p. 76 e ss.

[49] L. n. 89/2025, art. 6.

[50] L. n. 89/2025, art. 13.

[51] L. n. 89/2025, art. 21, comma 1.

[52] L. n. 89/2025, art. 21, comma 2.

[53] R.d. n. 327/1942, art. 1015, Diritti del terzo danneggiato verso l’assicuratore, in cui si prevede che «il terzo danneggiato ha azione diretta contro l’assicuratore per il risarcimento del danno subito. L’assicuratore non può opporre al terzo alcuna causa di risoluzione né di nullità del contratto avente effetto retroattivo». Si v. anche d.lgs. n. 209/2005, Codice delle assicurazioni private, art. 144.

[54] L. n. 89/2025, art. 21, comma 4.

[55] L. n. 89/2025, art. 21, comma 5.

[56] In relazione al codice della navigazione si v. r.d. n. 327/1942, art. 1015, comma 4, in cui si prevede l’obbligo a risarcire il terzo anche nel caso in cui i danni conseguano al dolo dell’esercente o dei suoi dipendenti e preposti (si v. il rimando all’art. 1012, comma 3).

[57] L. n. 89/2025, art. 21, comma 5. In relazione al codice della navigazione si v. r.d. n. 327/1942, art. 1015, comma 2.

[58] L. n. 89/2025, art. 21, comma 6. In relazione al codice della navigazione si v r.d. n. 327/1942, art. 1015, comma 5.

[59] V, art. 21, comma 7. In relazione al codice della navigazione si v. r.d. 327/1942, art. 1016.

[60] L. n. 89/2025, art. 21, comma 6.

[61] L. n. 89/2025, art. 20.

[62] Relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 2026, Disposizioni in materia di economia dello spazio, cit., ove nel realizzare un’anali comparata si evidenzia come «il Regno Unito e la Slovenia prevedono una garanzia di 60 milioni di euro per missioni ordinarie», mentre in Francia, «il massimale dell’assicurazione obbligatoria è corrispondente a quello del limite di responsabilità (tra 50 e 70 milioni di euro), potendo, tuttavia, essere concessa l’esenzione da tale obbligo quando non sia possibile ottenere una garanzia assicurativa e per il periodo in cui i satelliti non mutino la loro posizione orbitale».

[63] AON - International Space Brokers.

[64] B. Pagnanelli, L’assicurazione dei rischi spaziali, cit., p. 389, ove si rileva come «a fine anno, le (…) attività si concretizzano in una serie limitata di piccoli guadagni o in un’elevata perdita».

[65] Sulla riassicurazione come strumento di gestione del rischio delle imprese di assicurazione: E. Piras, La riassicurazione tra codice civile, codice delle assicurazioni e prassi, in Assicurazioni, 2, 2023, p. 199 e ss.

[66] Si v. il Quarterly report pursuant to section 13 or 15(d) of the Securities Exchange Act of 1934 depositato presso la U.S. Securities and Exchange Commission (SEC) il 30 luglio 2015 e reperibile all’indirizzo https://www.sec.gov/Archives/edgar/data/1418819/000156459015005828/irdm-10q_20150630.htm, in cui l’operatore spaziale indicava la complessità di mettere insieme il pacchetto di assicurazioni richiesto dai creditori bancari come condizione per i loro prestiti. Le richieste dei finanziatori dell’iniziativa si componevano di più parti richiedendo: una assicurazione per il lancio; una copertura più articolata ma meno onerosa per i lanci coi vettori SpaceX; una «Assicurazione Aggregata di Costellazione» per i rischi non coperti dalle altre due e con altri e più complessi livelli di indennizzo; una assicurazione per tutti gli eventuali lanci sostitutivi in caso di fallimento del primo; un’assicurazione sul premio stesso da corrispondere su quest’ultima polizza.

[67] L. n.89/2025, artt. 18, comma 3 e 19, comma 2.

[68] V. art. 18, comma 1.



Abstract: L’adozione di un quadro normativo nazionale per le attività spaziali è fondamentale per allineare l’Italia agli obblighi internazionali, promuovendo al contempo l’innovazione e gli investimenti privati nel settore. La nuova legge sulle attività spaziali disciplina la responsabilità civile degli operatori spaziali, riflettendo il regime internazionale che distingue tra danni atmosferici ed extra-atmosferici. In particolare, stabilisce una responsabilità oggettiva per i danni atmosferici, mentre per i danni extra-atmosferici deve essere provata la colpa dell’operatore. La legge prevede un sistema di risarcimento a doppio binario: da un lato, il danneggiato ha un diritto diretto nei confronti dell’operatore per i danni atmosferici; dall’altro, se l’Italia è ritenuta responsabile a livello internazionale per i danni extra-atmosferici causati da una colpa dell’operatore, lo Stato può rivalersi sul responsabile. Inoltre, la legge introduce un requisito assicurativo obbligatorio per gli operatori spaziali, al fine di garantire la copertura finanziaria per i danni a terzi e migliorare la sostenibilità economica delle missioni spaziali. Il presente documento esamina criticamente i punti di forza e di debolezza della proposta di legge, valutandone l’impatto sulla competitività del settore e proponendo miglioramenti per garantire un quadro normativo equo ed efficace.

Parole chiave: legge spaziale, diritto dello spazio, responsabilità civile, obbligo assicurativo, operatori spaziali

The new law on space: a critical analysis / Matteo Pignatti, Giulia Roasio


Abstract: Adopting a national regulatory framework for space activities is crucial in aligning Italy with international obligations while fostering innovation and private investment in the sector. The new law on space activities governs the civil liability of space operators, reflecting the international regime that differentiates between atmospheric and extra-atmospheric damage. Specifically, it establishes strict liability for atmospheric damage, whereas the operator’s fault must be proven for extra-atmospheric damage. The law sets out a dual-track compensation system: on the one hand, the injured party has a direct claim against the operator for atmospheric damage; on the other, if Italy is held internationally liable for extra-atmospheric damage caused by an operator’s fault, the State may seek recourse against the responsible party. Additionally, the law introduces a mandatory insurance requirement for space operators to ensure financial coverage for third-party damages and enhance the economic sustainability of space missions. This paper critically examines the strengths and weaknesses of the draft law, assessing its impact on the sector’s competitiveness and proposing improvements to ensure a fair and effective regulatory framework.

Keywords: space regulation, space law, civil liability, insurance obligation, space operators.