N.6 1998 • ANNO XIX - novembre/dicembre

Editoriale/ Roberto Bin
Sotto la legge niente

Presto saranno due anni che la legge 59/1997, la ben nota "Bassanini I", è in vigore. Nell'intricato mare della legislazione italiana essa ha provocato un'onda sismica di grande portata. Ha prodotto decine di decreti delegati, alcuni dei quali avrebbero dovuto avviare il "federalismo amministrativo", ossia disporre un forte e decisivo decentramento delle funzioni pubbliche "a costituzione vigente", in attesa delle riforme costituzionali.

I decreti delegati hanno imposto alle Regioni di rompere ogni indugio e riversare agli enti locali le funzioni ricevute dallo Stato. Così le Regioni si sono ritrovate anch'esse percorse dall'onda. Hanno cercato di agire nei termini strettissimi imposti dalla legge 59, venendo a capo di complicate concertazioni con gli enti locali e con i rappresentanti delle forze sociali, nonché delle estenuanti procedure deliberative delle giunte e dei consigli regionali. Ma come fare? Perché le difficoltà sono state tante, a partire dall'interpretazione dei "conferimenti" assai spesso disposti dai decreti attraverso formule evanescenti, volutamente ambigue e imprecise: perché anche i decreti delegati sono passati per un travagliato procedimento decisionale, infiltrato da fortissime pressioni politiche e ancora più energiche intromissioni corporative. Per cui nei sei mesi assegnati dalla legge 59 si doveva venire a capo dell'interpretazione del decreto delegato, predisporre una prima bozza di legge di conferimento impegnando a fondo pressoché tutte le strutture amministrative regionali, affrontare la concertazione con enti locali e forze sociali, raggiungere un consenso tra le forze politiche di maggioranza per far passare il progetto in giunta, per poi, finalmente, affrontare l'incontrollabile procedimento consiliare, prima nelle commissioni e poi in aula.

Questo fascicolo è dedicato appunto allo sforzo progettuale delle Regioni: uno sforzo per nulla disprezzabile. Alcune hanno scelto da subito la strada dell'adempimento formale: una legge "minimalista" di definizione dei princìpi guida per una ripartizione generica di funzioni a questo o quel livello del governo locale. Altre hanno ripiegato su questa soluzione dopo aver cercato di introdurre contenuti innovativi nelle loro leggi, scontrandosi però con veti politici o corporativi ogni qual volta la legge avvicinava i nodi cruciali o sfiorava gli interessi costituiti. Ma alcune stanno riuscendo a fare qualcosa di più, ma in grande fretta, per non incorrere nella sanzione paventata dalla "Bassanini": quella forma originale (e di assai dubbia legittimità) di "sostituzione legislativa", per cui il Governo, sempre con decreto delegato, deve surrogarsi al legislatore regionale inerte, conferendo agli enti locali le funzioni non ritenute di esclusivo interesse regionale. Puntualmente infatti il Governo, a seguito dei primi decreti delegati di trasferimento, ha emanato il decreto sostitutivo: puntualmente arriverà anche il decreto sostitutivo per le molte Regioni che non avranno attuato il decreto 112.

Eppure tutto ciò ha prodotto sinora poco o niente. L'onda legislativa ha fatto molta impressione in superficie, ma non ha smosso i limacciosi fondali dell'amministrazione. L'attuazione della "Bassanini I" ha introdotto importanti innovazioni nella disciplina di alcuni settori (il commercio, il sostegno alle imprese, la dirigenza pubblica, per esempio), ma quanto al trasferimento delle funzioni è prevalsa la tecnica del rinvio. Rinvio non solo dei termini, sistematicamente prorogati, ma rinvio delle stesse decisioni che si dovevano assumere con i decreti delegati, cioè l'assegnazione delle risorse umane e finanziarie, il trasferimento degli uffici e la riduzione "fisica" degli apparati burocratici dei ministeri. E siccome queste decisioni condizionano l'operatività del trasferimento, questo è rimasto sulla carta: un trasferimento "in astratto", di funzioni individuate senza un riscontro concreto, destinato ad operare se e quando verranno individuate le risorse con i successivi atti amministrativi.

Nel frattempo? Nel frattempo è cambiato il Governo, e questo senza voler dubitare della permanente volontà riformatrice della nuova compagine - ha tagliato il rapporto di continuità storica, cioè di responsabilità politica, tra chi ha iniziato il progetto e chi lo condurrà in porto. Nel frattempo le burocrazie ministeriali avranno tutto il tempo di riorganizzarsi, di spezzare il quadro unitario della riforma (molto abilmente perseguito e difeso dal ministro Bassanini), di polverizzarne l'attuazione modellandola lungo le suddivisioni inter- e infraministeriali, di far quadrato a difesa di ogni più minuta risorsa. Nel frattempo le Regioni possono fare poco o nulla per iniziare ad attuare il quadro legislativo che sono state costrette a tracciare. Anche la sperimentazione è resa impossibile mancando le risorse, le strutture, il personale: chi potrebbe pensare che sia opportuno partire istituendo uffici e destinando personale quando uffici e personale ci sono già, magari nelle strutture periferiche dello Stato, e aspettano solo di essere trasferiti?

Che fare dunque nel frattempo? Non resta che l'appello corale al Governo perché dia seguito alle promesse legislative. Certo non è la luce del federalismo amministrativo, anticipatore della riforma dello Stato, ma qualcosa che ricorda il buio del tradizionale regionalismo delle lamentele e delle rivendicazioni. Ma almeno alla "Bassanini I" va riconosciuto questo merito, questo risultato concreto e immediato: di aver istituito, nelle Conferenze Stato - Regioni e Stato - città ed autonomie locali, due sedi in cui le ragioni del sistema delle autonomie possono emergere con una maggior dignità istituzionale che nel passato. Nella capacità di stimolazione e di contrattazione delle Regioni e dei Comuni stanno le speranze che la "Bassanini" non passi come un'onda di superficie.