2. Libertà di impresa e libera circolazione
delle merci.
1. L'attività commerciale si fonda
sul principio della libertà di iniziativa economica privata ai sensi dell'articolo 41
della Costituzione ed è esercitata nel rispetto dei princìpi contenuti nella legge 10
ottobre 1990, n. 287 (3), recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
(3) Riportata alla voce Società
commerciali.
3. Obbligo di vendita.
1. In conformità a quanto
stabilito dall'articolo 1336 del codice civile, il titolare dell'attività commerciale al
dettaglio procede alla vendita nel rispetto dell'ordine temporale della richiesta.
4. Definizioni e ambito di
applicazione del decreto.
1. Ai fini del presente decreto si
intendono:
a) per commercio all'ingrosso,
l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto
proprio e le rivende ad altri commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori
professionali, o ad altri utilizzatori in grande. Tale attività può assumere la forma di
commercio interno, di importazione o di esportazione;
b) per commercio al dettaglio,
l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto
proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di
distribuzione, direttamente al consumatore finale;
c) per superficie di vendita di un
esercizio commerciale, l'area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi,
scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini,
depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi;
d) per esercizi di vicinato quelli
aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente
inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a
10.000 abitanti;
e) per medie strutture di vendita
gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq
nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni
con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;
f) per grandi strutture di vendita
gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto e);
g) per centro commerciale, una
media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono
inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni
e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di
vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici
di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti;
h) per forme speciali di vendita al
dettaglio:
1) la vendita a favore di
dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di soci di cooperative di
consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali e
nelle strutture militari esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;
2) la vendita per mezzo di
apparecchi automatici;
3) la vendita per corrispondenza o
tramite televisione o altri sistemi di comunicazione;
4) la vendita presso il domicilio
dei consumatori.
2. Il presente decreto non si
applica:
a) ai farmacisti e ai direttori di
farmacie delle quali i comuni assumono l'impianto e l'esercizio ai sensi della legge 2
aprile 1968, n. 475 (4), e successive modificazioni, e della legge 8 novembre 1991, n. 362
(4), e successive modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici,
specialità medicinali, dispositivi medici e presìdi medico-chirurgici;
b) ai titolari di rivendite di
generi di monopolio qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge
22 dicembre 1957, n. 1293 (5), e successive modificazioni, e al relativo regolamento di
esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074
(5/a), e successive modificazioni;
c) alle associazioni dei produttori
ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622 (6), e successive
modificazioni;
d) ai produttori agricoli, singoli
o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli nei limiti di
cui all'articolo 2135 del codice civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125 (7), e
successive modificazioni, e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59 (8), e successive
modificazioni;
e) alle vendite di carburanti
nonché degli oli minerali di cui all'articolo 1 del regolamento approvato con regio
decreto 20 luglio 1934, n. 1303 (9), e successive modificazioni. Per vendita di carburanti
si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti,
effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all'articolo 16 del
decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745 (10), convertito, con modificazioni, dalla legge 18
dicembre 1970, n. 1034, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 11 febbraio
1998, n. 32 (11);
f) agli artigiani iscritti
nell'albo di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (12), per
la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione
propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all'esecuzione delle
opere o alla prestazione del servizio;
g) ai pescatori e alle cooperative
di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al
dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio
della loro attività e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi
direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell'esercizio dei
diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari;
h) a chi venda o esponga per la
vendita le proprie opere d'arte, nonché quelle dell'ingegno a carattere creativo,
comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche
mediante supporto informatico;
i) alla vendita dei beni del
fallimento effettuata ai sensi dell'articolo 106 delle disposizioni approvate con regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267 (13), e successive modificazioni;
l) all'attività di vendita
effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di
prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle
manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;
m) agli enti pubblici ovvero alle
persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano
pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o
altrui elaborazione, concernenti l'oggetto della loro attività.
3. Resta fermo quanto previsto per
l'apertura delle sale cinematografiche dalla legge 4 novembre 1965, e successive
modificazioni, nonché dal decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3 (14).
(4) Riportata alla voce Farmacie e
farmacisti.
(5) Riportata alla voce Monopoli di
Stato.
(5/a) Riportato alla voce Monopoli
di Stato.
(6) Riportata alla voce Sviluppo
dell'agricoltura.
(7) Riportata alla voce Mercati
all'ingrosso.
(8) Riportata alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
(9) Riportato alla voce Energia
nucleare.
(10) Riportato alla voce Economia
nazionale (Sviluppo della).
(11) Riportato alla voce Oli
minerali e carburanti.
(12) Riportata alla voce
Artigianato, medie e piccole industrie.
(13) Riportato alla voce
Fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata e liquidazione coatta
amministrativa.
(14) Riportato alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
TITOLO
II
Requisiti per l'esercizio
dell'attività commerciale
5. Requisiti di accesso
all'attività.
1. Ai sensi del presente decreto
l'attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai seguenti settori
merceologici: alimentare e non alimentare.
2. Non possono esercitare
l'attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione:
a) coloro che sono stati dichiarati
falliti;
b) coloro che hanno riportato una
condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è
prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata
applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;
c) coloro che hanno riportato una
condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei
delitti di cui al titolo II e VIII del libro II del codice penale, ovvero di ricettazione,
riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta,
usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;
d) coloro che hanno riportato due o
più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all'inizio
dell'esercizio dell'attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei
delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale,
o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da
leggi speciali;
e) coloro che sono sottoposti ad
una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (15), o nei
cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n.
575 (15), ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per
tendenza.
3. L'accertamento delle condizioni
di cui al comma 2 è effettuato sulla base delle disposizioni previste dall'articolo 688
del codice di procedura penale, dall'articolo 10 della legge 4 gennaio 1968, n.15 (16),
dall'articolo 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575 (15), e dall'articolo 18 della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (17).
4. Il divieto di esercizio
dell'attività commerciale, ai sensi del comma 2 del presente articolo, permane per la
durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in
altro modo estinta, ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della
pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.
5. L'esercizio, in qualsiasi forma,
di un'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, anche se
effettuata nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentito a chi è in
possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato con esito
positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico
alimentare, istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e
di Bolzano;
b) avere esercitato in proprio, per
almeno due anni nell'ultimo quinquennio, l'attività di vendita all'ingrosso o al
dettaglio di prodotti alimentari; o avere prestato la propria opera, per almeno due anni
nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare, in
qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all'amministrazione o, se
trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in
qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'INPS;
c) essere stato iscritto
nell'ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno
1971, n. 426 (18), per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c)
dell'articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375 (19).
6. In caso di società il possesso
di uno dei requisiti di cui al comma 5 è richiesto con riferimento al legale
rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all'attività commerciale.
7. Le regioni stabiliscono le
modalità di organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al
comma 5, lettera a), garantendone l'effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con
soggetti idonei. A tale fine saranno considerate in via prioritaria le camere di
commercio, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative e gli enti
da queste costituiti.
