Quel giorno, il 17 maggio, Elisa era in cucina e stava friggendo. Raviole dolci con la ricotta, come tradizione siciliana comanda: perché lei e il marito Santi sono originari di Catania, tra sole, mare e l’Etna all’orizzonte. Poi, con il lavoro (ostetrica lei, ingegnere lui) e i giri non sempre agili della vita, sono arrivati in Emilia-Romagna, a Conselice. Qui, con risparmi e sacrifici, hanno comprato casa e vivono da marzo 2017. Una casa in periferia, con giardino e portico. A due piani, pensata per accogliere una famiglia grande, perché “i figli sono la mia vita, sono nata con il desiderio di averne”.

Sorride, Elisa, quando parla dei suoi bambini. Dopo Roberto, nato nel 2016, è arrivata Anna, nel 2020, “la figlia del Covid”. E poi il terzo, Riccardo, a settembre 2023. A maggio scorso, dunque, Elisa era incinta di sei mesi. E a Conselice c’erano anche i suoi genitori, per darle una mano nelle faccende di tutti i giorni. “Avevo impastato, stavo cucinando; pensa quanto mi aspettavo di finire a mollo”, racconta scuotendo la testa. E quei momenti terribili: l’acqua che inizia improvvisamente a uscire da un tombino, per poi allargarsi nella strada ed entrare lentamente dalla cucina, “conquistava mattonella per mattonella, era inarrestabile”; il marito che cerca di salvare il salvabile portando sedie e oggetti al piano di sopra, dove si rifugiano tutti, cane incluso. Tutti completamente al buio, dentro e fuori, mentre l’acqua cresce, arriva al terzo e poi al sesto gradino delle scale, la puzza di fogna diventa insostenibile e l’antifurto inizia a suonare, impazzito: “Sembrava l’apocalisse. Una fusione tra cielo e terra. I bambini spaventatissimi”.

L’indomani Elisa vede dei volontari della Protezione civile passare davanti a casa, li chiama, chiede aiuto. Lei, con il pancione, e i suoi bimbi vengono presi in braccio, caricati su un pianale trainato da un trattore e portati all’asciutto, nelle scuole medie allestite per il soccorso. Tre giorni passati in una casa-famiglia di Argenta, nel ferrarese, poi tutta la famiglia decide di prendere un treno per Catania, “almeno là saremmo stati all’asciutto”.

Ma il marito torna presto a Conselice, vuole mettere mano al disastro: il piano di sotto (cucina, salotto, bagno, lavanderia, ripostiglio) è completamente andato, come il giardino e la macchina nuova. I muri sono fradici, c’è muffa al piano di sopra, ovunque. Bisogna buttare, tutto: cucina, porte, lavatrice, biciclette, tavoli, barbecue, giochi dei bimbi. Bisogna scrostare, lavare, pulire. Lottare contro la melma, che non se ne va mai. Elisa piange: “Una fatica immensa. Ricordo la mano infinita delle mie colleghe, dei colleghi di mio marito e delle loro famiglie. Senza di loro non ce l’avremmo fatta. Pensa che una mia collega ha ospitato Santi a casa sua”.

Appena ha potuto, Elisa ha lasciato la Sicilia per tornare a Conselice dal marito, “perché volevo che restassimo uniti, insieme, siamo una famiglia”. Elisa continua a chiedersi come sia accaduto quel disastro, e perché non sia stato possibile evitarlo, in nessun modo. È delusa e arrabbiata ma, nonostante tutto, si fa forza: prima di Natale sono state rimesse le porte al piano di sotto, Babbo Natale ha portato ai bimbi uno scivolo nuovo, con un grande fiocco sopra. La cucina è stata ricomprata nuova, grigia e con ante di legno naturale. Ma restano tantissime le cose perdute, come la macchinina del figlio più grande, che avrebbe potuto essere usata poi dagli altri due. Tanti gli oggetti che mancano all’appello. Oggetti che significano ricordi, anche loro perduti.

E ora? Sorride: “Ora noi stiamo bene, tutto sommato. Ci siamo fatti fare un prestito per i prossimi dieci anni, siamo riusciti a ricostruire la casa. Manca ancora la parte di fuori, ma almeno all’interno siamo tornati alla normalità. Ne abbiamo bisogno, non ci siamo fermati un attimo”.

I pensieri e i timori restano, si riaffacciano. Nei grandi, così pure come nei più piccoli. Non tanto in Anna, che con i suoi tre anni lo scorso maggio non si è resa conto bene di quanto stava succedendo, ma nel più grande, Roberto, sì: “Mamma… e se arriva di nuovo l’acqua?”. Eppure, c’è qualcuno adesso che dà forza e coraggio in più, ogni giorno. Una presenza speciale. Riccardo, il “figlio dell’alluvione”. In nomine omen, dicevano gli antichi: Riccardo è davvero un cuordileone, è forte e buono, mangia e dorme. Come se avesse capito, dice Elisa, che la sua mamma ha bisogno di serenità, della sua famiglia. Perché è questo che lei vuole trasmettere ai suoi figli: l’importante è stare insieme. Anche con l’alluvione.