N.3-4 1999 • ANNO XX - maggio/agosto
Editoriale/Vasco Errani
Una nuova concezione della Regione al servizio dello sviluppo.

I Programmi d’area avviano un’esperienza di programmazione negoziata sul territorio tra le più avanzate. Si tratta di un processo che ha alla base una nuova filosofia, una nuova concezione della Regione, del suo ruolo, del suo governo, dei suoi protagonisti, dei suoi obiettivi. Un passo importante che precisa ulteriormente cosa intendiamo quando diciamo che la nuova Regione deve gestire meno e programmare di più, dando opportunità, entro un sistema di regole, a chi ha idee e voglia di fare.

Solo così riusciremo a sostenere le nuove condizioni della competizione internazionale alla quale non si può più rispondere riproponendo modelli di sviluppo imitativi ed emulativi che hanno reso forte la nostra Regione, ma che non sono più adeguati. Per realizzare ciò abbiamo introdotto un nuovo metodo che ha portato a questo risultato: non più un sistema organizzato in modo verticale, ma una programmazione concertata che mette attorno a un tavolo tutti i soggetti interessati a ogni singolo programma.

Una tale procedura ha semplificato l’iter amministrativo, in modo che il fattore tempo possa assumere in concreto una valenza economica di segno positivo. Questa nuova concezione privilegia una logica di patto dal basso, nel quale la Regione è uno dei soggetti attivi. Non sostituisce, ovviamente, la struttura di intervento per settori, ma introduce una modalità innovativa che parte dalla complessità dei territori e dal coinvolgimento paritario e pattuale di tutti i suoi protagonisti istituzionali, economici, sociali, culturali pubblici e privati.

Siamo di fronte alla sperimentazione di percorsi che prevedono una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti, che si esprime e si realizza attraverso la programmazione negoziata degli obiettivi da raggiungere. Non c’è più una Regione che predispone i programmi e coinvolge i diversi attori sociali solo al momento della loro attivazione, ma i privati interagiscono con le istituzioni pubbliche fin dall’inizio dell’elaborazione delle proposte. Come chiarisce la legge regionale "[…] I programmi d’area sono promossi dalla Giunta regionale soltanto nel caso in cui gli enti locali ricompresi nell’ambito territoriale interessato diano il loro assenso e partecipino alla loro predisposizione e realizzazione".

Come si vede, il cambio di visuale non è di poco conto. Se è attribuito alla Giunta il compito di proporre i programmi d’area, questa non è comunque un’azione calata dall’alto, nasce al contrario dall’interesse degli attori e dei territori individuati. Territori che comprendono al loro interno situazioni omogenee alle quali va data una risposta complessiva – quella contenuta nel programma d’area elaborato.

Con i programmi d’area intendiamo sperimentare un ruolo nuovo della Regione.

Rispetto alle risorse non si tratta di aumentarne la quantità e di farle confluire in un determinato territorio, ma di scommettere sulla diversa programmazione del loro impiego attraverso la concertazione tra pubblico e privato direttamente coinvolti nei programmi. Le risorse sono quelle previste dalla copertura finanziaria del progetto, ma anche dall’attivazione delle risorse messe in campo dalla componente privata.

Anche in questo ambito, la natura di patto sottoscritto da tutti i soggetti interessati mostra la sua portata innovativa e la sua validità operativa.

Vogliamo rispondere alle domande dei territori che compongono il sistema regionale. Vogliamo che queste risposte siano valide rispetto alla complessità dei singoli territori. Ciò significa corrispondere a più aspettative: precisamente a tutte quelle rappresentate dai soggetti che interagiscono e si mettono in gioco nel programma d’area. Significa anche che la nostra capacità di innovazione sarà misurata da più punti di vista.

Sfide nuove dove tutti i soggetti mettono alla prova se stessi.

Protagonisti nella realizzazione del tessuto reticolare della nuova Regione.

Gli otto programmi speciali d’area che interessano il nostro territorio regionale riguardano le aree urbane di Modena e Reggio Emilia, l’area portuale di Ravenna, le città della costa, il Basso ferrarese, la Valle del Reno, il Parco della salute compreso tra le province di Parma e di Piacenza e la promozione turistica di Val Tidone e l’Alta Val Luretta piacentine.

L’Emilia-Romagna è la prima Regione italiana a praticare questa modalità di programmazione che si sta concretizzando con l’impegno di risorse pubbliche, sui bilanci 1998-2000, pari a circa 226 miliardi da parte della Regione e di 319 degli enti locali e territoriali. A questi stanziamenti si vanno poi ad aggiungere quelli dei privati, stimati in oltre mille e duecento miliardi. Già da questo primo dato si coglie il senso della legge n. 30/1996 che istituisce i programmi d’area: puntare sui territori, uscendo dalla logica settoriale e coinvolgendo in maniera paritaria tutti i soggetti economici, sociali, istituzionali disponibili a farlo. Protagonisti di una partnership che funziona, elabora, attua e controlla i programmi.

La legge sui programmi d’area avvia un processo e inaugura una procedura che privilegiano una logica di patto costruito dal basso, con la Regione come catalizzatore. Si tende a fuoriuscire dal modello piramidale, secondo una gerarchia, per sperimentare una struttura a rete: reti di politiche industriali, di piattaforme infrastrutturali, reti di politiche turistiche. All’interno di un sistema regionale coeso e competitivo rispetto di fronte alle stesse Regioni d’Europa e capace di affrontare le sfide della globalizzazione. La legge assume un carattere sperimentale e punta a offrire spazi nuovi per le politiche economiche, in quanto abbrevia la gestazione degli investimenti e introduce la complementarietà e contemporaneità degli interventi dei diversi soggetti in un tempo definito. In breve, siamo di fronte a strumenti innovativi di programmazione negoziata con i quali la Giunta regionale garantisce – con un atto amministrativo – la copertura finanziaria al progetto, avendo assolto nella concertazione la procedura amministrativa.

Si tratta di uno strumento di programmazione economica che si esplica attraverso un atto di natura contrattuale tra tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati.

I primi risultati della sperimentazione avviata nel settembre 1998 sono positivi, essendo state sottoscritte le intese, selezionati gli interventi e le modalità di realizzazione. La seconda fase di sperimentazione, che coincide con la fine della legislatura, dovrà portare alla firma conclusiva gli accordi di programma e all’erogazione dei primi fondi.

Nuovi scenari si aprono, a tutti sarà richiesto un ruolo attivo e innovativo: fra questi la Regione ha già iniziato e vuole fare la propria parte.