8. Il corso professionale ha per
oggetto materie idonee a garantire l'apprendimento delle disposizioni relative alla
salute, alla sicurezza e all'informazione del consumatore. Prevede altresì materie che
hanno riguardo agli aspetti relativi alla conservazione, manipolazione e trasformazione
degli alimenti, sia freschi che conservati.
9. Le regioni stabiliscono le
modalità di organizzazione, la durata e le materie, con particolare riferimento alle
normative relative all'ambiente, alla sicurezza e alla tutela e informazione dei
consumatori, oggetto di corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello
professionale o riqualificare gli operatori in attività. Possono altresì prevedere forme
di incentivazione per la partecipazione ai corsi dei titolari delle piccole e medie
imprese del settore commerciale.
10. Le regioni garantiscono
l'inserimento delle azioni formative di cui ai commi 7 e 9 nell'ambito dei propri
programmi di formazione professionale.
11. L'esercizio dell'attività di
commercio all'ingrosso, ivi compreso quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed
ittici, è subordinato al possesso dei requisiti del presente articolo. L'albo istituito
dall'articolo 3 della legge 25 marzo 1959, n. 125 (20), è soppresso.
(15) Riportata alla voce Sicurezza
pubblica.
(15) Riportata alla voce Sicurezza
pubblica.
(16) Riportata alla voce
Documentazioni amministrative e legalizzazione di firme.
(15) Riportata alla voce Sicurezza
pubblica.
(17) Riportata alla voce Imposte e
tasse in genere.
(18) Riportata al n. XXIII.
(19) Riportato al n. LXXVIII.
(20) Riportata alla voce Mercati
all'ingrosso.
TITOLO
III
Esercizio dell'attività di vendita
al dettaglio sulle aree private in sede fissa6. Programmazione della rete distributiva.
1. Le regioni, entro un anno dalla
data di pubblicazione del presente decreto definiscono gli indirizzi generali per
l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi:
a) favorire la realizzazione di una
rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la
migliore produttività del sistema e la qualità dei servizi da rendere al consumatore;
b) assicurare, nell'indicare gli
obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, il rispetto del
principio della libera concorrenza, favorendo l'equilibrato sviluppo delle diverse
tipologie distributive;
c) rendere compatibile l'impatto
territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a
fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento e valorizzare la funzione
commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto
riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo
sviluppo del commercio;
d) salvaguardare e riqualificare i
centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli
insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed
ambientale;
e) salvaguardare e riqualificare la
rete distributiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari anche attraverso la creazione
di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la
ricostituzione del tessuto commerciale;
f) favorire gli insediamenti
commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul
territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con
facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione;
g) assicurare, avvalendosi dei
comuni e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema
coordinato di monitoraggio riferito all'entità e all'efficienza della rete distributiva,
attraverso la costituzione di appositi osservatori, ai quali partecipano anche i
rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del
commercio e dei lavoratori dipendenti coordinati da un Osservatorio nazionale costituito
presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
2. Le regioni, entro il termine di
cui al comma 1, fissano i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore
commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino:
a) le aree da destinare agli
insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli
insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;
b) i limiti ai quali sono
sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici,
culturali e ambientali, nonché dell'arredo urbano, ai quali sono sottoposte le imprese
commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e
naturale;
c) i vincoli di natura urbanistica
ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e
le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita;
d) la correlazione dei procedimenti
di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l'immobile o il complesso
di immobili e dell'autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita,
eventualmente prevedendone la contestualità.
3. Le regioni, nel definire gli
indirizzi generali di cui al comma 1, tengono conto principalmente delle caratteristiche
dei seguenti ambiti territoriali:
a) le aree metropolitane omogenee,
al fine di pervenire ad una programmazione integrata tra centro e realtà periferiche;
b) le aree sovracomunali
configurabili come un unico bacino di utenza, per le quali devono essere individuati
criteri di sviluppo omogenei;
c) i centri storici, al fine di
salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado
di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e
artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali;
d) i centri di minore consistenza
demografica al fine di svilupparne il tessuto economico-sociale anche attraverso il
miglioramento delle reti infrastrutturali ed in particolare dei collegamenti viari.
4. Per l'emanazione degli indirizzi
e dei criteri di cui al presente articolo, le regioni acquisiscono il parere obbligatorio
delle rappresentanze degli enti locali e procedono, altresì, alla consultazione delle
organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio.
5. Le regioni stabiliscono il
termine, non superiore a centottanta giorni, entro il quale i comuni sono tenuti ad
adeguare gli strumenti urbanistici generali e attuativi e i regolamenti di polizia locale
alle disposizioni di cui al presente articolo.
6. In caso di inerzia da parte del
comune, le regioni provvedono in via sostitutiva adottando le norme necessarie, che
restano in vigore fino alla emanazione delle norme comunali.
7. Esercizi di vicinato.
1. L'apertura, il trasferimento di
sede e l'ampliamento della superficie fino ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1,
lettera d), di un esercizio di vicinato sono soggetti a previa comunicazione al comune
competente per territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione.
2. Nella comunicazione di cui al
comma 1 il soggetto interessato dichiara:
a) di essere in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5;
b) di avere rispettato i
regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti
edilizi e le norme urbanistiche nonché quelle relative alle destinazioni d'uso;
c) il settore o i settori
merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita dell'esercizio;
d) l'esito della eventuale
valutazione in caso di applicazione della disposizione di cui all'articolo 10, comma 1,
lettera c).
3. Fermi restando i requisiti
igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato autorizzati alla vendita dei prodotti di cui
all'articolo 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77 (21), è consentito il consumo immediato
dei medesimi a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le
attrezzature ad esso direttamente finalizzati.
(21) Riportata al n. CI.
(giurisprudenza)
8. Medie strutture di vendita.
1. L'apertura, il trasferimento di
sede e l'ampliamento della superficie fino ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1,
lettera e), di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata
dal comune competente per territorio, anche in relazione agli obiettivi di cui
all'articolo 6, comma 1.
2. Nella domanda l'interessato
dichiara:
a) di essere in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori
merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita dell'esercizio;
c) le eventuali comunicazioni di
cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del presente decreto.
3. Il comune, sulla base delle
disposizioni regionali e degli obiettivi indicati all'articolo 6, sentite le
organizzazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del
commercio, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1.
4. Il comune adotta le norme sul
procedimento concernente le domande relative alle medie strutture di vendita; stabilisce
il termine, comunque non superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il
quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di
diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza
dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7
agosto 1990, n. 241 (22), e successive modifiche.
(22) Riportata alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
9. Grandi strutture di vendita.
1. L'apertura, il trasferimento di
sede e l'ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita, sono soggetti ad
autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.
2. Nella domanda l'interessato
dichiara:
a) di essere in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori
merceologici, l'ubicazione e la superficie di vendita dell'esercizio;
c) le eventuali comunicazioni di
cui all'articolo 10, commi 2 e 3, del presente decreto.
3. La domanda di rilascio
dell'autorizzazione è esaminata da una conferenza di servizi indetta dal comune, salvo
quanto diversamente stabilito nelle disposizioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni
dal ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la regione, la
provincia e il comune medesimo, che decide in base alla conformità dell'insediamento ai
criteri di programmazione di cui all'articolo 6. Le deliberazioni della conferenza sono
adottate a maggioranza dei componenti entro novanta giorni dalla convocazione; il rilascio
dell'autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione.
4. Alle riunioni della conferenza
di servizi, svolte in seduta pubblica, partecipano a titolo consultivo i rappresentanti
dei comuni contermini, delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio
più rappresentative in relazione al bacino d'utenza dell'insediamento interessato. Ove il
bacino d'utenza riguardi anche parte del territorio di altra regione confinante, la
conferenza dei servizi ne informa la medesima e ne richiede il parere non vincolante ai
fini del rilascio della autorizzazione.
5. La regione adotta le norme sul
procedimento concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita; stabilisce
il termine comunque non superiore a centoventi giorni dalla data di convocazione della
conferenza di servizi di cui al comma 3 entro il quale le domande devono ritenersi accolte
qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme
atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell'azione amministrativa e la partecipazione
al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (22), e successive modifiche.
(22) Riportata alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
10. Disposizioni particolari.
1. La regione prevede disposizioni
per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane, rurali e insulari, per
riqualificare la rete distributiva e rivitalizzare il tessuto economico sociale e
culturale nei centri storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione
delle imprese esistenti nelle aree urbane durante la fase di prima applicazione del nuovo
regime amministrativo. In particolare, prevede:
a) per i comuni, le frazioni e le
altre aree con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, nonché nelle zone montane e
insulari, la facoltà di svolgere congiuntamente in un solo esercizio, oltre all'attività
commerciale, altri servizi di particolare interesse per la collettività, eventualmente in
convenzione con soggetti pubblici o privati. Per queste aree le regioni possono prevedere
l'esenzione di tali attività da tributi regionali; per tali esercizi gli enti locali
possono stabilire particolari agevolazioni, fino alla esenzione, per i tributi di loro
competenza;
b) per centri storici, aree o
edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, l'attribuzione di
maggiori poteri ai comuni relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi
di vendita, in particolare al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le
funzioni territoriali in ordine alla viabilità, alla mobilità dei consumatori e
all'arredo urbano, utilizzando anche specifiche misure di agevolazione tributaria e di
sostegno finanziario;
c) per le aree di cui alle lettere
a), b) e c) dell'articolo 6, comma 3, l'indicazione dei criteri in base ai quali i comuni,
per un periodo non superiore a due anni, possono sospendere o inibire gli effetti della
comunicazione all'apertura degli esercizi di vicinato sulla base di specifica valutazione
circa l'impatto del nuovo esercizio sull'apparato distributivo e sul tessuto urbano ed in
relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale finalizzati alla
realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori (22/a).
2. La regione stabilisce criteri e
modalità ai fini del riconoscimento della priorità alle domande di rilascio di
autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita che prevedono la
concentrazione di preesistenti medie o grandi strutture e l'assunzione dell'impegno di
reimpiego del personale dipendente, ovvero, qualora trattasi di esercizi appartenenti al
settore non alimentare, alle domande di chi ha frequentato un corso di formazione
professionale per il commercio o risulta in possesso di adeguata qualificazione. Il
rilascio della nuova autorizzazione comporta la revoca di quelle relative alle strutture
preesistenti, prese in considerazione ai fini della predetta priorità.
3. La regione stabilisce altresì i
casi in cui l'autorizzazione all'apertura di una media struttura di vendita e
all'ampliamento della superficie di una media o di una grande struttura di vendita è
dovuta a seguito di concentrazione o accorpamento di esercizi autorizzati ai sensi
dell'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (23), per la vendita di generi di
largo e generale consumo. Il rilascio dell'autorizzazione comporta la revoca dei titoli
autorizzatori relativi ai preesistenti esercizi. Nell'applicazione della presente
disposizione la regione tiene conto anche della condizione relativa al reimpiego del
personale degli esercizi concentrati o accorpati.
4. La regione può individuare le
zone del proprio territorio alle quali applicare i limiti massimi di superficie di vendita
di cui all'articolo 4, lettere d) ed e), in base alle caratteristiche socio-economiche,
anche in deroga al criterio della consistenza demografica.
5. Ai fini della realizzazione del
sistema di monitoraggio previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera g), la conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (24), su
proposta del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, definisce i
contenuti di una modulistica univoca da utilizzare per le comunicazioni e le
autorizzazioni di cui al presente decreto. Per lo stesso scopo i dati relativi al settore
merceologico e alla superficie e all'ubicazione degli esercizi di vendita sono denunciati
all'ufficio del registro delle imprese, che li iscrive nel repertorio delle notizie
economiche e amministrative. Tali dati sono messi a disposizione degli osservatori
regionali e nazionale di cui al predetto articolo 6 (24/a).
(22/a) Per i limiti di
applicabilità delle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l'art. 5, L. 7
dicembre 1999, n. 472.
(23) Riportata al n. XXIII.
(24) Riportato alla voce Regioni.
(24/a) Con Del. Conferenza
unificata 13 aprile 1999 (Gazz. Uff. 23 aprile 1999, n. 94), sostituita dalla Del.
Conferenza unificata 12 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 18 dicembre 2000, n. 294, S.O.), sono
stati definiti i contenuti della modulistica univoca, come previsto dal presente comma.
TITOLO
IV
Orari di vendita
11. Orario di apertura e di
chiusura.
1. Gli orari di apertura e di
chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera
determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni del presente articolo e dei
criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle
imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, in esecuzione di quanto disposto
dall'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (25).
2. Fatto salvo quanto disposto al
comma 4, gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio possono restare aperti al
pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto
di tali limiti l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura
del proprio esercizio non superando comunque il limite delle tredici ore giornaliere.
3. L'esercente è tenuto a rendere
noto al pubblico l'orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante
cartelli o altri mezzi idonei di informazione.
4. Gli esercizi di vendita al
dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti
dai comuni, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, la mezza giornata di chiusura
infrasettimanale.
5. Il comune, sentite le
organizzazioni di cui al comma 1, individua i giorni e le zone del territorio nei quali
gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Detti giorni
comprendono comunque quelli del mese di dicembre, nonché ulteriori otto domeniche o
festività nel corso degli altri mesi dell'anno.
(25) Riportata alla voce Comuni e
province.
12. Comuni ad economia
prevalentemente turistica e città d'arte.
1. Nei comuni ad economia
prevalentemente turistica, nelle città d'arte o nelle zone del territorio dei medesimi,
gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono
derogare dall'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4.
2. Al fine di assicurare
all'utenza, soprattutto nei periodi di maggiore afflusso turistico, idonei livelli di
servizio e di informazione, le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del
commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, possono definire accordi da
sottoporre al sindaco per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 36, comma 3,
della legge 8 giugno 1990, n. 142 (26).
3. Entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, anche su proposta dei comuni interessati e
sentite le organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo e dei
lavoratori dipendenti, le regioni individuano i comuni ad economia prevalentemente
turistica, le città d'arte o le zone del territorio dei medesimi e i periodi di maggiore
afflusso turistico nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al comma
1.
(26) Riportata alla voce Comuni e
province.
13. Disposizioni speciali.
1. Le disposizioni del presente
titolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività: le rivendite di generi di
monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi
turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di
servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle
rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli
esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio,
mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte,
oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale,
nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal
presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche.
2. Gli esercizi del settore
alimentare devono garantire l'apertura al pubblico in caso di più di due festività
consecutive. Il sindaco definisce le modalità per adempiere all'obbligo di cui al
presente comma.
3. I comuni possono autorizzare, in
base alle esigenze dell'utenza e alle peculiari caratteristiche del territorio,
l'esercizio dell'attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato
numero di esercizi di vicinato.
TITOLO V
Offerta di vendita
14. Pubblicità dei prezzi.
1. I prodotti esposti per la
vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate
adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati,
debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico,
mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo.
2. Quando siano esposti insieme
prodotti identici dello stesso valore è sufficiente l'uso di un unico cartello. Negli
esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita
del libero servizio l'obbligo dell'indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni
caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico.
3. I prodotti sui quali il prezzo
di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben
leggibili, in modo che risulti facilmente visibile al pubblico, sono esclusi
dall'applicazione del comma 2.
4. Restano salve le disposizioni
vigenti circa l'obbligo dell'indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di
misura.
15. Vendite straordinarie.
1. Per vendite straordinarie si
intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite
promozionali nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed
effettive, di acquisto dei propri prodotti.
2. Le vendite di liquidazione sono
effettuate dall'esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie
merci, a seguito di: cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda,
trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono
essere effettuate in qualunque momento dell'anno, previa comunicazione al comune dei dati
e degli elementi comprovanti tali fatti.
3. Le vendite di fine stagione
riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole
deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo.
4. Le vendite promozionali sono
effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici e
per periodi di tempo limitato.
5. Nelle vendite disciplinate dal
presente articolo lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale
sul prezzo normale di vendita che deve essere comunque esposto.
6. Le regioni, sentite i
rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del
commercio, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una
corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione
e delle vendite di fine stagione.
7. Per vendita sottocosto si
intende la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a
quello risultante dalle fatture di acquisto maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e
di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli
eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.
8. Ai fini della disciplina delle
vendite sottocosto il Governo si avvale della facoltà prevista dall'articolo
20, comma 11, della legge 15 marzo
1997, n.59 (27). Per gli aspetti sanzionatori, fermo restando quanto disposto dalla legge
10 ottobre 1990, n. 287 (28), si applicano le disposizioni di cui all'articolo
22, commi 2 e 3.
9. Il Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato promuove la sottoscrizione di codici di autoregolamentazione
delle vendite di cui al comma 7 tra le organizzazioni rappresentative delle imprese
produttrici e distributive (28/a).
(27) Riportata alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
(28) Riportata alla voce Società
commerciale.
(28/a) Vedi, anche, l'art. 1, D.L.
5 aprile 2001, n. 99.
TITOLO
VI
Forme speciali di vendita al
dettaglio
16. Spacci interni.
1. La vendita di prodotti a favore
di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative
di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli
ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi è soggetta ad
apposita comunicazione al comune competente per territorio e deve essere effettuata in
locali non aperti al pubblico, che non abbiano accesso dalla pubblica via.
2. L'attività può essere iniziata
decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere
dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 5 della persona preposta alla
gestione dello spaccio, il rispetto delle norme in materia di idoneità dei locali, il
settore merceologico, l'ubicazione e la superficie di vendita.
17. Apparecchi automatici.
1. La vendita dei prodotti al
dettaglio per mezzo di apparecchi automatici è soggetta ad apposita comunicazione al
comune competente per territorio.
2. L'attività può essere iniziata
decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere
dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, il settore
merceologico e l'ubicazione, nonché, se l'apparecchio automatico viene installato sulle
aree pubbliche, l'osservanza delle norme sull'occupazione del suolo pubblico.
4. La vendita mediante apparecchi
automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo, è soggetta
alle medesime disposizioni concernenti l'apertura di un esercizio di vendita.
18. Vendita per corrispondenza,
televisione o altri sistemi di comunicazione.
1. La vendita al dettaglio per
corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta a previa
comunicazione al comune nel quale l'esercente ha la residenza, se persona fisica, o la
sede legale. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della
comunicazione.
2. È vietato inviare prodotti al
consumatore se non a seguito di specifica richiesta. È consentito l'invio di campioni di
prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore.
3. Nella comunicazione di cui al
comma 1 deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui
all'articolo 5 e il settore merceologico.
4. Nei casi in cui le operazioni di
vendita sono effettuate tramite televisione, l'emittente televisiva deve accertare, prima
di metterle in onda, che il titolare dell'attività è in possesso dei requisiti
prescritti dal presente decreto per l'esercizio della vendita al dettaglio. Durante la
trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la
sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese ed il numero della
partita IVA. Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al locale indicato
come sede del venditore.
5. Le operazioni di vendita
all'asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono
vietate.
6. Chi effettua le vendite tramite
televisione per conto terzi deve essere in possesso della licenza prevista dall'articolo
115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18
giugno 1931, n. 773 (29).
7. Alle vendite di cui al presente
articolo si applicano altresì le disposizioni di cui al decreto legislativo 15 gennaio
1992, n. 50 (30), in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
(29) Riportato alla voce Sicurezza
pubblica.
(30) Riportato al n. LXXXVII.
19. Vendite effettuate presso il
domicilio dei consumatori.
1. La vendita al dettaglio o la
raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori, è soggetta a
previa comunicazione al comune nel quale l'esercente ha la residenza, se persona fisica, o
la sede legale.
2. L'attività può essere iniziata
decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.
3. Nella comunicazione deve essere
dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 5 e il settore merceologico.
4. Il soggetto di cui al comma 1,
che intende avvalersi per l'esercizio dell'attività di incaricati, ne comunica l'elenco
all'autorità di pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e
risponde agli effetti civili dell'attività dei medesimi. Gli incaricati devono essere in
possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.
5. L'impresa di cui al comma 1
rilascia un tesserino di riconoscimento alle persone incaricate, che deve ritirare non
appena esse perdano i requisiti richiesti dall'articolo 5, comma 2.
6. Il tesserino di riconoscimento
di cui al comma 5 deve essere numerato e aggiornato annualmente, deve contenere le
generalità e la fotografia dell'incaricato, l'indicazione a stampa della sede e dei
prodotti oggetto dell'attività dell'impresa, nonché del nome del responsabile
dell'impresa stessa, e la firma di quest'ultimo e deve essere esposto in modo visibile
durante le operazioni di vendita.
7. Le disposizioni concernenti gli
incaricati si applicano anche nel caso di operazioni di vendita a domicilio del
consumatore effettuate dal commerciante sulle aree pubbliche in forma itinerante.
8. Il tesserino di riconoscimento
di cui ai commi 5 e 6 è obbligatorio anche per l'imprenditore che effettua personalmente
le operazioni disciplinate dal presente articolo.
9. Alle vendite di cui al presente
articolo si applica altresì la disposizione dell'articolo 18, comma 7.
20. Propaganda a fini commerciali.
1. L'esibizione o illustrazione di
cataloghi e l'effettuazione di qualsiasi altra forma di propaganda commerciale presso il
domicilio del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche
temporaneamente, per motivi di lavoro, studio, cura o svago, sono sottoposte alle
disposizioni sugli incaricati e sul tesserino di riconoscimento di cui all'articolo 19,
commi 4, 5, 6 e 8.
21. Commercio elettronico.
1. Il Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato promuove l'introduzione e l'uso del commercio elettronico con
azioni volte a:
a) sostenere una crescita
equilibrata del mercato elettronico;
b) tutelare gli interessi dei
consumatori;
c) promuovere lo sviluppo di
campagne di informazione ed apprendimento per operatori del settore
ed operatori del servizio;
d) predisporre azioni specifiche
finalizzate a migliorare la competitività globale delle imprese, con particolare
riferimento alle piccole e alle medie, attraverso l'utilizzo del commercio elettronico;
e) favorire l'uso di strumenti e
tecniche di gestione di qualità volte a garantire l'affidabilità degli operatori e ad
accrescere la fiducia del consumatore;
f) garantire la partecipazione
italiana al processo di cooperazione e negoziazione europea ed internazionale per lo
sviluppo del commercio elettronico.
2. Per le azioni di cui al comma 1
il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato può stipulare convenzioni e
accordi di programma con soggetti pubblici o privati interessati, nonché con associazioni
rappresentative delle imprese e dei consumatori.
TITOLO
VII
Sanzioni
22. Sanzioni e revoca.
1. Chiunque viola le disposizioni
di cui agli articoli 5, 7, 8, 9, 16, 17, 18 e 19 del presente decreto è punito con la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.
2. In caso di particolare gravità
o di recidiva il sindaco può inoltre disporre la sospensione della attività di vendita
per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata
commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al
pagamento della sanzione mediante oblazione.
3. Chiunque viola le disposizioni
di cui agli articoli 11, 14, 15 e 26, comma 5, del presente decreto è punito con la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000.
4. L'autorizzazione all'apertura è
revocata qualora il titolare:
a) non inizia l'attività di una
media struttura di vendita entro un anno dalla data del rilascio o entro due anni se
trattasi di una grande struttura di vendita, salvo proroga in caso di comprovata
necessità;
b) sospende l'attività per un
periodo superiore ad un anno;
c) non risulta più provvisto dei
requisiti di cui all'articolo 5, comma 2;
d) nel caso di ulteriore violazione
delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione
dell'attività disposta ai sensi del comma 2.
5. Il sindaco ordina la chiusura di
un esercizio di vicinato qualora il titolare:
a) sospende l'attività per un
periodo superiore ad un anno;
b) non risulta più provvisto dei
requisiti di cui all'articolo 5, comma 2;
c) nel caso di ulteriore violazione
delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione
dell'attività disposta ai sensi del comma 2.
6. In caso di svolgimento abusivo
dell'attività il sindaco ordina la chiusura immediata dell'esercizio di vendita.
7. Per le violazioni di cui al
presente articolo l'autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto
luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura
ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.
TITOLO
VIII
Organismi associativi
23. Centri di assistenza tecnica.
1. Al fine di sviluppare i processi
di ammodernamento della rete distributiva possono essere istituiti centri di assistenza
alle imprese costituiti, anche in forma consortile, dalle associazioni di categoria
maggiormente rappresentative del settore a livello provinciale e da altri soggetti
interessati. I centri sono autorizzati dalla regione all'esercizio delle attività
previste nello statuto con modalità da definirsi con apposito provvedimento e sono
finanziabili con il fondo di cui all'articolo 16, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n.
266 (31).
2. I centri svolgono, a favore
delle imprese, attività di assistenza tecnica e di formazione e aggiornamento in materia
di innovazione tecnologica e organizzativa, gestione economica e finanziaria di impresa,
accesso ai finanziamenti anche comunitari, sicurezza e tutela dei consumatori, tutela
dell'ambiente, igiene e sicurezza sul lavoro e altre materie eventualmente previste dallo
statuto di cui al comma 1, nonché attività finalizzate alla certificazione di qualità
degli esercizi commerciali.
3. Le amministrazioni pubbliche
possono avvalersi dei centri medesimi allo scopo di facilitare il rapporto tra
amministrazioni pubbliche e imprese utenti.
(31) Riportata alla voce Economia
nazionale (Sviluppo della).
24. Interventi per i consorzi e le
cooperative di garanzia collettiva fidi.
1. I consorzi e le cooperative di
garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 9, comma 9, del decreto-legge 1° ottobre
1982, n. 697 (32), convertito dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, e successive
modifiche, possono costituire società finanziarie aventi per finalità lo sviluppo delle
imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.
2. I requisiti delle società
finanziarie, richiesti per l'esercizio delle attività di cui al presente articolo, sono i
seguenti:
a) siano ispirate ai princìpi di
mutualità, richiamati espressamente e inderogabilmente nei rispettivi statuti;
b) siano costituite da almeno 30
consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi di cui al comma 1, distribuiti
sull'intero territorio nazionale;
c) siano iscritte all'apposito
elenco tenuto dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in
conformità al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (33).
3. Le organizzazioni nazionali di
rappresentanza del commercio, del turismo e dei servizi, per le finalità di cui al
presente articolo, possono promuovere società finanziarie che abbiano i requisiti nel
medesimo previsti.
4. Il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato può disporre il finanziamento delle società finanziarie per
le attività destinate:
a) all'incremento di fondi di
garanzia interconsortili gestiti dalle società finanziarie di cui al comma 1 e destinati
alla prestazione di controgaranzie a favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia
collettiva fidi partecipanti;
b) alla promozione di interventi
necessari al miglioramento dell'efficienza ed efficacia operativa dei soggetti
costituenti;
c) alla promozione di interventi
destinati a favorire le fusioni tra consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi;
c-bis) alla realizzazione di
servizi di progettazione e assistenza tecnica agli operatori del settore anche mediante la
costituzione di società partecipate dalle società finanziarie previste dal comma 1
(33/a).
5. Con decreto del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, da emanarsi entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore delle presenti disposizioni, sono fissati i criteri e le modalità
per gli interventi di cui al comma 4.
6. Gli interventi previsti dal
presente articolo, nel limite di 80 miliardi di lire per l'anno 1998, sono posti a carico
delle risorse disponibili, per gli interventi di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64
(34), nell'apposita sezione del Fondo di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8
febbraio 1995, n. 32 (35), convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato è autorizzato a trasferire la
somma suddetta ad apposita sezione del Fondo di cui all'articolo 14 della legge 17
febbraio 1982, n. 46 (35/a).
(32) Riportato alla voce Valore
aggiunto (Imposta sul).
(33) Riportato alla voce Istituti
di credito.
(33/a) Lettera aggiunta dall'art.
54, L. 23 dicembre 1998, n. 448, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e
contabilità generale dello Stato.
(34) Riportata alla voce Cassa per
il mezzogiorno.
(35) Riportato alla voce Cassa per
il mezzogiorno.
(35/a) Riportata alla voce Economia
nazionale (Sviluppo della).
TITOLO
IX
Disposizioni transitorie e finali
25. Disciplina transitoria.
1. I soggetti titolari di
autorizzazione per l'esercizio dell'attività di vendita dei prodotti appartenenti alle
tabelle merceologiche di cui all'allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375
(36), e all'articolo 2 del decreto ministeriale 17 settembre 1996, n. 561, hanno titolo a
porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico corrispondente, fatto
salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, e ad ottenere che l'autorizzazione sia
modificata d'ufficio con l'indicazione del settore medesimo a partire dalla data di
pubblicazione del presente decreto, ad eccezione dei soggetti in possesso delle tabelle
speciali riservate ai titolari di farmacie di cui all'allegato 9 del decreto ministeriale
4 agosto 1988, n. 375 (36), nonché quella riservata ai soggetti titolari di rivendite di
generi di monopolio di cui all'articolo 1 del D.M. 17 settembre 1996, n. 561 del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato (36/a).
2. A partire dalla data di
pubblicazione del presente decreto sono soggette a previa comunicazione al comune
competente per territorio il trasferimento della proprietà o della gestione
dell'attività, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie degli esercizi
di vendita entro i limiti di superficie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d). Resta
fermo l'obbligo per il subentrante del possesso dell'iscrizione al registro degli
esercenti il commercio secondo quanto previsto dall'articolo 49 del decreto ministeriale 4
agosto 1988, n. 375 (36).
3. Fino al termine di cui
all'articolo 26, comma 1, non può essere negata l'autorizzazione all'apertura di un
esercizio avente una superficie di vendita non superiore a 1.500 mq in caso di
concentrazione di esercizi di vendita di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), operanti
nello stesso comune e autorizzati ai sensi dell'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n.
426 (37), alla data di pubblicazione del presente decreto, per la vendita di generi di
largo e generale consumo. La superficie di vendita del nuovo esercizio deve essere pari
alla somma dei limiti massimi indicati alla predetta lettera d), tenuto conto del numero
degli esercizi concentrati. Il rilascio dell'autorizzazione comporta la revoca dei titoli
autorizzatori preesistenti.
4. Le domande di rilascio
dell'autorizzazione all'apertura di un nuovo esercizio prevista dall'articolo 24 della
legge 11 giugno 1971, n. 426 (37), in corso di istruttoria alla data di pubblicazione del
presente decreto, sono esaminate ai sensi della predetta legge n. 426 del 1971 (37) e
decise con provvedimento espresso entro e non oltre 90 giorni dalla suddetta data. Dalla
data di pubblicazione del presente decreto e fino al termine del periodo di cui
all'articolo 26, comma 1, è sospesa la presentazione delle domande, tranne nel caso di
cui al comma 3.
5. Le domande di rilascio delle
autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (38),
già trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio
1998 e corredate a norma secondo attestazione del responsabile del procedimento, sono
esaminate e decise con provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta
data.
6. Fino alla emanazione delle
disposizioni di cui all'articolo 6, fatto comunque salvo quanto previsto dal successivo
articolo 31, alle domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27
della legge 11 giugno 1971, n. 426 (38), non trasmesse alla giunta regionale per il
prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998, nonché alle domande per il rilascio
delle medesime autorizzazioni presentate successivamente e fino alla data di pubblicazione
del presente decreto, non è dato seguito. Dalla data di pubblicazione del presente
decreto e fino all'emanazione delle disposizioni di cui all'articolo 6 è sospesa la
presentazione delle domande.
7. I soggetti titolari di esercizi
di vicinato, autorizzati ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426 (38), ed iscritti da
almeno cinque anni alla gestione pensionistica presso l'INPS, che cessano l'attività e
restituiscono il titolo autorizzatorio nei ventiquattro mesi successivi alla data di
entrata in vigore del presente decreto, possono usufruire di un indennizzo teso a favorire
la loro ricollocazione professionale.
8. Il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio regolamento definisce criteri e modalità per l'erogazione
dell'indennizzo di cui al comma 7, l'entità dello stesso e la relativa modulazione tenuto
conto dell'anzianità di esercizio dei titolari, della eventuale esclusività
dell'attività commerciale esercitata quale fonte di reddito, della situazione
patrimoniale e della tipologia dell'attività svolta (38/a).
9. La concessione dell'indennizzo
di cui al comma 7 è stabilita nel limite di 20 miliardi di lire per l'anno 1998 e di lire
40 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000 a carico delle risorse disponibili, per
gli interventi di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64 (39), nell'apposita sezione del
Fondo di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32 (40),
convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato è autorizzato a trasferire le somme suddette ad apposita
sezione del Fondo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n 46 (41).
(36) Riportato al n. LXXVIII.
(36) Riportato al n. LXXVIII.
(36/a) Comma così modificato
dall'art. 2-bis, D.L. 29 ottobre 1999, n. 383, nel testo integrato dalla relativa legge di
conversione.
(36) Riportato al n. LXXVIII.
(37) Riportata al n. XXIII.
(37) Riportata al n. XXIII.
(37) Riportata al n. XXIII.
(38) Riportata al n. XXIII.
(38) Riportata al n. XXIII.
(38) Riportata al n. XXIII.
(38/a) Il regolamento di cui al
presente comma è stato approvato con D.M. 23 giugno 1999, n. 252.(39) Riportata alla voce
Cassa per il mezzogiorno.
(40) Riportato alla voce Cassa per
il mezzogiorno.
(41) Riportata alla voce Economia
nazionale (Sviluppo della).
26. Disposizioni finali.
1. Ad eccezione dell'articolo 6,
dell'articolo 10, dell'articolo 15, commi 7, 8 e 9, dell'articolo 21, dell'articolo 25,
commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, e del comma 3 del presente articolo, le norme contenute nel
presente decreto hanno efficacia a decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno dalla
sua pubblicazione.
2. È vietato l'esercizio congiunto
nello stesso locale dell'attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio salvo deroghe
stabilite dalle regioni. Resta salvo il diritto acquisito dagli esercenti in attività
alla data di cui al comma 1.
3. Ai fini della
commercializzazione restano salve le disposizioni concernenti la vendita di determinati
prodotti previste da leggi speciali.
4. [Fino al termine di cui al comma
1 resta salvo quanto previsto in materia di esercizio dell'attività di vendita di
giornali, quotidiani e periodici dalla legge 5 agosto 1981, n. 416 (42), e successive
modifiche, e ai soggetti titolari di dette attività non si applicano le disposizioni di
cui all'articolo 25, comma 1. Decorso tale termine all'attività di vendita di giornali,
quotidiani e periodici si applica la disciplina generale prevista dal presente decreto,
fatta salva la parità di trattamento nelle condizioni di vendita e di distribuzione delle
testate.] (42/a).
5. È soggetto alla sola
comunicazione al comune competente per territorio il trasferimento della gestione o della
proprietà per atto tra vivi o per causa di morte, nonché la cessazione dell'attività
relativa agli esercizi di cui agli articoli 7, 8 e 9. Nel caso di cui al presente comma si
applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 7.
6. Sono abrogate: la legge 11
giugno 1971, n. 426 (38), e successive modificazioni, ed il decreto ministeriale 4 agosto
1988, n. 375 (43), a esclusione del comma 9 dell'articolo 56 e dell'allegato 9 e delle
disposizioni concernenti il registro esercenti il commercio relativamente alla attività
di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287 (44), e
alla attività ricettiva di cui alla legge 17 maggio 1983, n. 217 (45); la legge 28 luglio
1971, n. 558 (46); la legge 19 marzo 1980, n. 80 (47), come modificata dalla legge 12
aprile 1991, n. 130; l'articolo 8 del decreto-legge 1° ottobre 1982, n. 697 (48),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, come riformulato
dall'articolo 1 del decreto-legge 26 gennaio 1987, n. 9 convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 gennaio 1987, n. 121; l'articolo 4 della legge 6 febbraio 1987, n. 15; il
decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 384 (49); l'articolo 2 del
decreto ministeriale 16 settembre 1996, n. 561; l'articolo 2, commi 89 e 90 della legge 23
dicembre 1996, n. 662 (50), nonché ogni altra norma contraria al presente decreto o con
esso incompatibile. Sono soppresse le voci numeri 50, 55 e 56 della tabella c) allegata al
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300 (51), come modificata ed
integrata dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 (52).
(42) Riportata alla voce Ente
nazionale per la cellulosa e per la carta.
(42/a) Comma abrogato dall'art. 4,
L. 13 aprile 1999, n. 108, riportata al n. CV.
(38) Riportata al n. XXIII.
(43) Riportato al n. LXXVIII.
(44) Riportata al n. LXXXV.
(45) Riportata alla voce Turismo.
(46) Riportata al n. XXIV.
(47) Riportata al n. LX.
(48) Riportato alla voce Valore
aggiunto (Imposta sul).
(49) Riportato al n. XCV.
(50) Riportata alla voce
Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
(51) Riportato alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
(52) Riportato alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
TITOLO XCommercio al dettaglio su aree pubbliche
27. Definizioni.
1. Ai fini del presente titolo si
intendono:
a) per commercio sulle aree
pubbliche, l'attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti
e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle
aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o
scoperte;
b) per aree pubbliche, le strade, i
canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico
passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico;
c) per posteggio, la parte di area
pubblica o di area privata della quale il comune abbia la disponibilità che viene data in
concessione all'operatore autorizzato all'esercizio dell'attività commerciale;
d) per mercato, l'area pubblica o
privata della quale il comune abbia la disponibilità, composta da più posteggi,
attrezzata o meno e destinata all'esercizio dell'attività per uno o più o tutti i giorni
della settimana o del mese per l'offerta integrata di merci al dettaglio, la
somministrazione di alimenti e bevande, l'erogazione di pubblici servizi;
e) per fiera, la manifestazione
caratterizzata dall'afflusso, nei giorni stabiliti sulle aree pubbliche o private delle
quali il comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il
commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;
f) per presenze in un mercato, il
numero delle volte che l'operatore si è presentato in tale mercato prescindendo dal fatto
che vi abbia potuto o meno svolgere l'attività;
g) per presenze effettive in una
fiera, il numero delle volte che l'operatore ha effettivamente esercitato l'attività in
tale fiera.
28. Esercizio dell'attività.
1. Il commercio sulle aree
pubbliche può essere svolto:
a) su posteggi dati in concessione
per dieci anni;
b) su qualsiasi area purché in
forma itinerante.
2. L'esercizio dell'attività di
cui al comma 1 è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche o a
società di persone regolarmente costituite secondo le norme vigenti.
3. L'autorizzazione all'esercizio
dell'attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è
rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del
posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio
regionale.
4. L'autorizzazione all'esercizio
dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è
rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il
richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L'autorizzazione di cui
al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei
locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o
svago.
5. Nella domanda l'interessato
dichiara:
a) di essere in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 5;
b) il settore o i settori
merceologici e, qualora non intenda esercitare in forma itinerante esclusiva, il posteggio
del quale chiede la concessione.
6. L'autorizzazione all'esercizio
dell'attività sulle aree pubbliche abilita alla partecipazione alle fiere che si svolgono
sia nell'ambito della regione cui appartiene il comune che l'ha rilasciata, sia
nell'ambito delle altre regioni del territorio nazionale.
7. L'autorizzazione all'esercizio
dell'attività di vendita sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari abilita anche alla
somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti prescritti
per l'una e l'altra attività. L'abilitazione alla somministrazione deve risultare da
apposita annotazione sul titolo autorizzatorio.
8. L'esercizio del commercio sulle
aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme comunitarie e nazionali che
tutelano le esigenze igienico sanitarie. Le modalità di vendita e i requisiti delle
attrezzature sono stabiliti dal Ministero della sanità con apposita ordinanza (53).
9. L'esercizio del commercio
disciplinato dal presente articolo nelle aree demaniali marittime è soggetto al nulla
osta da parte delle competenti autorità marittime che stabiliscono modalità e condizioni
per l'accesso alle aree predette.
10. Senza permesso del soggetto
proprietario o gestore è vietato il commercio sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle
stazioni e nelle autostrade.
11. I posteggi, temporaneamente non
occupati dai titolari della relativa concessione in un mercato, sono assegnati
giornalmente, durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti
legittimati ad esercitare il commercio sulle aree pubbliche, che vantino il più alto
numero di presenze nel mercato di cui trattasi.
12. Le regioni, entro un anno dalla
data di pubblicazione del presente decreto, emanano le norme relative alle modalità di
esercizio del commercio di cui al presente articolo, i criteri e le procedure per il
rilascio, la revoca e la sospensione nei casi di cui all'articolo 29, nonché la
reintestazione dell'autorizzazione in caso di cessione dell'attività per atto tra vivi o
in caso di morte e i criteri per l'assegnazione dei posteggi. Le regioni determinano
altresì gli indirizzi in materia di orari ferma restando la competenza in capo al sindaco
a fissare i medesimi.
13. Le regioni, al fine di
assicurare il servizio più idoneo a soddisfare gli interessi dei consumatori ed un
adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, stabiliscono, altresì, sulla
base delle caratteristiche economiche del territorio secondo quanto previsto dall'articolo
6, comma 3, del presente decreto, della densità della rete distributiva e della
popolazione residente e fluttuante, i criteri generali ai quali i comuni si devono
attenere per la determinazione delle aree e del numero dei posteggi da destinare allo
svolgimento dell'attività, per l'istituzione, la soppressione o lo spostamento dei
mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, nonché per l'istituzione di
mercati destinati a merceologie esclusive. Stabiliscono, altresì, le caratteristiche
tipologiche delle fiere, nonché le modalità di partecipazione alle medesime prevedendo
in ogni caso il criterio della priorità nell'assegnazione dei posteggi fondato sul più
alto numero di presenze effettive.
14. Le regioni, nell'ambito del
loro ordinamento, provvedono all'emanazione delle disposizioni previste dal presente
articolo acquisendo il parere obbligatorio dei rappresentanti degli enti locali e
prevedendo forme di consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del
commercio.
15. Il comune, sulla base delle
disposizioni emanate dalla regione stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da
destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi,
la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che
esercitano la vendita dei loro prodotti. Al fine di garantire il miglior servizio da
rendere ai consumatori i comuni possono determinare le tipologie merceologiche dei
posteggi nei mercati e nelle fiere.
16. Nella deliberazione di cui al
comma 15 vengono individuate altresì le aree aventi valore archeologico, storico,
artistico e ambientale nelle quali l'esercizio del commercio di cui al presente articolo
è vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle aree
predette. Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all'esercizio anche per motivi di
viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse.
Vengono altresì deliberate le norme procedurali per la presentazione e l'istruttoria
delle domande di rilascio, il termine, comunque non superiore a novanta giorni dalla data
di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga
comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare
trasparenza e snellezza dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento, ai
sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche.
17. Al fine di valorizzare e
salvaguardare il servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane ed insulari, le
regioni e i comuni possono stabilire particolari agevolazioni, fino all'esenzione, per i
tributi e le altre entrate di rispettiva competenza per le attività effettuate su
posteggi posti in comuni e frazioni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e nelle
zone periferiche delle aree metropolitane e degli altri centri di minori dimensioni.
18. In caso di inerzia da parte del
comune, le regioni provvedono in via sostitutiva, adottando le norme necessarie, che
restano in vigore fino all'emanazione delle norme comunali.
(53) In attuazione di quanto
disposto dal presente comma, vedi l'O.M. 2 marzo 2000.
29. Sanzioni.
1. Chiunque eserciti il commercio
sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto
dalla autorizzazione stessa, nonché senza l'autorizzazione o il permesso di cui
all'articolo 28, commi 9 e 10, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000 e con la confisca delle attrezzature e della
merce.
2. Chiunque violi le limitazioni e
i divieti stabiliti per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche dalla deliberazione
del comune di cui all'articolo 28 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000.
3. In caso di particolare gravità
o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell'attività di vendita per un
periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa
la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della
sanzione mediante oblazione.
4. L'autorizzazione è revocata:
a) nel caso in cui il titolare non
inizia l'attività entro sei mesi dalla data dell'avvenuto rilascio, salvo proroga in caso
di comprovata necessità;
b) nel caso di decadenza dalla
concessione del posteggio per mancato utilizzo del medesimo in ciascun anno solare per
periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per
malattia, gravidanza o servizio militare;
c) nel caso in cui il titolare non
risulti più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.
5. Per le violazioni di cui al
presente articolo l'autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto
luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura
ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.
30. Disposizioni transitorie e
finali.
1. I soggetti che esercitano il
commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano
gli altri commercianti al dettaglio di cui al presente decreto purché esse non
contrastino con specifiche disposizioni del presente titolo.
2. Fino all'emanazione delle
disposizioni attuative di cui all'articolo 28 continuano ad applicarsi le norme
previgenti.
3. Sono fatti salvi i diritti
acquisiti dagli operatori prima dell'entrata in vigore del presente decreto e delle
disposizioni attuative di cui all'articolo 28.
4. La disciplina di cui al presente
titolo non si applica ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni i quali esercitino
sulle aree pubbliche la vendita dei propri prodotti ai sensi della legge 9 febbraio 1963,
n. 59
(54), e successive modificazioni,
salvo che per le disposizioni relative alla concessione dei posteggi e alle soste per
l'esercizio dell'attività in forma itinerante.
5. Resta salvo il divieto di
vendere sulle aree pubbliche bevande alcoliche di qualsiasi gradazione diverse da quelle
poste in vendita in recipienti chiusi nei limiti e con le modalità di cui all'articolo
176, comma 1, del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (55), e successive modifiche,
nonché il divieto di vendere o esporre armi, esplosivi od oggetti preziosi. È abolito
ogni precedente divieto di vendita di merci ivi incluso quello della vendita del pane nei
mercati scoperti, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari.
6. Sono abrogate: la legge 28 marzo
1991, n. 112 (56), come modificata dalla legge 15 novembre 1995, n. 480, e dalla legge 25
marzo 1997, n. 77 (57); l'articolo 3 della legge 5 gennaio 1996, n. 25 (58); il decreto
ministeriale 4 giugno 1993, n. 248 (59), come modificato dal decreto ministeriale 15
maggio 1996, n. 350. È soppressa la voce n. 62 della tabella c) allegata al decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300 (60), come modificata ed integrata dal
decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407 (60).
(54) Riportata al n. XIV.
(55) Riportato alla voce Sicurezza
pubblica.
(56) Riportata al n. LXXXIII.
(57) Riportata al n. CI.
(58) Riportata alla voce Termini di
prescrizione e decadenza (Sospensione di).
(59) Riportato al n. XCIII.
(60) Riportato alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
(60) Riportato alla voce Ministeri:
provvedimenti generali.
TITOLO
XI
Inadempienza delle regioni
31. Intervento sostitutivo.
1. Ai sensi dell'articolo 3, comma
1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, qualora le regioni non esercitino le
funzioni amministrative ad esse conferite dal presente decreto nei tempi dal medesimo
previsti, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato richiede
l'adempimento ponendo un termine non inferiore a sessanta giorni. Qualora la regione
inadempiente non provveda nel termine assegnato, provvede il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la regione inadempiente previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (61).
(61) L'intervento sostitutivo di
cui al presente articolo è stato disposto, per la regione Sardegna con D.P.C.M. 6 ottobre
2000.